venerdì 14 agosto 2020

Quanto vale una donna (per chi si occupa di "Violenza Ostetrica")?

Sono stata indotta a intraprendere la professione ostetrica, quando nei convegni di Ostetricia s'iniziava a parlare di fisiologia della gravidanza. Negli anni '60 e '70 la gravidanza e il parto - complici le ostetriche che hanno ceduto alla Medicina la cura della donna - sono state progressivamente ospedalizzate. Questo significò che, se da una parte si incitavano le donne a ridurre il numero dei figli per dedicarsi a un'occupazione che le realizzasse; dall'altra si 'liberavano' le donne dal punto di vista sessuale diffondendo gli anticoncezionali (tutti inventati da uomini); da un'altra ancora la gravidanza iniziò a essere considerata un evento da controllare con attenzione per garantire la nascita del figlio senza lasciare nulla al caso (la gravidanza passò dall'essere seguita dall'ostetrica, all'essere seguita dal medico. Idem il parto: la donna che una volta partoriva tra donne o solo con la levatrice, iniziò a dover partorire sdraiata e a essere brutalizzata inutilmente: episiotomie, kristeller, cesarei inutili); dall'ultima parte i neonati e i bambini (che erano 'ostacoli' da superare per proseguire la carriera) dovevano essere staccati da mamma (le donne non hanno mai allattato dall'inizio degli anni '50 sino a tutti gli anni '80) e consegnati a nonne o tate o asili. Inoltre i pregiudizi negativi sulla fisiologia del bambino iniziarono a essere diffusi proprio per disconnettere il bambino dalla madre: il colostro che da sempre nutre i neonati e i lattanti faceva male, le mamme poteva accadere non avessero latte, dormire col bambino viziava e ascoltare i suoi bisogni era quasi letale. Il dottor Spock, famoso pediatra, insinuò nelle mamme che il contatto fisico col bambino stimolava reazioni erotiche. 



A metà degli anni '80 si cominciò a reagire, o meglio iniziarono a reagire le donne e le ostetriche. Alla fine degli anni '90, finalmente, gruppi di ostetriche e di donne, stimolate da studiosi fondamentali per lo studio della fisiologia del parto (Leboyer, May Gaskin, Odent, Kitzinger, Braibanti e molti altri), scossero il mondo della nascita che cercò di essere riportata verso la fisiologia. I parti in casa non erano più considerati da hippies alternativi, allattare un bambino cominciò a essere considerato normale. La lotta era ed è dura su molti fronti a tutt'oggi, ma quando io iniziai a partecipare a corsi e convegni, l'humus che nutriva Ostetricia e Ginecologia era la Fisiologia.

La gravidanza e l'allattamento "tornarono" a essere normali fatti della vita della donna, tant'è che si crearono associazioni multidisciplinari che giravano l'Italia per formare altri professionisti (ostetriche, ginecologi) a "togliere le mani dal corpo della donna" (l'assistenza definita, per l'appunto, hands off). Sostanzialmente, a partire dalla metà degli anni '90, il braccio di ferro tra l'Ostetricia -la materia della Fisiologia- e la Medicina -la materia della Patologia-, portò a una contrapposizione furiosa tra tutti gli operatori sanitari a favore del fatto che un processo fisiologico come la gravidanza dovesse divenire 'privato', ovvero dipendesse dalla consapevolezza e dalle scelte della donna, e potesse essere assistito in modo rispettoso a casa della donna o in casa maternità, e tutti gli operatori che bollavano la gravidanza comunque come potenzialmente patologica e che, di conseguenza, dovesse essere controllata da un procedimento 'pubblico', da condividere con un'equipe sanitaria in ambiente protetto.

È in questo clima che si giunge agli anni '90 quando iniziano a sorgere, complice la nascita della rete internet, movimenti femminili simili a La Leche League negli USA (un gruppo di donne che, negli anni '60, iniziò a "insegnare" alle altre donne ad allattare, trasmettendo loro fiducia e cultura "delle origini"): ricordo i primi gruppi on-line come Tuteliamoci Il Parto, il forum Partonaturale e l'inizio delle pubblicazioni magistrali del Bambinonaturale. Le ostetriche, dapprima intimidite dal loro esiguo numero, tornano a essere appoggiate dalle donne: la "palla della nascita - per così dire - torna al centro" e si comincia a discutere circa il fatto che la donna sia colei che dà la vita, colei che va messa al centro della nascita, colei che, intimamente e aiutandosi con le esperte della nascita (che tornano a essere le ostetriche), è resa competente e in grado di scegliere cosa sia meglio per lei e il suo bambino. 

