mercoledì 6 febbraio 2019

Le madri vanno cancellate

Prima è toccato al padre: adesso alla madre. 


In sostanza alla donna è successo che, sperando di riuscire a star bene (meglio di quanto erano state le nonne 'costrette a stare a casa a fare le serve'), sia stato insegnato che la sua libertà coincideva con l'affinare la propria competenza, con l'uscire di casa per dedicarsi alle proprie passioni, con il farsi una famiglia se e solo nel momento in cui tutto è 'sistemato': il titolo di studio, la professione, il posto fisso, la casa. La libertà è stata venduta come essere un mezzo per cercare il benessere ("Ho diritto di stare bene!"), che questo benessere sia mutare la realtà a seconda dei propri bisogni ("Ho bisogno di sentirmi felice!"), che questi bisogni dipendano dai desideri ("Desidero tanto quella cosa!") e che i desideri siano l'obiettivo ultimo di ogni azione e scelta ("Poiché ho diritto di stare bene, per appagare il mio desiderio di felicità voglio fare questa cosa").


Il fatto è che non si nasce liberi veramente: gli esseri umani sono relazionali e il fatto di intrecciare relazioni che diano benessere emotivo e fisico, fa dell'essere umano ciò che è, ovvero una persona. Il fatto che ogni persona nasca con una dose di libertà, fa di ogni persona un soggetto di diritto, ma nessun'altra persona un oggetto del medesimo diritto. Il fatto che ogni persona nasca con una dose di libertà, non fa della medesima detentrice di ogni possibilità di esercitare la propria libertà in modo da frustrare la libertà altrui di avere, dalla vita, benessere emotivo e fisico. Quindi, il fatto che ogni persona nasca con una dose di libertà, la obbliga direttamente o indirettamente (volente o nolente) e per ogni passo che sceglie di compiere verso la libertà, a intraprendere un passo verso la responsabilità. Non c'è via di scampo.

Affinare competenze, dedicarsi alle proprie passioni, gestire la propria sessualità, sono tutti punti importanti nella vita di ogni essere umano: uomo e donna. Eppure se la donna ha conquistato le sue legittime libertà (affinare competenze, dedicarsi alle proprie passioni, gestire la propria sessualità, ne fanno parte inseme a diritto di voto e diritto alla salute) deve poter essere in grado di capire che a ogni frammento di questa corrisponda la relativa responsabilità: una donna deve potersi laureare in medicina, ma sa che dopo avrà la responsabilità di curare vite; una donna deve potersi appassionare alla pittura, ma sa che non può pensare di dedicarsi solo a questa se vuole nutrirsi (poi c'è chi da un passatempo riesce a ricavare un guadagno, ma allora diviene un lavoro con la conseguenza che poi da questo deve ricavare per lo meno qualcosa per vivere); deve poter aprirsi alla vita quando sa che è il momento giusto (infatti la fertilità consapevole è un passo maturativo importante per tutte le donne); deve poter votare (sapendo di avere una responsabilità politica e sociale anche sul resto della popolazione); deve poter avere accesso alla salute (sapendo che non è un diritto da sfruttare poiché è per tutti).

Fare sesso senza conseguenze, solo per potersi 'divertire' ("Parimenti a come fa l'uomo" sento dire: ma quale uomo? Quello irresponsabile), potendo avere comportamenti incoscienti (=senza 'coscienza', in modo tale dal non sottostare alle conseguenze di ciò che accade) e sapendo che è possibile delegare ad altro o altri la risoluzione dell'errore, non è sinonimo di alcuna libertà: è solo segno che si è ingabbiati in un circolo vizioso nel quale si è stati catapultati da una cultura puramente ideologica. E' l'ideologia quella che viene diffusa impartendo lezioni sul fatto che ognuno ha diritto a desiderare quello che pensa essere la cosa giusta per sé in quel dato momento della sua vita e che tutto ciò che s'intrappone tra il desiderio di felicità e la realtà, vada abbattuto con tutte le forze. E' ideologia quella che dice che la donna può vivere senza legami e in solitudine, senza nessuno accanto. E' ideologia quella che spinge le donne a pensare di essere detentrici del diritto sul proprio utero senza dimostrare la responsabilità sul medesimo. E' ideologia quella che dice che abortire è normale.

