martedì 10 agosto 2021

Lila Rose vuole amare entrambi: Love Them Both è, infatti, uno dei suoi slogan. Ed è quello giusto perché definisce un concetto chiaro: le vittime dell'ideologia abortista sono due, il bambino che viene eliminato e sua madre. Ci sono due parole da dire ai pro-vita: la prima parola è "attenzione", la seconda è "compassione".

"Attenzione" perché la lotta per il diritto alla vita deve andare verso una sola direzione, ovvero quello della vita di entrambi: bambino, ovviamente, e mamma. Mi soffermo su quello che diverse volte leggo su social network quando ci sono post che parlano di aborto: le reazioni dei pro-vita sono sempre diverse. C'è chi prova pietà per un gesto di assoluta efferatezza compiuto da una donna illusa, e c'è chi - spesso tirando in ballo il Padreterno (che magari sa da solo cosa deve fare, verso chi riporre il suo perdono) - compie affermazioni atte a screditare la donna: «Avrebbe potuto darlo in adozione!!», per esempio, o il sempreverde «Assassine!!». 


Tratto da "Le sorgenti della Vita", documentario su Flora Gualdani

È vero. Avrebbe potuto darlo in adozione. Avrebbe potuto scappare di casa. Avrebbe potuto rivolgersi a un CAV. Avrebbe potuto non abortire... Non è semplice capire cosa c'è dietro. Non lo capiscono i pro-vita e non lo sanno neppure i pro-morte che si definiscono pro-scelta, ma che non hanno idea anch'essi di cosa ci può essere dietro una donna che vuole abortire.

Dietro quella donna può celarsi una violenza e un modo per proteggere un figlio che non sarebbe amato. Può celarsi un modo per non incrinare un matrimonio. Può celarsi un modo per non deludere i genitori. Può celarsi un modo per evitare un guaio sul lavoro. Può celarsi una diseducazione affettiva e sessuale... che ne sappiamo? Dove sta la scelta di tante donne che - sfruttando la possibilità di farlo e il fatto che verso l'aborto ci sia un consenso ampissimo da parte degli operatori sanitari - sanno perfettamente cosa vanno a compiere eppure si sentono obbligate perché sentono di non avere scelta?
Il fatto di definirsi pro-"scelta" è una bugia colossale: dov'è la scelta di tantissime donne nel far sopprimere o meno il proprio figlio? Non ce l'hanno, semplicemente. In alcune situazioni non c'è un grammo di libertà che presuppone la cosiddetta "scelta". Ovvio che se una donna sa di potersi smarcare da una gravidanza indesiderata, scelga la strada più breve e anche i benedetti 7 giorni di riflessione sembrano secoli. La sceglie sì, ma è così colpa sua? Davvero si pensa che quell'opzione, quell'unica strada stretta, buia e in salita, sia "libera"? Non lo credono, a mio modesto avviso, neppure i pro-"scelta"... Il fatto è uno solo: l'unica soluzione che dà a qualunque problema la medicina di Stato è la soppressione del figlio.

Se i pro-scelta fossero dell'opinione che un'altra via all'aborto c'è, non ci sarebbe l'ostracismo verso la diffusione del numero di donne che si suicidano dopo aver abortito (entro 365 giorni), non ci sarebbe un muro verso la creazione di ambulatori psichiatrici ufficiali per l'elaborazione del post-aborto, non ci sarebbe un mainstream sempre pronto a nascondere l'immensa sofferenza delle donne che hanno abortito volontariamente (quanto di volontario ed intenzionale c'è, effettivamente, se la donna è costretta a pensare che sia l'unica via d'uscita?), non ci sarebbero dei consensi informati nei quali si enumerano le potenziali patologie fisiche dopo l'intervento o dopo l'utilizzo della RU486, ma giammai si parli di depressione, ideazione suicidaria, melanconia e altro.
Ci sarebbe sincerità: «Quello che si va a sopprimere è un essere umano». Basterebbe la verità: allo Stato medicalizzato e intriso di una cultura economica basata sulla competitività e la produttività, non interessa aiutare l'emancipazione della donna. Preferisce cucinarla con ignoranza mischiata a sessualizzazione, condendola con abbondanza di farmaci (bisogna pur vendere) e con una buona spolverata d'ideologia. La ciliegina sulla torta la danno adultescenza e giovanilismo cosicché la donna possa non pensare, non crescere, non vedere e, soprattutto, non sentirsi.

