giovedì 6 agosto 2020

Sull'odio verso il ventre gravido

Diciamolo chiaramente.
O meglio, affermiamolo con sincerità: quello che fa ribrezzo è l'utero gravido.
L'utero gravido come entità, come simbolo ontologico della femminilità.


Quello che scoccia da impazzire è che ci siano donne che vogliono riportare la discussione sulla difesa dell'utero gravido. Perché pare che solo le donne che lo odiano, possiedano questa facoltà. Le altre, coloro che vogliono contribuire alla difesa di questo luogo e di chi è contenuto qui, debbono tacere. L'affronto è sul fatto che muoversi in difesa del ventre gravido, pone la donna un gradino sotto. In realtà è vero il contrario.
A un mucchio di operatori e operatrici sanitarie, l'utero gravido indispone perché lo mettono sul medesimo livello della donna: «Uno non può vivere, se l'altro sopravvive», a loro giudizio. E allora meglio "salvare", preservandola, la donna, come ai tempi nei quali si rischiava di morire di parto e veniva posta al marito la fatidica domanda (ovviamente questi chiedeva di salvare la moglie). Oggigiorno, nel nostro Paese, non si muore più di parto: è un evento rarissimo perché possono esserci problematiche talvolta non legate direttamente alla gravidanza, è vero, ma si sa che questa è una condizione di rischio. Basso, se è fisiologica. Alto, se è patologica (nota a margine: la procreazione assistita artificiale sta portando all'aumento esponenziale delle gravidanze considerate patologiche). 
Per trasmettere questo concetto, usano gli slogan: uno di questi è che il bambino deve essere desiderato. Bisogna voler essere madre: stormi di psicologhe (talvolta le medesime che scrivono di allattamento, il che è un po' curioso e denota una certa instabilità) sono pronte ad affermare che una donna incinta che abortisce un figlio non desiderato, non soffrirà. Quindi le donne che sono state incinte di figli non desiderati, magari accettati con difficoltà, partoriti con problematiche, odieranno quei figli. Sì, potrebbe capitare. Tuttavia, di solito, in queste grosse situazioni di disagio, la donna non è caduta a causa della gravidanza, ma perché vive una vita di difficoltà (estrema povertà, dipendenza da stupefacenti, problematiche psichiatriche eccetera). La maggior parte delle donne, non solo accetterà il bambino, ma gli vorrà bene. E pure tanto. Tanto da apparire morbosamente attaccata al figlio, un altro peccato mortale della nostra cultura. La donna madre che si affeziona al figlio diviene "superficiale", una "pancina" da canzonare, una "povera idiota" da insultare. Se invece una donna interrompe la gravidanza va capita, accettata, sostenuta, quasi apprezzata. Non importa che lo abbia fatto perché non ha voglia di andare al mare con la pancia, non interessa che lo abbia fatto perché non vuole usare anticoncezionali, non bisogna insultare la donna, ma solo la madre. Quella col ventre gravido.

E allora? Cosa nuoce di questo legame col figlio, col frutto del suo ventre? Il fatto che la donna abbia accettato la gravidanza. Ovvero sussiste l'idea che se la donna non avesse avuto il figlio, sarebbe stata meglio. E invece ella ha accettato la gravidanza ovvero "è stata costretta a partorire", a causa di influenze esterne che le hanno fatto il lavaggio del cervello. La conclusione di questo è semplice: la gravidanza deve essere cercata, il bambino deve poter essere amato da chi lo ha desiderato. Se ciò non accade, la donna soffrirà e ha il diritto di non essere addolorata. Non è un caso se la rinomata Planned Parenthood diffuse un filmato molto caruccio nel quale si vedeva una splendida neonata e compariva la scritta «Lei ha diritto di essere amata». E se accetta la gravidanza e poi chiede aiuto allo Stato, allora sì che è stupida. Una povera stupida che si approfitta delle tasse di tutti.

