sabato 3 ottobre 2020

Appello per non lasciare le donne sole durante il parto

Con l'epidemia di Covid19, e durante il periodo di lookdown, è stato fondamentale il lavoro delle ostetriche in sala parto. Personalmente ero preoccupata quando alcune ostetriche libere professioniste pubblicizzarono, proprio in quel momento, il parto in casa, quando ancora non si era compreso come affrontare la sintomatologia e la paucisintomatologia attribuite a un'infezione di Covid19. Alcune colleghe ritennero di bacchettarmi come si fa con una persona che si ritiene essere incapace di capire, quando mi espressi pubblicamente dicendo che mai come in quella fase di iniziale scoperta della grande contagiosità del virus, era necessario mantenersi in contatto con le strutture ospedaliere per poter effettuare i tamponi sia delle donne in gravidanza, sia delle ostetriche libere professioniste che, lo ricordiamo, dovevano possedere un certo numero di presìdi per la sicurezza loro e, soprattutto, di donne e bambini. 

Era palese, a marzo, aprile e maggio, che ci si trovava in una situazione delicata e plaudevo pubblicamente ai primari di ginecologia e ostetricia e alle responsabili delle sale parto che, nonostante la situazione delicata, non solo tentavano il più possibile di mantenere un'assistenza gentile e rispettosa, ma anche un ambiente il più possibile normale. Personalmente mi sono sentita sollevata quando le moltissime ostetriche ospedaliere si sono dovute esporre pubblicamente per tranquillizzare le partorienti, in quanto non sarebbero state abbandonate da nessuna ostetrica soprattutto in una fase sanitaria nella quale i mariti e futuri papà, gli accompagnatori scelti dalla donna nel 92% dei casi, erano obbligati a stare fuori dalle sale parto. Mi trovai in accordo, se pur parzialmente, con la collega Maria Vicario, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica che, in questo articolo uscito in occasione del 5 maggio (Giornata Internazionale dell'Ostetrica), oltre che lamentare un trattamento imbarazzante da parte delle istituzioni durante l'emergenza Covid19, sensibilizzava le professioniste ad assistere i parti domiciliari con attenzione e responsabilità per non trovarsi ad aggravare il sistema sanitario. Purtroppo, però, la collega Presidente, non faceva, in quel di maggio, i conti con le cattive abitudini italiane di non adeguarsi alle situazioni in maniera temporanea, ma di rendere delle eccezioni assistenziali, la regola.

Una volta superata l'emergenza e terminato il lookdown, alcune strutture hanno perseverato nel chiudere le porte delle sale parto ai papà in attesa, e questo è non solo deletereo per la mamma che si trova ad essere assistita spesso da personale sanitario irriconoscibile a causa di mascherine e camici informi, ma per l'intero svolgimento della delicata fase del travaglio e del parto. E non solo: l'agghiacciante abitudine di togliere il neonato alla madre, che poteva essere stato necessario in pochissimi e verificati casi d'infezione e malattia acuta, è purtroppo divenuta un'abitudine il cui motivo sanitario è inutile.

- Ogni donna che si trova ad affrontare qualsiasi evento ostetrico (dal raschiamento, al parto, al taglio cesareo), ha diritto al ricevere un accompagnamento di una persona di fiducia. 
- La presenza di un accompagnatore rasserena la donna, abbassa la percezione del dolore, la fa sentire protetta e la sostiene anche nelle necessità pratiche (lavarsi, nutrirsi, andare in bagno).
- Il padre del nascituro ha il diritto di assistere alla nascita del proprio bambino, stando insieme alla mamma per aiutarla, sostenerla e accompagnarla.
- La madre deve poter essere messa in grado di occuparsi del suo bambino e di toccarlo, abbracciarlo, annusarlo subito dopo la sua nascita. Il distacco del bambino dalla mamma può avvenire solo ed esclusivamente se lei o il bimbo debbono essere sottoposti a cure mediche o chirurgiche.
- La solitudine della donna ingiustificata non solo è controproducente per la sua salute, ma anche per l'andamento e lo svolgersi della situazione.

