mercoledì 22 maggio 2019

La lotta femminista può solo essere pro-vita, se è la salute delle donne, quella che interessa


Quelle delle immagini qui sopra, sono le meravigliose giovani donne che, pensando di sposare una causa femminista, imitano vocalmente orgasmi, inneggiano a rapporti anali, agognano promiscuità erotica, bramano l'uso di vibratori e vivono la loro vita cercando la soddisfazione clitoridea. Inoltre, fatto non da poco conto, usufruendo della scusa secondo la quale sul pianeta Terra siamo troppi, inneggiano all'aborto e rifiutano, spesso a priori, matrimonio e maternità.
Costoro, che si autodefiniscono femministe, ma che talvolta sono pure a favore dell'obbrobriosa pratica dell'utero in affitto (la vera femminista è contro ogni vendita e acquisto di gameti e cotro ogni sfruttamento del corpo della donna) e a favore della legalizzazione della prostituzione (la vera femminista è contro la mercificazione del corpo della donna per il mero godimento maschile), hanno sposato la causa abortista dimenticando il fatto che le femministe vere, quelle che hanno combattuto per l'approvazione della 194, sono a tutt'oggi dell'opinione che nella lotta si partiva «dal principio fondamentale di libertà femminile: una donna non può essere obbligata a diventare madre, la maternità inizia con un sì. Ma [...] l’aborto non è un diritto. Un diritto ha sempre un contenuto positivo. L’aborto invece è un rifiuto, un ripiego, una necessità. La donna che non vuole diventare madre subisce un intervento violento sul suo corpo per estirpare questo inizio di vita. [...] se si fa dell’aborto un diritto, si autorizza l’irresponsabilità degli uomini» e ricordano molto bene il fatto che diversi gruppi femministi firmarono un documento nel quale scrivevano «non vogliamo più abortire: vogliamo "la possibilità di riacquisire positivamente l’esperienza della maternità come una possibilità alternativa ai ritmi attuali di pratica dell’aborto" e proponevano al movimento femminista di elaborare un progetto politico per "eliminare passo passo lo stato presente di alienazione della sessualità e della maternità"». Insomma: le femministe vere non sono quelle delle manifestazioni nelle quali la libertà della donna invade pesantemente la vita del nascituro, né quelle che manifestano sguaiatamente a favore di un non meglio motivato godimento fisico anche solitario (sulla masturbazione mi limito a sottolineare quanto possa essere una manifestazione del cosiddetto sex addiction), né quelle che - magari non avendolo neppure provato sulla loro pelle - parlano dell'infinito dramma delle donne rimaste incinte dopo uno stupro, non sapendo che tante donne trovano conforto, nel loro incubo, proprio nel dare vita al bambino.

Le femministe vere, quelle dei diritti sociali delle donne (voto, parità salariale ecc), altrimenti detta "emancipazione femminile", avevano così forte la fissazione verso l'erotismo?

Erano realmente fissate col clitoride come le seguenti?



Un po' di storia, dunque. Alice Paul, Susan Brownell Antony, Elisabeth Cady Stanton sono state solo alcune delle femministe più forti della storia del voto alle donne. So già cosa mi si potrebbe rispondere: che forse nell'800 era così, ma poi, la vera rivoluzione sessantottina è stata differente. Che probabilmente queste povere pie donne, manco se la godevano, la vita. Che poi sono i commenti e i messaggi che mi giungono anche da parte di colleghe ostetriche dedite all'uso di vibratori o alla cultura del rapporto anale: essendo io cattolica (argh!), mamma di famiglia numerosa (grrr!) e ostetrica a favore dei metodi naturali di regolazione della fertilità (ah! ah! ah!), sono sicuramente frigida e imbarazzata riguardo al sesso. Come se da una parte ci fosse chi è come me - o un modello che mi assomiglia - con i miei amici maschilisti e patriarcali, e dall'altra parte del tappeto tutte quelle beghine vestite di rosso con cappelli bianchi che inneggiano alla cultura femminista ululando che loro sì, che vogliono la donna libera. Evidentemente costoro dimenticano posizioni come quelle della sessuologa atea Thérèse Hargot, per la quale la sessualità è ben altro, rispetto alla cultura che qualcuno ha giustamente definito "orgasmolatrica".
