Quando
è nata la mia prima figlia, avevo 21 anni. Nelle foto con lei neonata,
vedo una giovanissima donna innamorata di una bambina che, né più, né
meno, le ha salvato la vita. Mi fossi fatta convincere ad abortire
("Sicura che vuoi tenerlo? Sei giovane: devi realizzarti e divertirti"),
mi sarei laureata in Scienze dell'Educazione -Pedagogia- e avrei
cominciato coi concorsi; forse avrei fatto un figlio solo, perché il mio
primo parto è stato un taglio cesareo d'emergenza durante il quale il
chirurgo ha iniziato a tagliare prima dell'arrivo dell'anestesista (a
volte non é la violenza ostetrica subìta che blocca la donna a fare
altri figli dopo il primo, è il timore che viene quando uno è "maturo");
probabilmente avrei mollato mio marito perché siamo una coppia
assortita malissimo che si ama profondamente in quanto siamo, insieme,
due ottimi genitori (questa è una delle motivazioni che mi sono data
negli anni); certamente sarei stata una di quelle educatrici che dice
alle mamme che i bambini dell'asilo nido devono socializzare e che il
latte di formula è uguale al latte materno (la figlia più grande è stata
allattata pochissimo e malissimo); probabilmente adesso avrei avuto
forse una figlia di dieci anni già di quelle "libere", in quanto sarei
stata molto impegnata con amiche e cocktails, e che debbono suddividere i
weekend tra mamma e papà.
E invece l'ho messa al mondo e me ne sono innamorata. Lei lo sa che mi ha salvata. Lei mi ha reso Donna adulta: a 21 anni si è tali (patente e voto sono due riconoscimenti chiari di maturità), ma se ci aggiungi un bambino e il fatto che bisogna che questi riceva attenzione ai suoi bisogni (tra i quali c'è quello di possedere due genitori che si amano anche nelle difficoltà) ed educazione, i passi avanti devi farli, c'è poco da "sfogliar verze" (perdere tempo in ciance), diceva la mia nonna.
Erika aveva appena 18 anni: la preside le chiese se non preferiva stare a casa per le lezioni, dato che sicuramente si sarebbe sentita in imbarazzo, col pancione. Erika se n'è altamente sbattuta e diede l'orale di quinta con Carlo in braccio: finì sui giornali e un'ostetrica commentò la notizia scrivendo "Speriamo non sia stata costretta a tenerlo".
Paola aveva 22 anni. Finì al pronto soccorso perché vagava sulle rotaie del tutto ubriaca. Lì le dissero della gravidanza e la dottoressa subito le prenotò l'interruzione di gravidanza. Paola prese ciò che rimaneva di se stessa, sua figlia di un centimetro, ed è nata Zoe. Paola si è laureata in filosofia, sta con il papà di Zoe (i giovani uomini responsabili esistono ancora), da ripetizioni e fa la mamma.
Clara era orfana. Vita disgraziata. Era pure stata dentro per spaccio. A 20 anni scopre di essere incinta e l'assistente sociale le suggerisce di abortire per non mettere al mondo un disgraziato. Clara se ne sbatte altamente. Clara é mamma di Gioele e Caterina, fa le pulizie ed è sposata con un ragazzo che ha conosciuto una settimana prima di partorire e che le ha fatto la corte mentre era ricoverata in pediatria coi gemelli.
Tatiana a 17 anni si prostituiva. Andò al consultorio e le ostetriche insistettero per darle il certificato per abortire. Tatiana svenne per il caldo fuori da una Chiesa dove chiedeva qualche spicciolo. Ha in tasca il certificato con la data per l'IVG. Per farle prendere fresco, due frati la portano dentro la Chiesa e la stendono con le gambe appoggiate alla statua della Madonna. Boris nasce sette mesi dopo e impara a camminare a 9 mesi come il papà di Tatiana che fa la barista e si accompagna con un giovanotto molto carino. Aspettano Ursula per settembre.
Chiara ha 22 anni e al consultorio le ostetriche insinuano se non sia troppo giovane per avere un figlio. Sembra che non siano convinte della sua consapevolezza di aver scelto di avere un figlio. E non è sola: Francesca mi dice la medesima cosa.