Ogni Regione ha lasciato mano libera ai Direttori Sanitari e questo ha ovviamente portato all'acuirsi delle situazioni già critiche: diversi contatti mi segnalano che l'assistenza al parto, in alcune zone del Sud, era già piuttosto malconcia (la percentuale dei tagli cesarei nelle cliniche private è assurda, toccando il 50% delle nascite), se non che, con l'arrivo del Covid19, mi chiedo se non ci sia stato un peggioramento della qualità assistenziale. Per "qualità assistenziale" intendo tutta quella serie di attenzioni e delicatezze che una donna deve ricevere qualsiasi tipo di procedura ostetrica debba affrontare, che fa parte della competenza del personale sanitario che l'assiste. 
Qualsiasi ostetrica sa bene che il rilascio di ossitocina, necessario per la  nascita e per l'accudimento del neonato, è possibile solo in determinate circostanze anche se si trova di fronte a una situazione di fisiologia (un travaglio che inizia spontaneamente, ad esempio). Se poi la donna si trova ad affrontare, al contrario, un travaglio indotto, un'induzione di travaglio di parto, un parto pretermine o, addirittura un parto di un bambino morto, non soltanto le accortezze di delicatezza e attenzione divengono fondamentali, ma fanno parte integrante dell'assistenza sanitaria. 
Per una donna, infatti, può anche essere stato facile partorire, ma se l'assistenza è scontrosa o semplicemente maleducata e indelicata - in una parola: non professionale - è in diritto di lamentarsi con i vertici più alti dell'azienda sanitaria (il fatto che si tratti di azienda, faccio notare, riduce la donna e qualsiasi paziente a un numero e un soggetto che deve costare il meno possibile). Se però oltretutto, l'assistenza non solo è pessima dal punto di vista umano, ma è anche causa di tutta una sequenza di situazioni che portano tutta una serie di eventi che impediscono il fisiologico svolgersi del travaglio, ecco che la donna e la sua famiglia debbono potersi rivalere sulla struttura (l'azienda che fa assistere la donna da ostetriche e medici non capaci di umanità, è destinata a fallire). 

Sappiamo perfettamente che ogni persona è formata da anima e corpo e questo, nel momento della nascita, è palese. Come si possa pretendere che una donna dia alla luce il proprio bambino in un ambiente sconosciuto, senza chi più ella conosce a esserle di sostegno, senza la presenza costante di un operatrice a lei dedicata, è per chiunque "tratti" di nascita, un mistero. O meglio, per chi, come me, ha studiato cartelle ostetriche di ogni parte d'Italia, è palese che talvolta la donna sia un numero, un letto, una SDO (scheda di dimissione ospedaliera). L'operatore che si trova ad affrontare un'assistenza alla nascita è di fronte alla venuta al mondo di un essere umano e, come tale, dovrebbe dare il meglio di sé. Quando questo non avviene e le donne sono costrette a richiedere il taglio cesareo perché, dopo ore ed ore sole e doloranti, sono stremate, allora siamo di fronte all'inadeguatezza della struttura sanitaria, all'imperizia degli operatori e alla violazione di ogni diritto.

ATTENZIONE: come già sottolineato, il fatto che ci siano movimenti e associazioni che si stanno già muovendo da tempo contro quest'assistenza indecente e non dignitosa, è pregevole. Tuttavia vorrei far notare, a margine, che è inutile sollevare il caso di un'assistenza che lascia le donne sole, senza accompagnatore e spesso senza bambino, se poi ci si muove per rendere l'aborto volontario un procedimento che la donna affronta sola, senza aiuto, e che - di fatto - la separa dal suo bambino. La coerenza è necessaria, in ambito sanitario, e il motivare tale mancanza di congruenza, con il solo fatto che tutto dipende dalla desiderabilità del bambino, è meramente ideologico e un discorso piuttosto fragile.

Alla luce di quanto detto, è importante dare risonanza a questa situazione anche in nome di una professionalità che deve trovarsi in ogni luogo di cura poiché è necessario che ogni donna che si reca in un ospedale, sia assistita dignitosamente e con rispetto. 

IL MIO APPELLO, QUINDI, VA A CHI PUÒ PRENDERE LE DIFESE DELLA PARTORIENTE E DELLA SUA FAMIGLIA


NB: la soluzione di proporre il parto in casa, non è, di fatto, una soluzione. Pochissime donne possono permettersi un'assistenza di ostetriche private (assistenza che dovrebbe essere implementata e resa pubblica per tutte le donne, come un'opportunità possibile) e un'assistenza domiciliare: sia dal punto di vista meramente economico, sia da quello sanitario (non tutte le donne vogliono/possono partorire in casa). È lo Stato che deve agire perché l'assistenza a tutte le donne sia garantita ad altissimo livello professionale!! 

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