In effetti potrebbe davvero sembrare che le cose stiano così, ma come per quando si crede di offendere qualcuno addossandogli la caratteristica di "medioevale" non conoscendo la storia e la cultura di quell'epoca, molte delle orgasmolatriche beghine, non sa di essere stata una pedina piuttosto mal gestita di un movimento femminista che di femminile non ha nulla: la rivoluzione sessuale. Per conoscere la vera storia di questo movimento, quello femminista, è necessario visionare, nello specifico, un filmato:



L’attivista Lila Rose, in un’intervista a Sue Ellen Browder, inizia a raccontare il fatto che negli anni ’60 e ’70 l’ingiustizia verso la donna era a livelli altissimi. La donna gravida era licenziabile, molestabile sui luoghi di lavoro, non aveva accesso ad alcune professioni e ad alcune discipline universitarie. Quando uscì il libro di Betty Friedan La mistica della femminilità, ebbe un grande successo poiché tante donne dipendevano realmente da una cultura maschilista. La Browder iniziò a lavorare come giornalista per Cosmopolitan, rivista che diffondeva il concetto che la donna debba poter fare sesso senza avere figli e che solo il lavoro la rende libera (filosofia di pensiero della giornalista Elen Gurley Brown che rese Cosmopolitan una rivista “pro-sesso”, una sorta di Playboy al femminile): i figli, in sostanza, sono una seccatura che va evitata grazie agli anticoncezionali e all’aborto. Quindi questa mentalità non poteva dirsi in difesa dei diritti della donna e della famiglia poiché le donne delle quali parlava non avevano figli: in sostanza era una mentalità maschile “in gonnella”. I bambini e le mamme, sono, per la Brown, un ingombro verso il lavoro femminile (e verso il mercato, il marketing), mentre l’aborto è un mezzo per liberarsi la strada. Infatti Cosmopolitan non riportava storie di madri, di bambini o di gravidanze, ma solo storie di sesso e donne. Una visione – affermano la Rose e la Browder – molto maschilista. 
La Friedan, infatti, pensava a Cosmopolitan come qualcosa che non c’entrasse molto con la vera donna: stava trasformando le donne in oggetti sessuali, stava negando alle donne la loro personalità. Combattere perché la donna abbia le medesime opportunità dell’uomo, non c’entrava nulla con la rivoluzione sessuale (tanto che la Friedan medesima chiese di boicottare la rivista). La Browder continua dicendo che Alice Paul – colei che tra le prime si batté per il diritto di voto alle donne – era quacchera, Susan Brownell Antony, Elisabeth Cady Stanton, erano molto pro-vita e pro-famiglia. La stessa Friedan era pro-famiglia: diceva che le donne hanno bisogno di lavorare conciliando questo con il bisogno di essere madri. Certo, la Friedan – molto materialista – era convinta che la donna, una volta che si fosse trovata a lavorare fuori casa, sarebbe stata bene: tuttavia la storia ci dice che non è andata così. Allora la Browder si chiede il motivo per il quale i due movimenti, così ontologicamente differenti, possono essersi dopo uniti. 
