lunedì 15 ottobre 2018

Mi faccio i ca** miei!

Impazza un simpatico meme su facebook che, a parte essere di estrema finezza e goliardìa, si caratterizza di una serie di proposte degne di nota. Analizziamolo sino infondo.
"Volete evitare gli aborti?": a parte qualche operatore sanitario piuttosto sadico che milita nei Radicali e magari qualche politico con idee confuse, poche persone riconoscerebbero che l'aborto lo si augura a tutte le donne come un'esperienza arricchente e positiva. Le stesse donne che si riconoscono nel movimento "Non una di meno" affermano che l'aborto è una situazione che lascia la donna nel dolore, come si evince dal post che pubblicano per denunciare ciò che gli Universitari per la Vita avevano organizzato il giorno precedente:
Mai pensavo di potermi trovare d'accordo con queste parole che ho sottolineato. L'aborto è un evento che poterbbe essere doloroso da ricordare. Nulla di più lapalissiano di così: in effetti il vedere il minuscolo modellino di gomma che ritrae un feto alla 12a settimana, distribuito dagl UpV, avrebbe potuto risvegliare un brutto ricordo.
Allora la questione è questa: l'aborto è un evento traumatico o no? Perché se non è un evento traumatico, la visione di un feto di gomma alla 12esima settimana non sarebbe dolorosa. Se io, per esempio, vedo una Citroen 2cv, la memoria mi va al 15 agosto 1985 quando io e i miei genitori fummo coinvolti in un poderoso incidente stradale dalla quale mia madre uscì trasportata in autoambulanza e io piansi per 24 ore credendola morta. Il mio è un trauma. Vedere un feto di gomma, lo è?
Se l'aborto volontario è un diritto inalienabile e la difesa della legge 194/78 scatena la guerra degli slogan settantottini (quello sugli aborti illegali che sarebbero dovuti essere quasi zero grazie all'applicazione della medesima, e invece nel 2005 una stima degli aborti clandestini delle sole donne italiane sta sui 15.000 casi ne è un esempio), allora vorrei capire perchè l'attuazione corretta e più attenta della Legge, dovrebbe sconvolgere:
1) Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità (questo significa, ad esempio, che la donna che mette al mondo bambini sta compiendo un gesto che ha un valore sociale e che è importante per la collettività) e tutela la vita umana dal suo inizio (questo significa, invece, che il presupposto della legge è che la vita vada tutelata sin dall'inizio, che in termini scientifici si chiama CONCEPIMENTO). L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite (ciò vuol dire che non si può, per Legge, considerare l'aborto come un anticoncezionale e che anche la pillola del giorno dopo potrebbe provocare l'aborto). Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite (l'aborto deve essere evitato il più possibile da tutti gli enti che si occupano di salute). Per fare questo, i consultori (che in Italia funzionano a macchia di leopardo ed a volte riuniscono sanitari ideologizzati e con pregiudizi piuttosto granitici nei confronti della fisiologia: dalla regolazione delle nascite - i metodi naturali non funzionano-; della gravidanza - controllata molto spesso solo dal ginecologo -; del puerperio - pediatri e ostetriche che conoscono l'allattamento materno sono ancora scarsi-) dovrebbero contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza. Come sanno bene moltissimi operatori dei vari Centri di Aiuto alla Vita, invece, basta recarsi a qualsiasi consultorio per ricevere solo il foglio di richiesta di aborto, mentre il superamento delle cause che possono portare all'interruzione di gravidanza, sembra che sia l'ultima delle preoccupazioni degli operatori consultoriali. Anzi, ce ne sono alcuni che pare proprio che apprezzino con voluttà il fatto di aiutare la donna ad abortire. Spesso sono operatrici sanitarie che fanno parte di gruppi come Non Una di Meno che però, comunque e a piacimento, lo affermano chiaramente: la visione di un feto di gomma potrebbe fare del male alle donne che hanno abortito. E se un oggetto da disturbo, significa che il trauma non è stato superato. Ergo significa che l'aborto non è stata una scelta consapevole o comunque non è stato un gesto che uno compie con leggerezza. Ergo l'aborto è innaturale perchè la vita è già presente dall'inizio. Ergo l'aborto non è una cosetta da nulla. Ergo l'aborto è un extrema ratio.

Quindi sì, a tutti interessa il fatto che le donne non abortiscano.

