Tutto nasce dalla considerazione riguardante il racconto che Giovanna (nome di fantasia) mi fa di sua madre. Giovanna rimase gravida, in tempo di guerra, dopo una violenza di un soldato tedesco. Erano tempi brutali nei quali la pancia di una donna nubile - e Giovanna aveva diciassette anni: tutti, in paese, sapevano che non era sposata - poteva significare scandalo o pena. Quella di Giovanna riscosse pena. Questo perché la sua mamma, profondamente credente, era certa del fatto che quella creatura non avesse colpa alcuna dello schifo immane che un bastardo d'uomo aveva commesso anche sul proprio figlio. Accusare un bambino delle colpe dei genitori è orribile, così Giovanna se ne stette rintanata per benino in casa e la madre se ne prese cura. Le parlava per ore, raccontandole la dolce storia di un fanciullo che sarebbe venuto al mondo per voler bene alla sua mamma e ringraziarla dell'amore ch'ella avrebbe avuto nei suoi confronti per tutta la vita. Il pargoletto nacque e lo chiamarono Mario (nome di fantasia) come il nonno di Giovanna. Quel piccoletto fu la salvezza di Giovanna e della mamma, crebbe, e grazie alla generosità della Signora che prese a servizio Giovanna, divenne un medico cardiologo molto stimato.
Le nonne hanno un'affinità enorme coi nipotini, quasi più che coi figli: le nonne coccolano, non preoccupandosi di educare i nipoti, perché quel compito è più dei genitori. Ecco perché la colpa dei nonni è sempre quella di "viziare" i piccini.
Poi venne l'epoca del distacco fisico infantile (allattamento materno azzerato, emancipazione femminile lavorativa obbligatoria e totalizzante, allontanamento del bambino e delega altrui alla sua cura) e l'epoca della "coercizione genitale" in gioventù. Mi spiego in modo grossolano: se un bambino - "programmato" fisiologicamente per avere bisogno di contatto fisico, coccole, ascolto e cura - viene costretto a stare lontano fisicamente dalla fonte del suo amore - mamma e papà -, si rinchiuderà in se stesso (per approfondire l'argomento rimando alla nota ¹) e intraprenderà "relazioni genitali" (non "sessuali", poiché la sessualità è relazione, scambio, connessione) di bassissima qualità e assente ricchezza. La cosiddetta "liberazione sessuale" è stata solo un mezzo per diffondere sfruttamento del corpo (proprio e altrui), mezzi meccanici e farmaceutici per tentare di evitare malattie e gravidanze (queste stanno sul medesimo piano) e diversi modi per interrompere la gravidanza. In sostanza potremmo appunto definirla non tanto "libertà", ma "prigionia" nei confronti dell'istinto di accoppiamento alla ricerca costante di un appagamento orgasmico sostituto di un soddisfacimento affettivo infantile, mai realizzatosi. Tale fecondo periodo culturale, ha portato la donna e l'uomo a non vedersi più alleati per la costruzione di rapporti equilibrati e - diremmo oggi - paritari, ma del tutto disfunzionali, ovvero non funzionali alla fisiologia.
Le donne e gli uomini, perciò, invece di migliorare, evolversi, maturare reciprocamente un modo di vivere la loro diversità e complementarietà in modo equilibrato, si sono imbestialiti, anteponendo il peggior modo di comportarsi con se stessi e il prossimo, alla ricerca di un progressivo miglioramento, proprio dell'essere umano razionale. Ecco che, se una storia come quella di Giovanna fosse accaduta oggigiorno, la mamma di Giovanna l'avrebbe assolutamente e in tutta fretta portata ad abortire, non perché chissà cosa avrebbero potuto dire i vicini guardoni, ma perché la povera Giovanna avrebbe potuto rovinarsi la vita (ovvero non fare quello che vuole) e rovinare la vita alla madre (ilnascituro non ha diritti). In modo subdolo (che ricorda molto il modo in cui agisce la "pedagogia nera" di Alice Miller dove chi detiene l'autorità convince sottilmente chi è sottoposto a questa, di essere lui a voler compiere delle scelte, volendone controllare comportamenti, pensiero ed emozioni) la cultura dove la povera Giovanna è cresciuta, infatti, istruisce le donne all'uso smodato e incontrollato dei loro genitali (sia per divertirsi - ovvero avere qualche orgasmo - sia per ricercare attenzione, affetto e cura negate durante l'infanzia) senza la dovuta preparazione educativa verso l'assunzione di responsabilità conseguenti alle proprie azioni o - nel caso della vera storia di Giovanna - verso chi, coinvolto in modo brutale nelle irresponsabilità altrui, subisce ingiustamente delle decisioni prendendosene quasi completamente la colpa: ovvero il concepito.