Ella si chiede perché ci siano giovani donne che pensano che la libertà coincida con il credere di esserlo se frequentano l’università, fanno carriera e sono sessualmente più libere. La Friedan, dopotutto, non parlava – nelle sue pubblicazioni – di aborto o di contraccezione. La Rose si chiede allora il motivo per il quale la rivoluzione sessuale di Playboy e Cosmopolitan abbia avuto la meglio sul movimento femminista di Betty Friedan (tra l’altro la Friedan divenne presidente di uno dei movimenti di liberazione femminista, che chiedeva il diritto all’aborto). La risposta sta nell’impatto che esercitarono Larry Lader (autore del testo propagandistico: Aborto: il primo rapporto autorevole e documentato sulle leggi e le pratiche che regolano l’aborto negli Stati Uniti e in tutto il mondo, e come per il bene delle donne ovunque, possono e devono essere riformate) e Bernard Nathanson, due  uomini di classe agiata, che volevano legalizzare l’aborto e renderlo accessibile alla massa degli americani. Il loro scopo era il controllo demografico e lo sconvolgimento della morale sessuale corrente (il primo fu anche amico e biografo di Margaret Sanger, fondatrice di Planned Parenthood, la rete di cliniche abortiste più famosa degli Stati Uniti). Ma fu solo quando Alan Guttmacher (un convinto eugeneticista) ne divenne presidente, che Planned Parenthood cominciò a invocare il diritto di aborto per tutti. 
Per essere convincente sul fronte maschile del Congresso e far approvare la legge sull’aborto, Lader spiegò che, essendoci la pillola e poi, casomai non funzionasse, l’aborto, la donna impiegata che rimanesse gravida, avrebbe avuto una scappatoia per tenersi il posto di lavoro. Fino a quel momento l’aborto era praticato soprattutto presso le classi di razza bianca e di ceto medio-superiore: Lader spinse per coinvolgervi le femministe, ben sapendo che esse sarebbero state in grado di promuoverlo meglio di lui, se solo se ne fossero "appropriate": nulla di meglio, per un’iniziativa maschile, che essere promossa dalle femministe come un diritto della donna: così, il 18 novembre 1967, cento persone votarono per inserire l’aborto nella Carta dei Diritti delle donne: in realtà, racconta la Browder, furono diverse le donne che lasciarono l’organizzazione dell’associazione a causa del fatto che si volesse far passare come un diritto quello di abortire. Fu a quel punto che le femministe “pro-vita” si separarono dalle femministe “pro-aborto”. Da quel momento ogni donna “pro-vita” fu cacciata dal Movimento Femminista. In sostanza, cinquantasette persone decisero, per tutte le donne statunitensi, che alle donne interessava il diritto di abortire. La Friedan si arrogò il diritto di parlare per tutte le donne statunitensi e il Washington Post uscì con un articolo nel quale si riportava che, finalmente, era nata la Rivoluzione Sessuale del 20° secolo: ecco quando la rivoluzione sessuale si è unita con quella dei diritti della donna. Betty Friedan, purtroppo, pur di far passare la Carta dei Diritti della Donna e rimanere “sulla breccia” approvò l’aborto tra i vari diritti, ma fu solo utilitarismo. E Lader è stato colui che ha influenzato sia il movimento di emancipazione della Friedan, sia la causa Roe vs Wade (che sancì il diritto della donna all’aborto per il primo semestre di gravidanza “per qualunque motivo” e per il terzo trimestre, solo per ragioni di salute: Norma Covey – la Roe della sentenza – si pentì di essere stata la causa di milioni di aborti nel 1994 e lo scrisse nel libro “Vinta dall’amore” del ’98, nel quale denunciava l’essere stata strumentalizzata per far passare l’aborto in qualsiasi momento della gravidanza e affermava coraggiosamente di essere divenuta pro-vita: Aborto e menzogna: da Norma McCorvey (Jane Roe) a Seveso, di Manuela Antonacci, Notizie Pro-Vita del 29/09/2018). Nathanson racconta che Lader gli disse che era necessario convincere Friedan e il suo movimento femminista dell’importanza dell’aborto, e per convincerla falsarono in enorme misura i dati statistici: così testimonia lo stesso Nathanson (“Aborting America”, Garden City, 1979, p.193) che anni dopo divenne uno strenuo oppositore dell’aborto. Sostanzialmente mentivano sapendo di farlo, e Nathanson lo ammise chiaramente. Un altro uomo a favore della libertà sessuale e della diffusione dell'aborto fu Alfred Kinsey*, sessuologo e biologo, che inventò moltissimi dati e argomentazioni "campate in aria". La Browder fu proprio a causa del fatto che Kinsey era citato "positivamente" e ben sapendo l'abominio dei propri studi e delle proprie azioni, che riuscì ad aprire il "vaso di Pandora" delle femministe abortiste. Il popolo americano - la Browder ne è convinta  è stato ingannato dal fatto che tutta la "grande macchina" della rivoluzione sessuale fu accolta sfruttando il movimento femminista, dando per scontato il fatto che, se le femministe erano convnte che questa serie di idee erano corrette, lo dovessero essere per forza per tutte le donne.