Il castello di carte dietro la famosa libertà di scelta crolla con un soffio e crollerà solo quando i pro-vita saranno certi del fatto che si debba salvare la donna con suo figlio. Crollerà quando un politico che non teme la perdita di voti dirà che la legge per l'aborto è ingiusta, iniqua e discriminatoria: crea esseri umani di serie A (desiderati, sani) e di serie B (indesiderati e/o malati).

«Eh - mi si potrebbe dire - ma ci sono donne che usano l'aborto come anticoncezionale» è vero, lo so benissimo. E dov'è quell'omuncolo la cui virilità è del tutto inesistente, che approfitta del fatto che un figlio venga soppresso per non dover utilizzare un preservativo? E dov'è - mi si perdoni la franchezza - quel genitore che non fa la sua parte nell'educare alla preziosità di qualunque vita e alla dignità di ogni essere umano? E dove sono gli operatori sanitari che sono tanto favorevoli all'empowerment (consapevolezza) quando queste donne si recano a chiedere di abortire per la terza, la sesta, la decima volta? Il loro ruolo dovrebbe essere quello di affrontare queste donne, convocare quei viscidi omuncoli da loro eletti a compagni (anche solo di una notte) e dar loro una lezione di vita, di adultità. E invece no: si preferisce guardare altrove, sopprimendo chi non ha voce. Possibile che solo le donne che scelgono di non abortire bambini fragili (considerati malformati, imperfetti e neppure umani dai medesimi operatori sanitari) si trovano di fronte medici, ostetriche e infermiere duri, aggressivi, manipolatori, che le accusano di egoismo o di leggerezza nel proseguire la gravidanza?

Facile fare la voce grossa con chi piange perchè è innamorata di quel figlio piccolo e delicato, che non ha altra speranza che nascere e lasciarsi amare. Se invece viene mammina con sedicenne gravida, ci si fa piccini piccini e si consegna la RU486: mica si prende mammina e la si richiama pesantemente sulla sua inadempienza educativa. Quello giammai. Ci si libera delle creature innocenti (la sedicenne e il bambino nel suo grembo) e si salva la vita e la reputazione di mammina. Giusto?

È da considerarsi empowerment quello di garantire a una madre assente dal punto di vista educativo, che la figlioletta potrà abortire prima dell'ora di geografia? È solo colpa di una donna, quando non è resa consapevole veramente di quello che andrà a compiere abortendo? Usare il termine "Interruzione della gravidanza" ha reso sterile tutto il percorso: troppo comodo, troppo facile.
Dove sono gli operatori sanitari che scompaiono quando c'è una donna che vorrebbe acquisire i metodi naturali, ma i medici non ne sanno nulla? Oppure una donna che vorrebbe una "manovra esterna di rivolgimento" per evitare un cesareo? O una mamma che vorrebbe rimandare un'induzione perché sa che il suo bambino ha bisogno ancora di stare nel suo ventre o vorrebbe partorire a casa ma non può perché è costoso? O una mamma che vorrebbe un VBAC (parto dopo cesareo) o vorrebbe non subire trattamenti degradanti quando partorisce? O una madre che vorrebbe allattare ma incontra solo personale che non sa nulla sull'argomento?

Si tenga ben chiaro un concetto: la medicalizzazione è una sola e si basa sulla consapevole ignoranza del personale sanitario e sulla possibilità economica dello Stato che ha inglobato i cittadini nella produttività: hai valore se entri nel meccanismo economico, altrimenti sei fuori.