Quello che urta tale mentalità è semplice: il ventre gravido è un affronto alla felicità della donna e alla sua responsabilizzazione. Non importa che esistano donne che si rendono conto che quel bambino è molto importante quantunque non sia stato desiderato. Non interessa che ci siano donne che soffrono dopo aver abortito. Interessa che l'utero gravido sia svuotato. Con ogni mezzo. E diffondendo racconti di donne che, nonostante l'età lo permettesse e le situazioni sentimentale e lavorative fossero adeguate, hanno rifiutato di portare a termine la gravidanza usando anche la scusa del fatto che quel bambino (la maggior parte  delle donne sa bene che lì, nel loro utero, c'è un bambino vivo) non sarebbe stato amato in quanto indesiderato. Il fantomatico diritto a interrompere la gravidanza va allargato a ogni situazione: non importa quanto questa denoti superficialità ed egoismo, irresponsabilità e menefreghismo. L'utero va svuotato a tutti i costi.

Lo si capisce dai controsensi: un uomo non può parlare di aborto, dicono. Tuttavia alcune di queste operatrici sanitarie, quando si tratta di parlare di nascita, non solo diffondono l'opinione di uomini (Michel Odent è ancora sulla breccia nonostante l'età), ma affermano che "Tutti possono parlare di nascita, perché tutti siamo nati" (concetto espresso nel 2006 durante un convegno di Ostetricia e Ginecologia a Modena alla presenza di associazioni di categoria i cui iscritti sono tutti dichiaratamente non obiettori). E infatti, magicamente, gli uomini che possono parlare di aborto e si espongono in tal senso vengono acclamati, mai se dicono qualcosa contro tale pratica, però: in questo caso sono espressione del patriarcato o, peggio, dell'eteropatriarcato. Il maschio che parla in favore dell'aborto ammette lui stesso il dovere di tacere sull'argomento, poiché l'aborto è una scelta molto dura da compiere e quindi non va giudicata (negativamente). Tuttavia, visto che è vero poiché si tratta di una scelta difficile da compiere e dolorosa, perché sostenerla attivamente? Perché non contribuire al fatto che le donne non siano costrette a soffrire in questo modo, aiutandole a non abortire? Se un uomo compie questo discorso e muove questa proposta, è maschilista e patriarcale (chi si ricorda della giunta che stanziò - come da legge 194 - un fondo per aiutare a maternità difficile? La stragrande maggioranza delle operatrici della nascita non solo lo aggredì realmente e virtualmente per questa proposta ritenuta contro la donna, ma lo scherniva anche per l'aspetto fisico e per la religione professata). Quindi quello che interessa è solo promuovere l'opinione maschile in favore dello svuotamento del ventre gravido. Eppure la metà dei bambini abortiti è data da maschi. Eppure la metà dei bambini che nasce, è data da maschi. Quello che affermano è dunque sempre lo stesso concetto: «Il ventre gravido va svuotato, lo dicono anche i maschi». 

"L'utero è mio e me lo gestisco io": le conseguenze di questo sono il maschilismo e la misoginia più agguerrite. E quindi il fatto che esistano uomini che non solo sfuggono alle loro responsabilità di persone che attivamente hanno contribuito alla gravidanza (abbandonando la donna o costringendola ad abortire), ma si astengono passivamente senza intervenire su tutte le decisioni riguardanti le conseguenze dei rapporti sessuali: anni di zizzania ben seminata tra uomini e donne, hanno compiuto il danno di far fare costantemente un passo indietro al maschio. Anche dicendogli che questo è per rispetto nei confronti della donna. E del rispetto nei confronti del figlio? Avendo messo la donna allo stesso livello del figlio, l'uomo è stato portato a tirarsi indietro, piuttosto che essere additato come patriarcale. L'uomo si è trovato a scegliere se difendere la propria paternità e la vita del proprio figlio (una volta i figli erano ricchezza, oggigiorno sono simbolo di povertà anche intellettiva), e difendere se stesso. La competizione inventata tra la donna e il figlio in comune, ha portato l'uomo a sottrarsi anche solo al diritto di affermare che quel figlio è importante. L'utero gravido non è  che un nemico da abbattere in modo infingardo, ovvero, girandosi dall'altra parte. Come in più uomini mi hanno raccontato, la loro educazione sessuale (ben lungi dall'essere pure affettiva: sesso e amore sono stati chirurgicamente separati) è stata trasmessa dalle loro stesse madri che hanno sostenuto fermamente il fatto che tutto quello che sta nell'utero e riguarda il corpo della donna, è responsabilità della donna stessa: il maschio deve tacere. 