In sostanza alla donna sono state dette un sacco di opinioni con l'unico scopo di uccidere mentalmente in lei l'immagine della figura materna intesa in vari modi:
- primariamente come la propria madre: colei che alleva, ama, cura ed è responsabile della crescita donna, ma che deve educare, deve controllare (eh, sì... una madre controlla) e mettere limiti. Lo hanno fatto fare al padre colpendo il "Patriarcato" e adesso tocca al "Matriarcato". Viene definitivamente 'scollegata' la figura materna da quella filiale, da quando alla donna è stato detto che non è necessario allattare (cosiddetta 'pedagogia a zero-contatto'), che non è necessario stare coi figli (nascita di asili nido e personale che sta coi bambini al posto della madre), che non è importante la sua presenza (obbligo lavorativo) e che la madre deve lasciare i figli liberi: non a caso una madre (un genitore) può non sapere che la figlia va al Consultorio (ha rapporti sessuali, assume farmaci per evitare gravidanze o per abortire), può non essere interpellata quando altri adulti influiscono sulla sua educazione (fornire la pillola del giorno dopo e dirle che può abortire tranquillamente, significa: "Tua madre non deve sapere nulla. Tua madre è una cretina. Ti dico io cos'è giusto e cos'è sbagliato", ergo si educa), non ha diritto di fare la madre.
- secondariamente come visione proiettata nel proprio futuro: le bambine e le donne non debbono assolutamente vedersi madri. Con la scusa dei pregiudizi negativi e di altre trappole mentali ("Regalare le bambole alle bambine? Cultura chiusa!"), si induce la femmina a pensare che essere madre è una sconfitta assoluta. Anche perchè alcune madri sono realmente (grazie all'autodeterminazione) problematiche e irresponsabili. Essere madri significa pulire culetti pieni di cacca e avere tette pendule. Essere madri è l'estrema rinuncia ai propri desideri e a tutto quel divertimento che c'è nella giovinezza. Ecco che la giovane donna, piuttosto che diventare madre, fugge verso il noto (studio, professione, mestiere, divertimento). Comprensibilmente. Sapendo che lo potrà diventare più avanti. Quando e se lo vorrà. Alla donna viene detto che la giovinezza è il meglio e non finisce mai...
- in terzo luogo si tagliano le gambe ai giovani. Si crea un mondo del lavoro che obbliga alla formazione sempre più lunga, sempre più complessa. E si alza l'asticella del costo della vita, del bisogno di benessere. "Il figlio costa: chi te lo fa fare?", "Il figlio è rinuncia: sei sicuro di volerti sacrificare?", sono solo alcune frasi che direttamente o indirettamente, le giovani donne sentono da quando sono piccole.
- non per ultimo per importanza, si toglie valore ai bambini. I bambini sono solo qualcosa tramite il quale ricevere affetto. Sono un mezzo economico. Sono un mezzo da usare per la propria soddisfazione personale. Sono oggetti che possono essere pretesi o evitati o annullati, a scelta insindacabile dell'adulto. Sono un bene personale, del quale disporre a proprio gradimento. Sono qualcosa che si può cancellare perché è normale farlo (chi professa l'aborto dice che un gesto normale). Sono un mezzo economico. Sono una rottura di scatole se vengono non richiesti, ma una pretesa se non vengono quando richiesti e, soprattutto, come richiesti. Sono cose che debbono realizzare le aspirazioni dell'adulto. Sono propaggini lagnose che hanno il diritto di nascere se amati, voluti e desiderati: altrimenti non c'è nulla di male a levarseli dai piedi. Fare figli è un atto di profondo egoismo. Fare figli rovina il pianeta. Fare figli è doveroso solo in alcune circostanze. I figli sono meno importanti dei cani e certamente meno importanti della vita di qualsiasi animale in via d'estinzione. La donna non deve essere obbligata a fare figli, ma deve essere obbligata a fare figli con determinate caratteristiche (sani, belli, intelligenti). I bambini sono un mezzo. L'essere genitori è una rottura che obbliga a maturare. I bambini devono vendere: sono potere d'acquisto. I bambini sono cose che realizzano la famiglia, sempre che la famiglia si senta tale.