Qualunque operatore sanitario che si batte perchè la donna possa ricevere un trattamento umano al momento della nascita manifesti sostegno verso l'interruzione della gravidanza, non ha a cuore il bambino né sua madre. Si salvano i bembini E le madri. 

Nei casi elencati poco sopra, le donne non trovano appoggio alcuno, ma trovano spesso pareri contrastanti o operatori disinformati che, pur di tutelarsi, negano trattamenti professionali. Sono i medesimi, oltretutto, che inducono le donne ad abortire quando temono di non saper diagnosticare malformazioni... Quando le donne chiedono di abortire per la decima volta, lì sì che gli operatori smettono di affrontare le donne e le accontentano, creando un costante sfruttamento della possibilità che per legge le donne possiedono, di abortire i loro figli. Di fronte al timore di scontrarsi con situazioni create da una cultura diseducata (l'avere accanto un uomo che non vuole usare il preservativo e preferisce mandare la donna ad abortire è molto contorto), l'operatore caccia la testa sotto la sabbia e firma qualunque foglio. Di chi è la colpa di quel morto e di quel ferito (il bambino e sua madre)? 

La sola colpa delle donne che usano l'aborto come anticoncezionale sta in chi gliel'ha fatto usare come tale. La legge è chiara: non c'è alcun diritto all'aborto, c'è solo la possibilità (= "Il fatto di esser possibile, la caratteristica di ciò che può esistere, realizzarsi, avvenire". Treccani). L'operatore santario che ha fornito questa possibilità, ha dato un coltello in mano all'omuncolo stolto e alle donne stesse. Il guaio di chi scrive che le donne «Avrebbero potuto non farlo» è non comprende che quelle donne sono vittime di un sistema malato.

Attenzione a quando si accusano le donne di essere state 'leggere' o di non aver avuto il coraggio di rivolgersi a un CAV (o agli assistenti sociali con i quali hanno deboli colloqui preaborto) perché il problema, molto più spesso di quello che si pensa, è che a causa di quello che circonda la donna, questa non ha realmente altra scelta che abortire. E il carico morale di questa sua "libertà" (se vogliamo chiamarla in questo modo) sarà solo suo. Perché? Perché estromettendo l'uomo dalla sua partecipazione alla decisione di abortire, si è data facoltà a costui di pretendere che la donna opti per l'aborto. Perché allargando le maglie di una legge già ingiusta, le si consegna la possibilità di compiere un gesto moralmente illecito.

Compassione per le donne: sentendo dentro enorme Carità verso di loro e verso chi non si oppone all'enorme dolore che un aborto porta con sé, a chi volge lo sguardo, a chi permette a un'adolescente di sottoporsi a questo macello. Enorme peccato e povertà d'animo. Ogni donna che s'incontra per strada potrebbe aver abortito e potrebbe sperare di avere il coraggio, prima o poi, di suicidarsi. Potrebbe aver abortito e immaginare costantemente il suo bambino o la sua bambina. Potrebbe aver abortito e agognare, un giorno, di rincontrarsi con quella creatura chiedendole perdono. Potrebbe aver abortito e non dormire la notte. Potrebbe aver abortito e trovare psicologi che le dicono che non deve sentirsi in colpa, che c'è lo stigma sociale contro l'aborto che poi lo supererà, quando non è vero e lei lo sa (e pure gli psicologi lo sanno, ma bisogna pur vivere). E tutti questi pensieri potrebbe doverli affrontare mentre studia, stira, lava, lavora, risponde al telefono, sta con altri figli, va a cena con le amiche che le dicono che si è liberata di un problema mentre in cuor suo sa che non è così, può desiderare di cercare un figlio che non arriva, può odiare il proprio marito...  Compassione grande verso tutte le donne che vorrebbero dimenticarsi di quello che è accaduto facendo finta di nulla e andando avanti felici. Compassione grande verso le giovanissime donne, ingannate da una mentalità vuota e narcisista che convince loro di aver messo in atto la loro libertà. Compassione enorme verso le giovanissime donne che tentano di dimenticarsi che quella libertà di scelta verso la quale sono state allevate, è la libertà di altri e non certo la loro. Compassione verso le donne che, cresciute con la Pedagogia Nera, sono abituate a relazioni umane nelle quali c'è un unico campo di battaglia dove c'è chi muore e chi vince. Collusione e collisione costante in tutti i momenti della vita, fin da quando si è piccoli, creano persone che sono congenitamente pronte sempre allo scontro e al dover vincere altrimenti si soccombe: pensiamoci quando educhiamo un figlio con le regole del non-ascolto e della non-accettazione delle emozioni proprie e altrui: stiamo educando un adulto alla prepotenza e alla lotta costante. Stiamo educando un futuro adulto al non assumersi la responsabilità dei propri errori perchè per tutta la sua infanzia l'abbiamo punito severamente a ogni piccolo errore. Non saper accogliere la responsabilità delle proprie scelte e il rifiutare di maturare un uso della sessualità slegato dal possesso e dall'utilitarismo, fa parte di un percorso educativo che implica affetto, ascolto, autorevolezza. 