La cultura della Giovanna 'attuale' ha istruito le madri di farsi carico di queste situazioni non proteggendo il più innocente (il nipotino) e accollandosi la maturazione dei figli (femmina o maschio che sia non importa), ma banalmente consegnando la figlia o la "nuora" (la ragazza messa incinta dal figlio) nelle braccia della Medicina o della Farmacologia. Questo non certo per altruismo o bontà d'animo, ma prevedibilmente per evitare di impegnarsi, di farsi coinvolgere in una situazione che non era stata appianata, simbolo di un'era nella quale tutto deve rispettare un progetto. Certo, è tutto molto subdolo: la giovane donna e il giovane uomo (ricordo che chi abortisce è la donna, ma chi è abortito è anche maschio, quindi pure gli uomini hanno voce in capitolo) subiscono un candeggiamento cerebrale continuo (influencers, politicanti, lungometraggi, eccetera) che ha costruito l'era del "bambino perfido", quello che rovina la vita e la carriera dei genitori venendo a disturbare la loro esistenza fatta di piccole soddisfazioni espresse attraverso post su facebook o storie su instagram. In tal modo, di generazione in generazione, il bambino è oramai solo uno sfruttatore di libertà altrui (ricordiamoci dello spauracchio del babino viziato perché pretende di stare in braccio: qui vi è un'evoluzione negativa nel bambino che schiavizza): la giustizia sanitaria si fa carico di questi piccoli mocciosi di 6 millimetri, portando pulizia e ordine nella vita di madri e padri che, senza l'aiuto delle loro genitrici, non potrebbero vivere liberi. Le nonne, forti di questo compito, ne escono illese, mentre figli e figlie sopprimono il loro futuro. E la felicità, la speranza e il grande ottimismo della generazione nata dopo il 2000 è sotto gli occhi di tutti noi...
La realtà è che questa generazione di nonne o non-aspiranti tali, ha la mia età (sono del 1979) ed è ancora in piena adultescenza. In modo imbarazzante, infatti, le mie coetanee hanno educato i figli maschi a svuotare le gonadi nel primo orifizio disponibile, e darsela conseguentemente a gambe, se va bene. Se va male non hanno educato i figli a nulla, ficcando per benino la testa sotto la sabbia e continuando la loro vita (tanto ci pensano i ginecologi e le ostetriche su instagram a dire loro cosa si fa in certi casi). Le mamme di femmine, consapevoli del fatto che le giovinette - se fanno alcune cose poi ci rimangono fregate (ricordiamoci il film Grease dove Rizzo, che suppone la gravidanza, è descritta proprio come "rimasta fregata") - sono bravissime e rapidissime a prendere posto nei consultori, prendere le ferie dal lavoro, dedicarsi ad altro e magari portare dallo psicologo (che può convincere la figlioletta che il gesto compiuto è giusto e salutare per la sua vita di giovane donna con tanti diritti) le loro bambine. Anzi, uscite dai reparti di ginecologia dopo che le figliolette hanno risolto il problema, portano pure le ragazzine a far colazione al bar, come si fa con l'amica.
Poi però accadono miracoli quando queste nonne assassine, che avrebbero voluto disfarsi del nipotino di 6 millimetri (se non di più, quando cercano di corrompere lo psichiatra perché effettui la richiesta di aborto oltre il 90° giorno), improvvisamente si fanno nonnine affezionate del nipotino. Questo accade quando la diagnosi di gravidanza è tardiva (quindi, se lo psichiatra e il ginecologo non sono delinquenti, non possono sopprimere la creatura) o quando il figlio - ribellandosi all'educazione ricevuta dalla famiglia - si assume la responsabilità della propria paternità e/o quando la figlia decide di voler tenere la creaturina. Quest'ultima, che fino a un certo punto è dipinta come potenziale incubo schiavizzante, improvvisamente diventa un cucciolino teneroso per il quale spendere migliaia di soldi in corredo.