Proseguiamo con la lettura del meme:
"Regalate la pillola, facilitate le adozioni, migliorate le condizioni economiche, assicurate alle donne un lavoro che retribuisca la maternità".
Facilitare le adozioni: ottimissimo proponimento. Evviva! Mai nessuno più d'accordo di me. 
Migliorare le condizioni economiche: suggerimento complesso espresso in modo semplicistico. Sono molti gli aborti che vengono evitati grazie ai C.A.V. che supportano la donna economicamente senza chiedere nulla allo Stato. Quindi chiunque affermi che le donne abortiscono per cause economiche dovrebbe inviare al C.A.V. il proprio 5x1000, sostenerlo con il volontariato, pubblicizzarlo a "perdifiato". Ma il C.A.V. non viene pubblicizzato perché promuove la vita, quindi il fatto che la donna eviti di abortire. Quindi, ricapitolando: il meme ultracondiviso inneggia a un legittimo aiuto economico alle donne per evitare che abortiscano, ma chi lo fa quotidianamente dal 1975 non è sostenuto perché a favore della vita. E chi lo fa viene condannato, come sa bene la povera consigliera del PD che ha votato a favore delle mozioni (signora Carla Padovani, esposta alla gogna delle pacate colleghe) per convogliare alcuni fondi comunali a favore di progetti che evitino alle donne di abortire (come il progetto Gemma) per esempio aiutandole economicamente. Quindi il simpatico autore del meme dovrebbe sostenere i C.A.V. con molta forza.
Assicurare alle donne un lavoro che retribuisca la maternità: il tasto lavorativo è dolente, in Italia. Le donne hanno poco tempo per la gravidanza e poco tempo per stare col proprio bimbo. A parte qualche azienda virtuosa che non fa retrocedere le mamme che tornano dalla maternità, la soluzione non è l'aumento di asili nido ma il fatto che il bisogno del bambino di stare con mamma (più allattamento materno, meno soldi in alimentazione artificiale; più il bambino sta con la mamma, meno la mamma è stressata) sia ascoltato: la soluzione è in un reddito per le mamme che possono stare coi bambini, ad esempio. Quindi anche qui il nostro simpatico pubblicatore, ha ragione.
Regalate la pillola: qui casca l'asino. "la politica contraccettiva è fallimentare contro gli aborti. Non serve. Anzi, ci sono studi che hanno messo in luce come un maggior accesso alla contraccezione, anche se nell’immediato può arginare i tassi di gravidanza e conseguentemente gli aborti, nel lungo periodo, a causa della mentalità sessualmente disinvolta che indirettamente incoraggia, finisce col favorire un aumento delle gravidanze. Un dato suffragato dal fatto che oltre la metà delle donne intenzionate ad abortire – secondo quanto emerso in alcune ricerche – in precedenza faceva regolare ricorso alla contraccezione" (si leggano tutti gli articoli).

Quindi no, regalare le pillole non serve a nulla, ma stanziare fondi di aiuto o mettere mano alle leggi sulla maternità, aiuta eccome. La scienza docet.

L'autore prosegue: "fatto questo, fatelo di nuovo e meglio" e noi seguiremo i suoi consigli volentieri. Pillola a parte, ovviamente.

La conclusione è chiara: "E se una donna volesse abortire ancora, fatevi i cazzi vostri". 
A parte l'uso del lussuoso termine che, purtroppo, rovina l'armonia parziale di tutto il meme, la situazione è la seguente. "L’interruzione di gravidanza condiziona il benessere sia fisico che psichico della donna, sia a breve che a lungo termine (molte donne conservano la ferita aperta dell’aborto per molti anni e soffrono intensamente anche dopo decenni) e come tutti i lutti richiede una notevole capacità di adattamento a di adeguamento alla nuova realtà; le conseguenze dell’aborto sul piano psicologico e sulla successiva qualità della vita non sono mai trascurabili. Il lutto accade nonostante l’aborto sia un evento “scelto”, programmato, non accidentale (Bagarozzi 1994; Salvesen et al. 1997).
Il dilemma intrinseco all’aborto, scegliere tra la vita o la morte, lo rende un evento luttuoso particolarmente grave sia da condividere che da gestire ed elaborare; nelle donne e nelle coppie che compiono questa scelta resta spesso un doppio lutto, di perdita e di scelta di perdita, intimamente vissuto e solo raramente condiviso e condivisibile (Stotland, 1998; Reisser, 1999; Kero & Lalos 2000). Si tende a pensare che chi sceglie di abortire abbia una consapevolezza tale da non provare sentimenti luttuosi e si fatica a comprendere che questa scelta, pur essendo “razionalmente” volontaria, è comunque emotivamente sofferta e può essere vissuta come scelta “indesiderabile” (Congleton & Calhoun 1993). Le donne sperimentano per molto tempo un intenso vissuto di colpa, che le accompagna per anni; dopo l’aborto la psiche femminile è maggiormente vulnerabile allo stress psicofisico ed è stata descritta una vera e propria sintomatologia da lutto complicato, in cui ai sintomi tipici del lutto si affiancano segni e sintomi di patologie psichiatriche strutturate (Kersting et al. 2004; Kersting et al. 2005). I sintomi più frequenti di questa sindrome sono aspetti depressivi, sintomi tipici del panico, disturbi del comportamento alimentare o disturbi da uso di sostanze (Bradshaw & Slade 2003; Brockington 2000)." (si legga tutto l'articolo della dottoressa Claudia Ravaldi, quello della dottoressa Enza Sansone e quello del professor Tonino Cantelmi)
Detto questo non farmi i ca** miei diviene imperativo: farlo significa che alla sofferenza delle donne io giro gli occhi dall'altra parte, conficco la testa nella proverbiale sabbia e continuo a pensare che fare l'ostetrica sia fare quello che le donne credono sia il loro bene in quel momento, magari colorando tutto di rosa pastello e perorando la causa dell'allattamento o della riabilitazione del perineo (entrambi argomenti che vanno per la maggiore). 
Fare l'ostetrica significa anche prevenire la sofferenza della donna e non c'è nulla di più duraturo, nella vita della donna, che la perdita di un figlio a causa propria. Fare l'ostetrica significa aiutare le donne a non abortire. Farlo significa rifiutarmi di pensare al fatto che delle donne che vedono un feto di gomma rimangano traumatizzate per ciò che è successo loro e per tutte le bugie che hanno letto e verso le quali sono state indotte anche da ostetriche come me. Farlo significa dire a queste donne "costrette" ad abortire dalle loro "sorelle" che non sono sole, che ostetriche come Flora Gualdani sono con loro, che associazioni come il CAV sono da tutte le parti e che il numero verde attivo 24 ore su 24 è l'800 969 878.
Ecco: in questo modo mi sono fatta i ca** miei a modo mio.

Per ulteriori riflessioni:
Blog del movimento La vigna di Rachele
Blog Post-aborto 
Sito U.C.C.R.





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