Tutte donne molto giovani. Donne che io ho avuto la Grazia di conoscere perché non ho abortito la mia prima figlia, perché ho partorito dopo un cesareo il secondo figlio e perché ho scelto di fare l'ostetrica. Donne delle quali ho ricevuto confidenze (i nomi sono finti) e racconti, ma anche domande. "Perché alla mia età vengo giudicata un'incapace?", "Perché suggerirmi di abortire motivando il fatto che è da poco che ho perso mia mamma?", "Perché è automatico che una giovane donna voglia 'divertirsi' in modo piuttosto cretino nonostante possa votare e prendere la patente, ma non può essere madre?", "Perché la società non ha fiducia in me?"...
Uno dei motivi per i quali non si fanno figli è l'adultescenza dei genitori di adolescenti, della generazione che precede chi ha circa vent'anni. Donne e uomini vuoti e ideologizzati che non sono in grado di essere maturi né di far maturare dei figli. Sono quei genitori che si rammaricano della diffusione delle malattie sessuali e corrono a comprare preservativi e pillole ben guardandosi dal collegare l'affettività con la sessualità (infatti tali acquisti non sono gesti d'amore genitoriale ma meramente gesti di salvaguardia nei confronti dei genitori stessi e della loro libertà).
Così i ragazzi crescono menomati nell'affetto e nella crescita dei propri limiti, essendoci sempre "l'adulto" che risolve il problema (il problema possiede potenzialmente un battito cardiaco). Ricordo una ginecologa che raccontava con soddisfazione quante giovani ragazzine ha aiutato a non andare nel panico, prescrivendo pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo.
Questo accade perché non si ha fiducia nei giovani e, soprattutto, nelle donne e negli uomini. Sì perchè a diciotto anni si può andare a lavorare, ma non avere un figlio, perché "rovina la vita". La vita di chi? Del giovane che poverino è costretto ad assumersi le sue responsabilità? A diciotto anni puoi andare in galera, ma non avere un figlio che potrebbe farti maturare un po'. A diciotto anni puoi emigrare in un Paese straniero e farti assumere, ma non avere un figlio che è certamente difficile, ma non impossibile da far crescere.
A diciotto anni abortisci se il giovine che si è calato la braga, scappa con la medesima velocità. Se incontri persone che ti dicono che ti rovini la vita (perché prendere la patente e accoppare qualcuno se bevi come un dannato, fa bene alla salute), se possiedi dei genitori che non ti hanno né insegnato a salvaguardarti, né insegnato ad assumerti le responsabilità (cosa che non fanno neanche loro da adulti), se non sai a chi rivolgerti.
Ho scovato questo video sulla pagina di Abby Johnson: ProWoman, ProChild, ProLife e colgo l'occasione per ringraziarla del suo operato e di tutte le associazioni meravigliose che evitano che la società obblighi la donna a rinunciare a se stessa, straniere e italiane.
E invece l'ho messa al mondo e me ne sono innamorata. Lei lo sa che mi ha salvata. Lei mi ha reso Donna adulta: a 21 anni si è tali (patente e voto sono due riconoscimenti chiari di maturità), ma se ci aggiungi un bambino e il fatto che bisogna che questi riceva attenzione ai suoi bisogni (tra i quali c'è quello di possedere due genitori che si amano anche nelle difficoltà) ed educazione, i passi avanti devi farli, c'è poco da "sfogliar verze" (perdere tempo in ciance), diceva la mia nonna.
Erika aveva appena 18 anni: la preside le chiese se non preferiva stare a casa per le lezioni, dato che sicuramente si sarebbe sentita in imbarazzo, col pancione. Erika se n'è altamente sbattuta e diede l'orale di quinta con Carlo in braccio: finì sui giornali e un'ostetrica commentò la notizia scrivendo "Speriamo non sia stata costretta a tenerlo".
Paola aveva 22 anni. Finì al pronto soccorso perché vagava sulle rotaie del tutto ubriaca. Lì le dissero della gravidanza e la dottoressa subito le prenotò l'interruzione di gravidanza. Paola prese ciò che rimaneva di se stessa, sua figlia di un centimetro, ed è nata Zoe. Paola si è laureata in filosofia, sta con il papà di Zoe (i giovani uomini responsabili esistono ancora), da ripetizioni e fa la mamma.