L'utero è della donna? A partire dagli anni '60 tutto ha cominciato a mostrare che ciò che andava combattuto era la maternità, ovvero la logica e fisiologica evoluzione del ventre gravido. La possibilità di mettere le mani nella donna, sulla donna, ha avuto conseguenze mostruose: la contraccezione medicalizzata, ossia l'astuta riduzione da donna, a donna non fertile. Ovvero sfruttabile dal mercato del lavoro. La contraccezione porta la donna a comportarsi effettivamente come un uomo. E non come un uomo virile, ma un uomo vile. "Si scopa e si scappa", si dice. Oppure "Amore libero": ma quale libertà? Quella di prendere il privilegio femminile (l'utero gravido o potenzialmente tale) e gettarlo via in nome della schiavitù dell'essere solo un oggetto erotico. O un esperimento scientifico, dicono i medici e i ricercatori sulla procreazione assistita. O una potenziale schiava, pensano le industrie che commerciano in ovociti e uteri. O una povera idiota troppo attaccata ai figli, pensano psicologi, assistenti sociali e giudici dei Tribunali per i Minori.

Una donna infertile che ha diritto alla felicità, ovvero a un figlio, è una schiava, mezzo potente per compiere esperimenti con embrioni e utero (essendo l'infertilità un'arma ideologica potentissima da estendere il più possibile inducendo la disinibizione erotica - che contribuisce all'infertilità contraendo infezioni e malattie genitali, spesso - come diritto delle donne). 
Oppure la donna può essere una schiava per fornire ovociti a persone infertili: una schiava che deve pur mangiare (una schiava povera economicamente o moralmente) e allora svende anche il proprio utero gravido, ciò che di più sacro c'è al mondo. 
L'utero gravido diventa oggetto di invidia, bramosia, isterismo e solo mera merce. L'utero gravido che viene svuotato a piacimento: la sua esistenza, la sua essenza, la sua realtà ontologica, è - letteralmente - smembrata. Il sacro legame tra l'utero gravido e la persona contenuta nel medesimo, è reciso. La donna, oltre che atteggiarsi a uomo vile dal punto di vista erotico (liberandosi dal peso della responsabilità sessuale), essere trattata da uomo dal punto di vista produttivo (stesse ore, stessi orari), essere trattata da uomo dal punto di vista affettivo-relazionale col nascituro (non deve essere messa in grado di creare un legame con il suo nascituro finché non lo vede), essere trattata da uomo dal punto di vista ostetrico (l'aumento vertiginoso della medicalizzazione della nascita dovuta a un'invasione massiccia della medicina, porta a ridurre il parto un ostacolo da superare, un dolore da eliminare, un intervento da subire rapidamente), essere trattata da uomo dal punto di vista ideologico (anche gli uomini possono mestruare, oramai si dice), essere trattata da uomo con i rapporti tra donne, è cancellata - di fatto - nell'aspetto che più la caratterizza: la maternità. La donna può fare tutto, essere tutto, ma non diventare madre. Ancora lui, ancora disprezzo del ventre gravido. 

La donna che è pure madre, è una persona disdicevole: l'attaccamento viscerale che la madre possiede verso il figlio, è sbagliato, segno di malattia, irrazionale e socialmente imbarazzante. Lo è se la madre opta per stare coi propri figli: nutrirli al seno dopo l'anno di vita è morbosità, voler stare con loro senza intermediari (educatrici o asili nido) è dipendenza psichica, optare per occuparsene dal punto di vista educativo è stupidità o pigrizia nel non voler andare a lavorare. La casalinga è una schiava alla quale è stato fatto il lavaggio del cervello dalla cultura patriarcale. E come sappiamo che la donna può essere tutto fuorché madre? Dal fatto che la donna è un crocicchio di emotività da giustificare in ogni circostanza, anche nell'infanticidio che per molte altre donne diviene «comprensibile» quasi «accettabile», pare. Eppure il sintomo di questo sono i messaggi contrastanti che riguardano le madri: quelle che si macchiano di delitti mostruosi (infanticidio, pedopornografia, sfruttamento della prostituzione minorile, pedofilia, violenza domiciliare) delle quali non bisogna parlare se non quando serve per denigrare l'intero insieme delle madri. Tutto ma non madre

Ma la madre deve essere cancellata anche dal punto di vista ontologico e antropologico: tutti possono essere madri, nessuno deve esserlo veramente. Quindi compaiono i figli di due mamme, i figli di "madri d'intenzione", i figli di "madri surrogate". Ma anche, dal lato opposto, la "persona incinta", la "persona con la cervice", "la persona che allatta". Oppure il "concetto antropologico" perché le madri sono "pregiudizi" e "stereotipi". Non esistono, non devono esistere. Sempre lì, eccolo quell'odio verso il ventre gravido. Piuttosto con un passeggino per cani, ma mai con una fascia porta bebé. 