La Rose sottolinea il fatto che il testo di Lader Abortion, fu più volte citato durante la discussione della Corte Suprema durante la causa Roe vs Vade e che in questo libro, mai, in nessun modo, si parla di "bambino", "embrione", "feto", né, men che meno, di "diritti del nascituro", ma tutto si focalizza sul diritto di abortire. La Browder è convinta che Lader fosse realmente fissato sull'aborto e sulla necessità di far passare la rivoluzione sessuale anche come diritto all'aborto, trasformando l'intera morale sessuale. La sua opinione era che se si fosse approvato l'aborto, sarebbe crollata la morale sessuale che, di fatto, era solo un'intera ipocrisia, a suo parere. In realtà, sostenuto dall'opinione di Kinsey, la società era molto lussuriosa e si mascherava dietro a una finta morale. Non dimentichiamo che Kinsey era anche dell'opinione che c'erano troppi bambini poveri, nel mondo, e che l'aborto è una liberazione per tutte quelle donne che si trovano ad affrontare una gravidanza nella povertà familiare e sociale (si leggano le opinioni che si oppongono al neo-malthusianesimo), affermando che la Chiesa Cattolica è il male del mondo e che i liberali avrebbero dovuto allearsi al movimento pro-aborto contro la Chiesa Cattolica.

Tuttavia si convinse a informarsi sull'argomento, leggendo quello che il Catechismo afferma in proposito: ammette il fatto che si stupì leggendo quanto amore la Chiesa riserva alla donna che ha abortito e quanta importanza ha il perdono ch'ella cercava per se stessa.
La Rose, chiedendo alla Browder il materiale sul quale ha trovato molta di questa documentazione, cita il libro Despelling the Myths of Abortion, dove chiaramente si afferma quanto sia pesata la forza maschile sulla possibilità di rendere accettabile l'aborto da parte del movimento femminista e, quindi, sulla singola donna. Si afferma anche quanto sia stato coercitivo l'atteggiamento da parte degli uomini e quanto, parimenti, sia coercitivo quello delle reti femministe. Coercizione, nei confronti della donna, che c'è tutt'ora, denuncia la Browder. Il testo di Lader fu citato ben sette volte, nella sentenza Roe vs Wade e la causa di questo non è da ricercarsi nell'anziano giudice della Corte Suprema che studiò a lungo il caso (Harry Blackmun), ma in un giovane liberale di 28 anni, dipendente dell'ufficio del giudice, che s'impossessò del testo di Lader e lo fece suo. Infatti il giudice Blackmun non era convinto che l'aborto fosse il reale diritto della donna, non tanto per via dei diritti del nascituro, ma proprio in quanto la donna autenticamente e ontologicamente non vada verso l'aborto. Tuttavia nel 1973 la Roe vs Wade diviene Legge. La stessa Browder si trovò ad accettare di abortire per non rischiare il licenziamento, e lo fece a causa del fatto che fosse stata approvata la Roe vs Wade: ci vollero decenni perchè si rendesse conto di ciò che aveva fatto e di essere stata solo una pedina in mano alla mentalità abortista. Solo dopo anni comprese di aver ucciso il proprio figlio: allora, quando lo fece, le sembrò di aver risolto un problema, di avere solo appianato una strada e risolto il problema (percezione che hanno moltissime donne, ndr). La Browder sa che per molte donne è così, e per molte di queste, si tratterà di affrontare le conseguenze della propria misera scelta. Per anni la Browder ha sofferto per aver compreso il peso del