Clara era orfana. Vita disgraziata. Era pure stata dentro per spaccio. A 20 anni scopre di essere incinta e l'assistente sociale le suggerisce di abortire per non mettere al mondo un disgraziato. Clara se ne sbatte altamente. Clara é mamma di Gioele e Caterina, fa le pulizie ed è sposata con un ragazzo che ha conosciuto una settimana prima di partorire e che le ha fatto la corte mentre era ricoverata in pediatria coi gemelli.
Tatiana a 17 anni si prostituiva. Andò al consultorio e le ostetriche insistettero per darle il certificato per abortire. Tatiana svenne per il caldo fuori da una Chiesa dove chiedeva qualche spicciolo. Ha in tasca il certificato con la data per l'IVG. Per farle prendere fresco, due frati la portano dentro la Chiesa e la stendono con le gambe appoggiate alla statua della Madonna. Boris nasce sette mesi dopo e impara a camminare a 9 mesi come il papà di Tatiana che fa la barista e si accompagna con un giovanotto molto carino. Aspettano Ursula per settembre.
Chiara ha 22 anni e al consultorio le ostetriche insinuano se non sia troppo giovane per avere un figlio. Sembra che non siano convinte della sua consapevolezza di aver scelto di avere un figlio. E non è sola: Francesca mi dice la medesima cosa.
Tutte donne molto giovani. Donne che io ho avuto la Grazia di conoscere perché non ho abortito la mia prima figlia, perché ho partorito dopo un cesareo il secondo figlio e perché ho scelto di fare l'ostetrica. Donne delle quali ho ricevuto confidenze (i nomi sono finti) e racconti, ma anche domande. "Perché alla mia età vengo giudicata un'incapace?", "Perché suggerirmi di abortire motivando il fatto che è da poco che ho perso mia mamma?", "Perché è automatico che una giovane donna voglia 'divertirsi' in modo piuttosto cretino nonostante possa votare e prendere la patente, ma non può essere madre?", "Perché la società non ha fiducia in me?"...
Uno dei motivi per i quali non si fanno figli è l'adultescenza dei genitori di adolescenti, della generazione che precede chi ha circa vent'anni. Donne e uomini vuoti e ideologizzati che non sono in grado di essere maturi né di far maturare dei figli. Sono quei genitori che si rammaricano della diffusione delle malattie sessuali e corrono a comprare preservativi e pillole ben guardandosi dal collegare l'affettività con la sessualità (infatti tali acquisti non sono gesti d'amore genitoriale ma meramente gesti di salvaguardia nei confronti dei genitori stessi e della loro libertà).
Così i ragazzi crescono menomati nell'affetto e nella crescita dei propri limiti, essendoci sempre "l'adulto" che risolve il problema (il problema possiede potenzialmente un battito cardiaco). Ricordo una ginecologa che raccontava con soddisfazione quante giovani ragazzine ha aiutato a non andare nel panico, prescrivendo pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo.
Questo accade perché non si ha fiducia nei giovani e, soprattutto, nelle donne e negli uomini. Sì perchè a diciotto anni si può andare a lavorare, ma non avere un figlio, perché "rovina la vita". La vita di chi? Del giovane che poverino è costretto ad assumersi le sue responsabilità? A diciotto anni puoi andare in galera, ma non avere un figlio che potrebbe farti maturare un po'. A diciotto anni puoi emigrare in un Paese straniero e farti assumere, ma non avere un figlio che è certamente difficile, ma non impossibile da far crescere.
A diciotto anni abortisci se il giovine che si è calato la braga, scappa con la medesima velocità. Se incontri persone che ti dicono che ti rovini la vita (perché prendere la patente e accoppare qualcuno se bevi come un dannato, fa bene alla salute), se possiedi dei genitori che non ti hanno né insegnato a salvaguardarti, né insegnato ad assumerti le responsabilità (cosa che non fanno neanche loro da adulti), se non sai a chi rivolgerti.
Ho scovato questo video sulla pagina di Abby Johnson: ProWoman, ProChild, ProLife e colgo l'occasione per ringraziarla del suo operato e di tutte le associazioni meravigliose che evitano che la società obblighi la donna a rinunciare a se stessa, straniere e italiane.