Le donne tornano a partorire tra le mura della loro casa, il loro ventre non è più un affare pubblico del quale la Medicina può decidere, ma torna a essere privato, personale, degno di rispetto. I convegni sull'assistenza al parto ai quali presenzio sono una vera e propria "sberla" nei confronti della formazione che ricevo nella clinica universitaria. Io, e non solo io, iniziamo a ribellarci. La mia tesi di laurea (La funzione dell'ostetrica nel Birth Center) è un affronto per i medici del mio corso: mi guadagno un 98 ma ho la soddisfazione di parlare non venti minuti come richiesto dal Presidente di Facoltà, ma un'ora (possiedo l'intero filmato della discussione della mia tesi con annessi sguardi di disapprovazione e applausi di colleghe e pubblico, i professori che tentano di criticarmi e il presidente del Collegio delle Ostetriche di allora, che mi difende). 

Durante la prima decina degli anni 2000, giunge, come un 'fulmine a ciel sereno', il termine "Violenza Ostetrica" e da lì è un'escalation di eventi che mutano la preparazione alla nascita di tutte le donne verso il rispetto: la gravidanza può essere seguita dalle ostetriche; l'induzione al parto non è più obbligatoria prima delle 40 settimane, ma si può arrivare tranquillamente a 42; la donna può travagliare e partorire nelle posizioni che più desidera; il taglio cesareo non è più una condanna per le donne che, finalmente, possono partorire dopo uno o due cesarei; l'episiotomia (il taglio del perineo) e la Kristeller (lo schiacciamento dell'addome materno) non sono più accettate se non in casi di emergenza; l'appoggio dell'ostetrica, in rapporto one-to-one con la donna è un potentissimo analgesico; l'epidurale è suggerita in casi estremi e non obnubila più le percezioni della donna in travaglio; la puerpera improvvisamente non solo produce latte, ma lo produce per anni. Non soltanto: la donna ha diritto di essere sempre accompagnata, in ospedale durante il parto, da una persona di sua fiducia (il marito, di solito) e può decidere in che posizione travagliare, in che posizione partorire e può tenere con sé il figlio rimandando il taglio del cordone se la salute di entrambi lo permette (termini come "Piano del Parto", "Diritti della Partoriente", "Posizioni libere in travaglio", "Rooming-in", "Taglio ritardato del cordone ombelicale" eccetera, cominciano a essere diffusi e accettati). 
La donna è messa al centro della sua femminilità e tutti gli operatori sanitari debbono sostenerla con rispetto. Tra l'altro il concetto di "Violenza Ostetrica" è fondamentale perché mette in obbligo il medico di rilasciare il Consenso Informato che, a ben vedere e se utilizzato cum grano salis (ovvero non per mera Medicina Difensiva), è un modo per evitare cause medico legali perché rendere competente la donna -da una parte-  e educare l'operatore sanitario a prendere decisioni insieme a lei -dall'altra- è un modo per non far sentire a questi l'intera responsabilità della delega da parte della donna, fatto che può spingerlo a compiere decisioni operative per evitare danni

Attenzione, però, poiché la situazione muta rapidamente ed è a questo punto che è necessario fare chiarezza su svariati punti.

L'intromissione della Medicina (intesa come ricerca scientifica e farmacologica) nella vita femminile, bramata e pretesa proprio da alcune donne, ha reso una parte di queste schiava del tanto odiato patriarcato. L'uso degli anticoncezionali, per esempio, venduti come oggetti di libertà, cancellano il ciclo femminile nelle sue caratteristiche e rendono la donna più simile all'uomo. Il concetto di 'pari opportunità', agognato dall'ideologia e dalla politica, cancella la femminilità dall'universo del mondo universitario e da quello lavorativo, rendendo la differenza ontologica tra maschile e femminile, solo una costruzione culturale. La donna può essere resa meccanicamente sterile. La maternità, un privilegio che solo le donne possiedono, è un ostacolo alla realizzazione femminile e a tutt'oggi una costrizione della quale liberarsi.

Il fatto che si possa sfruttare il corpo non di una, ma di ben due donne (l'una per gli ovociti, l'altra per l'utero), con la scusa della propria infertilità, ha reso le donne delle "tecnorapinatrici" per realizzare i propri diritti ed esaudire desideri. Il libero mercato ha monetizzato tutto tanto da convincere le donne, che (hanno combattuto per poter tornare a partorire senza intromissioni né violenza, hanno preteso che la scienza rispettasse il sacro legame col figlio nel loro grembo puntando al contatto pelle-a-pelle, hanno sgretolato falsità pedagogiche come l'esistenza di capacità nascoste nei figli di controllare le madri col pianto e divenire esseri viziati) esistano persone che possiedono il diritto di vendere e acquistare neonati. 