gesto compiuto in tutta consapevolezza, poi ha cominciato a sentirsi meglio quando ha trovato la sua Fede. Lei suggerisce a tante donne che hanno abortito, di sentirsi accolte da Dio attraverso il sacramento della Riconciliazione, e di combattere questa guerra contro la vita. Lei - racconta - era convinta che la Chiesa Cattolica fosse patriarcale e che il suo essere femminista cozzasse con ciò che afferma la Chiesa Cattolica (sappiamo invece che San Giovanni Paolo II esprime nell’enciclica Evangelium Vitæ par. n°99, afferma: «Nella svolta culturale a favore della vita le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un “nuovo femminismo” che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli “maschilisti”, sappia riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile, operando per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento», ndr).
La rivoluzione sessuale, continua la Browder, non ha reso le donne libere: ha distrutto matrimoni, separato il sesso dal matrimonio, separato il sesso dall'amore, separato gli uomini dalle donne. Da quella famosa notte durante la quale cinquantasette persone decisero che l'aborto era un diritto improrogabile per tutte le donne d'America, e durante la quale un gruppo di femministe uscì per sempre dal Movimento per i Diritti della Donna, successe che Betty Boyer, avvocato femminista, diede vita al Women's Equity Action League che raggruppò oltre diecimila persone e fece un ottimo lavoro, nonostante tutt'oggi pochi conoscano Boyer e il WEAL: contribuirono ad aprire le università alle donne, fecero liberare le donne dalla percezione di aver bisogno degli uomini per risolvere i loro problemi, contribuirono a far entrare le donne nei progetti sportivi, e combatterono per le cose delle quali le donne avevano bisogno ottenendo il Pregancy Discrimination Act del 1978 che rendeva illegale il licenziamento delle donne gravide e ottenendo anche che le Banche concedessero credito a nome della donna anche se questi è sposata: insomma, le femministe pro-vita del WEAL combatterono dietro le quinte e nei tribunali. Ma allora perchè - si chiede la Rose - le femministe pro-aborto si sono prese il merito di quello che avevano portato avanti le femministe pro-vita? Purtroppo fu per mancanza di pubblicità: Betty Boyer stessa non volle mai accentrarsi il lavoro che, con fatica e sacrificio, stava compiendo per le donne, anche perchè non desiderava mettere a rischio il lavoro di tutte le volontarie del WEAL. Quando le femministe liberali, senza imbarazzo alcuno, si addossavano i meriti del lavoro del WEAL, la Boyer diceva semplicemente di lasciarle fare e che a lei importava poco il riconoscimento pubblico. Purtroppo solo attualmente ci si chiede il motivo per il quale le femministe pro-life si  privarono di quei successi.
Betty Friedan, nel suo The Second Stage, espresse chiaramente il suo essere una donna a favore della famiglia e che a suo parere il diritto all'aborto era stato fin troppo enfatizzato. Nel 2000 la Friedan scrisse: «Ideologicamente non sono mai stata favorevole all'aborto. La maternità è un valore quanto non lo è l'aborto. Ho sempre creduto che le donne hanno diritto alla maternità (sul posto di lavoro, ndr): per me la scelta non è mai stata quella dell'aborto, ma quella di scegliere di essere madre: questo è tanto un diritto, quanto qualsiasi diritto scritto nella Costituzione».