La giovane donna (una ragazzina che ha avuto il menarca è una giovane donna a tutti gli effetti) deve essere libera di usare il proprio corpo per godere. Sì: parlo del godimento fisico. Del mero orgasmo. Possibilmente clitorideo (non vaginale poiché quello avviene con la penetrazione, come spiega Roberto Marchesini): non a caso ci sono ostetriche che manifestano il fatto che avere il diritto al godimento clitorideo sia un modo per combattere la misoginia maschile. Sì perché l'uomo, l'essere umano di sesso maschile, è un rozzo eiaculatore. Meglio stare tra donne. Meglio una bella riunioncina tra donne, che ci si capisce: io presto un assorbente e te e tu presti un reggiseno a me. L'avere una relazione con un maschio era cosa utile per avere il figlio. Ora non serve più. Si ha il diritto al figlio anche da sole. Si ha diritto a possedere. Si ha sempre il diritto a eliminare ciò che, in quel momento, è indesiderabile. Si deve andare vestite come si desidera. E che si sia bene, si senta di essere felici. E che questo sia rapido da raggiungere e costi poca responsabilità. E che rilasci un mucchio di endorfine. Non a caso i libri di educazione sessuale parlano solo di questo. E di come insegnare a far godere la donna sia educativo anche per il maschio, suscitando rispetto della figura femminile, e abbatta la 'violenza di genere'.

Il corpo della giovane donna deve essere lo specchio della sua libertà. E la gabbia peggiore che possa accaderle è la gravidanza. L'assoluta punizione. L'errore da cancellare assolutamente. E infatti la distribuzione di pillole del giorno dopo, di anticoncezionali, di "diritto all'aborto" (ricordo che ai genitori di una minorenne è chiesto ogni sorta di permesso, tuttavia costei può abortire in segreto senza che i genitori lo sappiano e minando psicologicamente una relazione genitore-figlio), di lezioncine sul fatto che la vera libertà della donna sia quella di realizzarsi, è spesso a opera delle donne stesse. Donne che costringono chi entra in contatto con loro, a pensarla come loro poiché una convinzione contraria è frutto certamente di una coercizione psicologica religiosa o paternalistica. Già, il "pater" di "paternalismo" racchiude tutto l'obiettivo del loro odio: l'uomo, il padre, il maschio, quindi anche lo Stato? Sicuramente la Chiesa (forse non sanno che questa sia la "sposa" di Cristo). Ogni figura maschile. Figura che deve essere convinta del fatto di essere malvagia a livello cromosomico (XY), genitale (pene e testicoli sono oggetti aberranti e inutili, dato che queste posseggono oggetti fallici che non contengono pericolosissimo liquido spermatico, o agognatissimo ma solo quando "è desiderato"), fisico (il vero uomo si spela), comportamentale (deve essere dolce, empatico, accogliente, disponibile all'ascolto), genitorialmente capace di essere una figura mammesca, lavorativamente sia remissivo e, possibilmente, si vergogni di essere un maschio quando persone del proprio sesso commettono errori. Donne che impongono suadentemente alle proprie figlie che hanno il diritto di pensare a loro stesse, che debbono realizzarsi, che i figli si fanno quando si è mature, quando li si desidera, quando si è pronte. E che nessuno le faccia sentire in colpa: questo è solo un retaggio lontano di culture chiesarotte. La vera donna è quella che non deve chiedere mai, ma pretendere.