Invece diversi operatori preferiscono ovviare a questo e, autoeleggendosi salvatori del mondo, applicano al prossimo un principio base: siccome un embrione lo si distrugge facilmente perchè è piccinino e privo di diritti, si applica il principio darwiniano del "vinca il più forte" ovvero l'idea dell'operatore stesso.

Un ultimo accenno doveroso.

Cari obiettori di coscienza: siete tanti. E non siete tanti perché in tanti possedete una coscienza, ma siete in tanti perché affrontare il peso di rompere il legame indissolubile tra una donna e suo figlio, è troppo grosso. Tuttavia vi preme il guadagno, così alcuni di voi sono obiettori di coscienza, ma in favore di anticoncezionali e fecondazione extracorporea: ipocriti. Siete i medesimi che non sanno effettuare una manovra esterna di rivolgimento; siete i medesimi che non hanno idea di come si assiste un VBAC; siete quelli che caldeggiano per un aborto terapeutico perché la donna ha assunto dei farmaci che magari possono far male al bambino e voi non sapete come smarcarvi dall'ammettere che non siete dèi della diagnostica; siete quelli che per ogni caso clinico ostetrico optate la soluzione aborto perchè non sapete avere un grammo di fiducia nella fisiologia anche se promuovete "la nascita rispettata"; siete i medesimi che temono la fisiologia della gravidanza e dell'allattamento... Siete quelli dell'empowerment alle donne, ma solo se scelgono di sottoporsi a cesarei ripetuti. O con la vita o senza: voi che non partecipate alle interruzioni di gravidanza, ma giocate con gli embrioni congelati, con gli ovociti e gli spermatozoi per creare i figli di chi ne ha bisogno identificando la desiderabilità del bambino come un mezzo per evitare disfunzionalità familiari. Voi che siete obiettori di coscienza, ma state dalla parte delle pillole anticoncezionali alle sedicenni perché hanno il ciclo irregolare, non sapendo nulla del fatto che l'ovulazione è la fase più importante del ciclo. Voi che caldeggiate per il "doppio olandese" (pillola e preservativo) perché così "Il ragazzo è responsabilizzato": non a caso dopo tale liberalizzazione della EllaOne, la vendita dei preservativi è calata. Guarda caso l'implementazione del "doppio olandese" non migliora né le condizioni sociali delle donne (che comunque vengono picchiate, stuprate, stalkerate eccetera), né previene le gravidanze indesiderate, né previene la diffusione delle infezioni sessuali. Clienti delle ditte farmaceutiche e complici dell'irresponsabilizzazione di uomini e donne, fate poi gli obiettori di coscienza. La domanda è: sapete di cosa si tratta?

Io lo dico e lo sottolineo sempre: se un giorno dovessi ammettere tutti i miei errori potrei ricevere una jam session di pernacchie da chiunque. Tuttavia almeno ho compiuto una scelta libera: con i bambini. Solo stando dalla parte dei bambini salveremo le donne. Tutte. Love them both.

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