La Rose trova molto importante il fatto che le donne conoscano quando sono fertili durante il ciclo uterino, per poter scegliere quando diventare madri. Infatti Lader non ha mai parlato di donne che capiscono cosa accade ai loro corpi e che sono consapevoli della loro fertilità. La sua mentalità riguardava il fatto che fare sesso equivale ad avere una gravidanza e quindi che la donna deve avere accesso all'aborto. Non gli intressava capire qualcosa sulla sessualità delle donne, sulla loro fertilità. E infatti, sottolinea la Browder, le donne adesso credono di essere libere se assumono farmaci per la loro fertilità, mentre stanno perdendo la loro vera "carica" (altrimenti definito "empowerment", ndr), il loro essere donne, la loro sessualità. Purtroppo la Friedan in La mistica della Femminilità, si rese poi conto di aver ridotto il discorso femminile solo a una logica economica e al potenziale accademico, ma d'altronde era quello che voleva nel 1963. Purtroppo il suo presupposto era del tutto personale: desiderava tornare al lavoro dopo aver avuto tre figli e, per farlo, generalizzò la propria necessità a tutte le donne. 
Per fare questo, tuttavia, ridusse la donna a un gioco sessuale per l'uomo e a una "giocatrice" in economia, come se l'obiettivo della donna fosse fare soldi, come se la donna avesse solo un ruolo politico. Quindi la donna è stata ridotta a una pedina economica, quanto, anticamente, fu ridotta a semplice casalinga: ma la donna non deve essere ridotta - afferma la Browder - a nessun ruolo. La donna deve essere rispettata nella sua personalità e anche a tutt'oggi stiamo combattendo sul fronte "riduzionista" delle donne. La donna è ridotta a oggetto sessuale o è ridotta solo a fare la madre: queste sono le due sole soluzioni proposte da chi crede di avere capito tutto del mondo femminile. Ma non è così!! Purtoppo la donna non è trattata come una persona, non è trattata come chiunque desideri prendere in mano la sua vita: le sono stati "venduti dei prodotti". Betty combatté perche alle donne era venduto il prodotto "casalinga", oggi come oggi stiamo ocmbattendo perchè alla donna è venduto il prodotto "sessualmente attiva". Si tratta sempre di vedere la donna come qualcuno da convincere ad acquistare dei prodotti preconfezonati per lei, e non a vedere la donna come persona che vuole vivere la sua vita, prendere le sue decisioni. Ovunque ti giri ci sono persone che dicono «Cosa vendiamo al consumatore chiamato donna?». 
No! Questa non è la soluzione!
Dopo 60 milioni di aborti, dopo la rivoluzione sessuale e la violenza contro la donna, cosa è possibile fare per le donne, adesso che c'è interesse verso questo? La Browder è convinta che è adesso il momento che le giovani donne comprendano che il movimento pro-vita è il vero femminismo del 21° secolo. Sa che la sua generazione ha fatto cose buone (si pensi al fatto che la donna non può più essere licenziata perchè è incinta), ma ha compiuto molti errori, tra i quali c'è anche l'aver unito il movimento di emancipazione a quello della rivoluzione sessuale. Dobbiamo comprendere che la vera libertà della donna è quella di amare essendo legata e connessa all'altro (si pensi a tutti i moderni studi di Kerstin Uvnäs Moberg sull'ormone ossitocina, che viene chiamato "l'ormone della connessione", ndr) e non quella che la vede come mero oggetto sessuale. La rivoluzione sessuale non rispetta la donna nella sua interezza, ma la riduce a qualcosa che è sfruttabile sessualmente e basta. La donna è bellissima quando è connessa all'altro, legata dall'amore (si pensi all'opinione che Jo Croissant sulla bellezza della femminilità, ndr): mentre per la "prima" Betty Friedan la donna era sottomessa da quell'amore, la "seconda" Betty Friedan si rende conto che è quell'amore che, invece, la realizza veramente, la fa essere pari all'uomo per dignità ma non ontologicamente uguale. 