La madre è una persona malata che usa il figlio per ricevere affetto, che brama il legame col figlio: il cordone ombelicale deve essere reciso ad ogni costo. Se a partire dagli anni '60 la donna deve partorire in ospedale dove l'allontanano dal figlio con ogni mezzo e con ogni superstizione («Il colostro fa male», «Il latte materno può non venire», «Stare con la madre vizia il bambino», «La madre deve tornare a essere quella di prima»), tenendola ben separata dalla persona con la quale ha stretto un legame indissolubile (non dimentichiamoci della repulsione maschile verso il dolore, quindi della creazione dell'anestesia peridurale che consente di far partorire le donne senza che se ne accorgano e quindi non mettendole in grado di legarsi al loro bambino, ma non scordiamoci del fatto che le donne che affittano l'utero vengono sedate per allontanare il figlio da loro), a tutt'oggi sussistono ancora tutti quei mezzi per far sì che la donna gravida non senta il figlio come una persona: l'ecografia è un potente mezzo di diagnosi usato per confondere la donna. Colei che aspetta un bambino non perfetto è indotta a separarsene inducendola a pensarsi egoista se non toglierà dal suo ventre il "mostriciattolo", l'"affare malformato". Qualunque patologia o sindrome è resa raccapricciante, per cui il ventre va svuotato. 

Attualmente la condizione di madre è costantemente in discussione. Le madri sono ritenute e mantenute ignoranti. Le donne non sanno più avere a che fare coi bambini. Fin da bambini è bene collegare i genitali all'erotismo e alla soddisfazione fisica. Le giovani donne debbono essere istruite sul fatto che l'erotismo è un diritto parimenti al disfarsi del frutto dell'uso dei genitali. Le giovani donne debbono ricorrere con ogni mezzo per essere convinte che il loro ventre gravido è un affare da disprezzare, da rifiutare, da cancellare. E il mezzo migliore è tenerle lontane dai bambini. Non mostrare immagini. Non farle maturare... Eserciti di giovani donne piene di infezioni genitali - e non solo - che vengono indotte a pensare che diventare madri è mostruoso, una condanna. Donne che quando poi sono madri non sono più capaci di fare nulla: non sanno niente di gravidanza, di allattamento, dello stare col figlio. Donne che sono abbandonate a loro stesse, ma che non devono sbagliare. Anzi, che è meglio che deleghino a chi ne sa di più. E che non facciano più di due figli altrimenti il pianeta ne risente. Il ventre gravido è odiato per l'ennesima volta. 

La politica e l'ideologia che non difendono l'utero gravido, stanno facendo cadere nel baratro la vita di questa Terra: il disprezzo che dilania ogni donna in qualità di possibile madre, parte dalle donne e giunge alle donne. L'uomo è un mezzo potente, ma non l'attore principale. Il ventre gravido va squarciato, ne va estratto il contenuto che va ucciso. Come successe a Sant'Anna di Stazzema a opera dei nazisti. Come accade tutt'oggi in ogni parte del mondo. E uccidere ciò che un ventre gravido ha messo al mondo, torturandolo e sottoponendolo ad atroci sofferenze, appare come legittimo se si tratta di fare soldi. Da cosa sappiamo che questo non scandalizza? Pubblicamente se ne parla? I telegiornali diffondono questi avvenimenti? 

No.

Sull'odio verso il ventre gravido, bisogna tacere.
La madre è un gradino sotto. Sotto la politica. Sotto l'ideologia. Sotto la medicina e sotto, pare quasi strano dirlo, l'ostetricia. Ma soprattutto sotto rispetto alle altre donne.

PS: le frasi riportate nell'immagine sono solo alcune che ho raccolto dalle offese che ricevo virtualmente.

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