La scorsa settimana abbiamo dato voce all’appello di una mamma che
con tutte le forze si oppone alla chiusura di un centro d’eccellenza per
partorire in maniera naturale e fisiologica. Il reparto di ostetricia dell’ospedale di Vipiteno sta per essere chiuso,
e allo sdegno suo, nostro e di moltissime altre madri, si aggiunge
l’appello di una donna, mamma e ostetrica che a Vipiteno ha dato alla
luce il suo quarto bambino, e che vuole esprimere il proprio parere non
solo umano ma anche professionale su questa scandalosa decisione.
Ecco la sua lettera al Presidente della Provincia Alto Adige.
“Gentile dott. Kompatscher,
mi chiamo Rachele Mimì Sagramoso e sono solo una mamma che ha partorito a Vipiteno.
Tuttavia c’è dell’altro.
Tuttavia c’è dell’altro.
Sono anche ostetrica e penso di essere stata una delle prime
ostetriche in Italia a redigere alcune perizie ostetrico-legali in più
casi di violenza ostetrica perpetrata ai danni di donne durante uno dei mometi più importanti della loro vita: la nascita dei loro bambini.
Ci sono opedali in Italia dove le partorienti vengono violentate
della loro dignità, stuprate della loro femminilità, violate nei loro
diritti e molestate psicologicamente. Nella raccolta dei racconti che
posseggo che molte donne mi hanno inviato da tutta Italia (tutta Italia
vuol dire da Milano a Palermo senza distinguere in ceto sociale o
professione: avvocati, pubblici ministeri, contadine, commesse di
negozio, segretarie d’azienda…) la gravità dei fatti esplicitati disegna
una realtà misogena e violenta che ha radici lontane e che è diffusa
indipendentemente da ogni credenza e religione professata.
Donne sottoposte a manovre invasive, costrette a firmare “Consensi
Informati” per interventi, sotto minaccia della morte del loro bambino
portato in grembo, permessi mai richiesti di essere sottoposte a visite
vaginali continue e inutili, procedure medicinali e chirurgiche deplorevoli e imbarazzanti.
Donne private della loro femminilità che manifestano aspetti riconducibili alle mille sfaccettature della depressione post partum e che instaurano con il loro bambino rapporti difficili,
spesso incapaci di amare sentendosi costrette a prendersi cura di dolci
piccoli esseri che sono nati dopo ore di violenze inaudite.
Coppie devastate e con una sessualità rovinata per sempre. Madri che
mettono in atto temibili manifestazioni della cosiddetta “pedagogia a
basso contatto” che porta la coppia genitoriale a crescere il bambino
lontano dal contatto fisico e amorevole che numerosi studi
antropologici hanno dimostrato essere fondamentale per lo sviluppo
ottimale di un bambino capace di percepire sicurezza in se stesso. Madri
con difficoltà a nutrire al seno i propri bambini perchè avvertono fastidio al contatto con essi.
Insomma, catene di eventi che a lungo termine rovinano i rapporti umani e la percezione della donna di poter allevare in serenità e capacità i propri figli. Le conseguenze della violenza ostetrica
perpetrata in alcuni ospedali, sta avendo conseguenze devastanti che
vanno dalla frattura definitiva della fiducia tra utenti e strutture, o
per meglio dire tra medico e donna (non paziente, laddove la maggior
parte delle gravidanze è fisiologica),
sino alla diffusione di messaggi piuttosto negativi che, senza mezzi
termini, diffondono nelle donne timori nei confronti di qualsiasi medico
e ostetrica ospedaliera, e che stanno compromettendo la salute delle donne
che vorrebbero/dovrebbero rivolgersi all’ospedale per dare alla luce il
loro bambino, ma lo fanno non avendo assolutamente fiducia nei
confronti del sanitario con le conseguenze che la donna non si gode un
momento meraviglioso rimanendo agguerrita e pronta alla lotta, e che il
sanitario si trova a lavorare in un clima di ansia non professionale
temendo ripercussioni medico legali.