Il movimento delle femministe pro-vita è l'unico movimento per la vera parità tra uomo e donna: non dimentichiamoci che l'emancipazione delle suffragette è nata come pro-vita. Anche Betty Friedan era pro-famiglia, all'inizio (e poi alla fine, come abbiamovisto, ndr), il WEAL era pro-vita. Il movimento pro-vita è quello delle donne autentiche, quello che combatte per la vera realizzazione della donna: ella non deve dividersi tra l'essere casalinga e l'essere lavoratrice, lei deve poter essere supportata da suo marito. Marito che deve educare i bambini assieme alla donna (il marito della Browder, infatti, ha scritto assieme a lei il best-seller 101 Secrets a Good Dad Knows) e che è, molto semplicemente, differente nel suo essere uomo, ma uguale alla donna in doveri e diritti. Ecco perchè gli uomini stanno affiancando le donne in questo movimento femminista pro-vita, che vincerà ("vinceremo", afferma la Browder, ndr). L'idea è che non abbiamo bisogno di scegliere tra l'essere madri o lavoratrici, che possiamo trovare modi per integrarci nella società in modo tale che questa sia pro-famiglia, ma anche pro-donne, pro-uomini e pro-bambini. Lo stanno tentando di fare in molti, si sta cercando d'implementarlo ovunque e ognuno a proprio modo: chi lavora a casa, chi studia da casa corsi on-line: ci sono molti modi per integrare il lavoro di donna-madre e moglie. Le donne ne sono capaci poiché sono intelligenti. E gli uomini sono intelligenti. E insieme, donne e uomini, stanno promuovendo questa cosa.
Concludendo la Browder afferma e si augura che le donne di questa generazione (generation Z) comprendano che l'essere generazione pro-vita rappresenti il movimento femminista del 21° secolo. Adesso le donne possono fare l'avvocato, il medico e intraprendere ogni professione: bisogna sbarazzarsi della rivoluzione sessuale che è stata inserita con l'inganno nel movimento femminista, bisogna combattere per la dignità della donna e il rispetto di tutti gli aspetti della sua vita.
Questo e molto altro è leggibile nel libro di Sue ellen Browder Subverted: How I Helped the Sexual Revolution Hijack the Women's Movement.

Breve riassunto in punti essenziali:
1) Le  vere femministe sono pro-vita: qui il sito di Lila Rose e del movimento Life Action, delle Feminist For-Life, quello di Abby Johnson, attivista e quello delle donne che sostengono le donne che sono rimaste incinte dopo uno stupro, Choice 42
2) Le donne che, ingannate dal movimento maschilista e misogino, si sono fatte truffare rispetto al fatto di pensare di essere libere sessualmente, sono state indotte a credere che la parità tra donne e uomini significasse che le femmine dovessero essere uguali ai maschi (più gretti e umanamente deplorevoli). In questo enorme raggiro, parte della colpa ce l'hanno le donne medesime che si sono fatte strumento di coercizione nei confronti del movimento per i diritti della donna a essere madre e lavoratrice, promuovendo non solo l'aborto, ma anche la diffusione di messaggi che inducono le donne a pensare che: 
-  se rimangono incinte di uno stupro, la loro sofferenza sarà inferiore se abortiscono; 
-  se rimangono incinte nel momento errato della loro vita, abortire non avrà conseguenze fisiche né mentali; 
- se perdono un bambino durante la gravidanza, solo se quel bambino era desiderato allora soffriranno, mentre se non lo era, la perdita non lascerà traccia alcuna; 
-  la depressione post-aborto è un'invenzione per far sentire le donne in colpa; 
- le donne soffrono di più se mettono al mondo bambini in condizioni di violenza domenstica o povertà, rispetto al fatto che se avessero abortito (soffrono se non possono abortire); 
- le donne possono essere eroticamente disinibite parimenti agli uomini e hanno il diritto di accoppiarsi promiscuamente senza avere conseguenze fisiche negative (graidanza indesiderata o malattie sessualmente trasmissibili).