Nel momento in cui c'è un nutrito gruppo di donne (operatrici sanitarie ma non solo) che ha potuto combattere per denunciare e abbattere la "Violenza Ostetrica", viene da porsi alcune questioni importanti sull'uso di tale termine: se è violento allontanare la donna dal proprio bambino, perché la frangia più inquadrata di queste combattenti non solleva un dito o una parola contro l'utero in affitto

Se è "Violenza Ostetrica" mantenere la donna nell'ignoranza e nell'incoscienza di ciò che la riguarda primariamente (da come funziona il suo ciclo uterino al pericolo di contrarre malattie e infezioni sessuali), per quale motivo non è possibile che le giovani donne ricevano una formazione scevra d'ideologie?

Se i diritti delle donne dei quali parla anche la legge 194 riguardano quelli della donna madre (si conosceva anche all'epoca che uno dei motivi per i quali le donne abortiscono è economico e lavorativo) significa che la maternità è un lato fondamentale della vita della donna che lo Stato deve proteggere e rendere meritorio, perché le donne che scelgono la maternità vengono denunciate per aver ceduto al fallimento della loro vita e perché le medesime operatrici sanitarie che si battono per il riconoscimento del fatto che la gravidanza sia un avvenimento fisiologico, non alzano la voce?

Se l'aborto (che è un'intromissione artificiale durante un processo fisiologico) diviene, a livello colloquiale ma mai legislativo, un diritto, perché la maternità (che è l'evoluzione fisiologica della gravidanza e simbolo delle lotte verso la consapevolezza femminile) è invece intesa come un dovere? E, ancora, perché gli operatori sanitari, che dovrebbero tutelare la fisiologia, usano terminologie negative verso la gravidanza (alcuni parlano di "costrizione al parto")?  

Se ci sono associazioni e gruppi di donne e operatori che hanno sollevato l'attenzione nei confronti del rispetto di chi si trova ad affrontare una morte perinatale (dall'aborto spontaneo alla morte endouterina fetale) e che verso costei è necessario tatto, considerazione, riguardo sia da parte di chi assiste, sia da parte delle istituzioni (ricordo la lotta nei confronti del diritto di sepoltura del figlio), perché l'importanza e il rispetto verso qualunque bambino (morto per aborto volontario o spontaneo) dipende dalla considerazione che sua madre possiede nei suoi confronti se non è perché in realtà il bambino è in funzione della madre e non una persona degna di rispetto in quanto essere umano?

Se, giustamente, dall'accentramento del medico nel procedimento della nascita, si è passati all'accentramento della donna, ma questo ha portato al rendere il bambino il rivale della donna (per cui ella può scegliere se "vivere lei" o far vivere il figlio), non sarebbe il caso di rivedere il significato di "Donna al Centro" o, per lo meno, ammettere onestamente e coerentemente che ogni bambino non è un essere umano, ma è un'opzione che se sgradita deve essere cancellata  accettando l'aborto in ogni fase della gravidanza e l'infanticidio?

Se gli operatori sanitari che sono favorevoli all'aborto sempre e comunque, affermano che le vite dei bambini in utero semplicemente non lo siano alla faccia delle donne che perdono spontaneamente o intenzionalmente i propri figli e soffrono tutta la vita, come possono compiere questo giudizio, sulla scorta del fatto che poi spesso sono le stesse persone che sostengono le associazioni che sensibilizzano sulla morte perinatale? 

Se un'operatore sanitario viene acclamato per il fatto che sta dalla parte delle donne in quanto favorevole all'aborto sempre e comunque, perché non può essere sostenuto anche l'operatore che cerca di aiutare le donne a evitare di abortire?

Se durante l'emergenza Covid19 l'indicazione alle ostetriche era quella di non assistere parti a casa (per la salute delle donne, dei bambini, ma anche delle ostetriche), ma a tutt'oggi - che siamo fuori dall'emergenza - le donne vengono ancora lasciate sole e disperate in travaglio perché i mariti non possono accompagnarle e stare loro a fianco, e questa è considerata "Violenza Ostetrica" (lo è inesorabilmente in quanto in molti ospedali il gesto più 'magnanimo' verso la donna è cesarizzarla, purtroppo, nonostante la maggior parte delle donne viva una gravidanza fisiologica), perché non è considerata "Violenza Ostetrica" pure il fatto che nel momento più duro della vita della donna che decide di abortire (leggi: interrompere artificialmente un processo fisiologico con un atto medico e quindi potenzialmente pericoloso) la si rinchiuda a casa ad affrontare dolore e una scelta molto difficile?

Quanto vale la vita di una donna per chi si occupa di "Violenza Ostetrica" e decide di soggiacere a un'ideologia? 


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