La conseguenza di questo stato delle cose è negativo qualsiasi
direzione prenda e la causa iniziale non verrà mai estirpata sino a che
non potrà essere diffusa una metodologia di lavoro professionale che si
basa sulla comunicazione rispettosa e di fiducia reciproca
tra utente e struttura, mettendo in luce organismi sanitari
d’eccellenza che ci sono su tutti i territori italiani e che vengono
continuamente migliorati grazie a medici e ostetriche professionali che
tengono davvero alla Salute di Madri e Bambini.
Perchè scrivo questo?
Perchè ho tristemente saputo che il piccolo, funzionale, domestico, competente reparto di Ostetricia di Vipiteno è a rischio di chiusura
e con questo, alcune delle più competenti ostetriche che ivi lavorano
con amore e capacità, rischiano il posto di lavoro e la gioia di
lavorare in un luogo che arricchisce non solo l’utente, ma anche il
dipendente. Questo non solo è terribile, ma è sintomo che la malattia
che affligge l’Italia è arrivata anche in un paradiso.
Sono sconvolta e affranta poichè io, che pur ho rischiato di affrontare un cesareo
e forse anche la perdita dell’utero, non solo ho partorito nell’acqua
nella bellezza di essere “scortata” delicatamente da due angeli
travestiti da ostetriche, ma ho avuto il pregio di essere assistita, nel
momento della patologia, dal Primario: persona competente e
rispettosissima. Laddove in altri luoghi di nascita mio figlio sarebbe
stato zittito con un ciuccio e formula lattea, magari piazzato in una
culla termica da solo, ha trovato le braccia del suo papà che l’hanno
cullato e avvolto sino a che non ha potuto succhiare il mio latte alcune
ore dopo.
La chiusura di luoghi d’eccellenza come Vipiteno è devastante
e getta una luce rabbuiante sull’Ostetricia italiana che potrebbe
invece ritrovare, a Vipiteno, un luogo che potrebbe coniugare Ricerca e
Formazione d’eccellenza in quanto posto dove l’assistenza ostetrica è
rispettosa e sicuramente “pro-donna”. Alcuni esempi:
– l’assistenza del parto podalico, arte perduta in
Italia a causa della diffusione penosa dell’intervento di taglio cesareo
anche in situazioni “potenzialmente fisiologiche”;
– la manovra di rivolgimento per manovre esterne (il
feto podalico viene dolcemente reso cefalico) che evita tagli cesarei
programmati inutili; la possibilità di partorire in acqua assistite da
un team ostetrico omogeneo nella capacità di questo tipo d’assitenza (in
alcuni ospedali ci sono un paio di ostetriche su tutte quelle
dipendenti, capaci di assistere ai parti in acqua);
– l’opportunità di dimettere le madri e i loro bambini con un’alimentazione solamente al seno
(ricordiamo che moltissime donne vengono dimesse dopo il parto con
l’aggiunta della formula lattea artificiale solo per futili e scabrosi
accordi con ditte farmaceutiche o meramente per incompetenza dei
sanitari);
– l’assistenza a tagli cesarei “dolci” che consentono alla donna d’essere accompagnata dal partner per il momento cruciale della vita di coppia…
– Non per ultimo d’importanza dell’esistenza di medici e ostetriche rispettose della fisiologia della nascita e che potrebbero prevenire patologie ostetriche che si presentano solo quando vi è un eccesso di medicalizzazione
e la formazione di ostetriche che possano lavorare in autonomia
professionale. Questi sono solo alcuni dei punti formativi che
un’Azienda come quella di Vipiteno potrebbe esportare consentendo quella
formazione specifica che consentirebbe la diffusione di buone pratiche.
L’appello che ho trovato sul sito del Comune di Vipiteno
è rivolto a cittadini dell’Alto Adige, ma io mi sono sentita in dovere
di dar voce al mio cuore. Cuore di donna. Animo di ostetrica.
La saluto cordialmente,
Dott.ssa Rachele Sagramoso
NB: il reparto di ostetricia di Vipiteno è definitivamente chiuso.