3) Il movimento di liberazione sessuale ha portato la donna lontano dalla sua femminilità, privandola di quanto più fisiologicamente le appartiene: le capacità di accoglimento, di cura, di connessione con l'altro, di empatia.
4) Sono tutti uomini quelli che sono interessati al fatto che la donna abortisca: l'aborto è un servizio reso all'uomo, parimenti la mentalità anticoncezionale. La donna che è a favore dell'aborto, rende un grandissimo favore all'irresponsabilità maschile verso la donna e alla deresponsabilizzazione della mascolinità a livello sociale.
5) Le Leggi per promuovere l'aborto sono state approvate con l'inganno e solo grazie al lavoro di uomini spietati ai quali la salute delle donne non è mai interessata.
6) Il femminismo pro-vita è e rimane l'unico femminismo del 21° secolo che può emancipare la donna dall'essere ritenuta oggetto sessuale.
7) Conoscere come funziona il proprio ciclo uterino è il massimo dell'emancipazione femminile poichè toglie la donna dalla schiavitù verso la mentalità anticoncezionale.
8) La verità sui fatti occorsi negli anni '60 sta venendo a galla grazie al coraggio di donne che hanno abortito, ingannate, e da uomini che hanno procurato aborti pensando di fare il bene delle donne. A loro va dato il tributo del coraggio.
9) Ogni donna che, mascherando il proprio gesto per sostegno alla donna, promuove l'aborto, è serva del potere maschilista, misogino e patriarcale che crede di combattere.
10) La Chiesa Cattolica promuove l'accoglienza della donna che si sente male nei confronti del proprio aborto facendo sì che comprenda il proprio errore e lo consegni a Dio che la perdonerà. Nessuna donna è cacciata dalla Chiesa perché ha abortito, ma è amata perchè ha capito di aver commesso un gesto grave anche contro se stessa.

 
*Su Alfred Kinsey leggiamo: «Ricordiamo solo che la formula di Kinsey può essere così riassunta: “pedofilia sì, ma con delicatezza”, e – cito la bella analisi di Gianluca Marletta – “addirittura, i rapporti dei bambini con gli adulti potrebbero avere la positiva funzione di “preparare al matrimonio”. Scriveva Kinsey: “Se la bambina non fosse condizionata dall’educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi [contatti sessuali con maschi adulti], la turberebbero. È difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall’educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell’avere contatti sessuali ancora più specifici. (…) L’isterismo in voga nei riguardi dei trasgressori sessuali può benissimo influire in grave misura sulla capacità dei fanciulli ad adattarsi sessualmente alcuni anni dopo, nel matrimonio. (…) Il numero straordinariamente piccolo dei casi in cui la bambina riporta danni fisici è indicato dal fatto che fra 4.441 femmine delle quali conosciamo i dati, ci risulta un solo caso chiaro di lesioni inflitte ad una bimba, e pochissimi esempi di emorragie vaginali che, d’altronde, non determinarono alcun inconveniente apprezzabile” [A. Kinsey, Il comportamento sessuale della donna, Bompiani, Milano 1956, pp. 159-160]”».

(Per chi è interessato a quando il partito dei Radicali gonfiò le cifre delle donne morte per aborto clandestino, con l’obiettivo di far passare la legge per rendere l’aborto legale, si leggano, a tal proposito:
- Legge 194:la grande menzogna degli aborti clandestini, a cura della Redazione di UCCR, 18/06/2013
- Le cifre sulla aborto: prima e dopo la legge 194, di Francesco Agnoli, sul blog della Marcia per la Vita
- Con quale “balla”propagandistica si ottenne la legalizzazione dell’aborto in Italia, di Antonio Socci, blog omonimo, 6/01/2008)



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