In sostanza la situazione è questa: la giovane donna deve incarnare i desideri e le aspirazioni delle donne della generazione precedente, poiché queste temono d'invecchiare, debbono sentirsi ancora le giovincelle ribelli che vivono un'adolescenza da cinquantenni spensierate. E per farlo bisogna imbottire le nuove generazioni di: concetti ("Hai il diritto di realizzarti nello studio/lavoro" è pronunciato spesso da donne che non hanno potuto studiare o da altre che hanno tratto dallo studio/lavoro la loro unica felicità); pregiudizi ("Gli uomini vogliono solo comandare" è in voga presso donne che non hanno avuto relazioni arricchenti, rispettose ed equilibrate con il sesso maschile, così esprimono un'opinione totalizzante senza ammettere che le loro sono eccezioni); ideologie ("Non vorrai mica fare la commessa?" è in auge nelle madri più acculturate che temono che le figlie intraprendano un mestiere considerato 'inferiore' e dimostrando che la lotta è anche 'di classe'); informazioni reticenti ("E' solo un grumo di cellule" è certamente la frase nella top ten, poi c'è pure quella "La depressione post aborto viene solo se abortisci un figlio desiderato" che è più acuta e ricercata, spesso pronunciata da operatrici sanitarie); illusioni ("Devi fare un figlio solo con la persona giusta e dopo che l'hai conosciuta approfonditamente" è la più gettonata dalle donne separate); semplici bugie ("I bambini che stanno troppo con la mamma si viziano" è meravigliosamente parte di un leit-motiv che fa parte della pedagogia "senza contatto" nata negli anni '50 e tutt'ora in auge) e, non per ultimo, ingiurie ("Sei una frustrata se pensi di stare a casa a figliare" è quello proprio di chi teme che l'interlocutore compia scelte diametralmente opposte alle proprie e che queste possano essere -alla resa dei conti- meglio delle proprie).

Come sempre accade, una generazione di donne vissuta in un dato modo, governata dalle mode del momento, stimolata dai pensieri del periodo culturale che vive, si trova, una volta che genera la propria figliolanza, a doversi fare da parte. A invecchiare. Crescere e maturare. Significa chiudere una fase di crescita, per aprirne un'altra. Non a caso Massimo Ammaniti, ne "La famiglia adolescente", lo dice chiaramente: la generazione odierna di genitori (di persone che sono spesso adultescenti), investe sull'unico figlio che deve realizzare il genitore. E molto riguarda le madri, poiché i padri ce li siamo giocati già diverso tempo fa. Ma le donne della generazione precedente non cedono. Sono terrorizzate dal dover ammettere che le loro idee sono sbagliate. Che i frutti delle loro battaglie sono mostruosi. Che tutto quello che hanno combinato è solo, per dirla francamente, un gran casino. "Vietato vietare" ha mietuto vittime e lo sfacelo lo vediamo costantemente intorno a noi.

Non ci sono bambini e c'è tanta tristezza. Un popolo che non fa figli è un popolo morto. Un popolo che non fa figli è un popolo depresso.

Ma alcune donne, invece di fare autocritica, si fanno paladine di ideologie che tendono a distruggere la madre. E, se possono, sfruttano la loro posizione sociale o la propria funzione professionale. Ecco comparire quindi le psicologhe che negano l'esistenza della sofferenza post-aborto, le psichiatre che affermano che le donne che allattano più di sei mesi sono 'serve' del bambino e lo rovinano facendolo diventare un 'mammone', le ginecologhe che ritengono una vittoria ogni pillola del giorno dopo somministrata a minorenni, le ostetriche che sono fiere di conoscere quali farmaci anti ulcera possono consigliare per abortire, le pediatre che dicono che allattare è da africane (intendendo che la donna africana è un essere evidentemente inferiore), le educatrici che dicono che le mamme devono assolutamente andare a lavorare altrimenti diventano schiave dei figli, le insegnanti che fanno leggere testi nei quali le femmine sono più intelligenti dei maschi e, infine, le madri di figlie femmine che dicono che si può fare a meno degli uomini. Una cultura femminal-narcisistica che rifugge la maturazione, la vecchiaia, la saggezza.

Il capitolo realizzazione lavorativa è micidiale: c'è una pressione molto forte sulla donna che deve prendere la propria strada. La parola d'ordine è 'realizzazione'. E la 'realizzazione' possiede connotazioni abbastanza monocromatiche perchè si attua una vera e propria lotta di classe: le madri che hanno vissuto come limitativo il proprio mestiere o la propria condizione, spingono le figlie -spesso in modo abbastanza costrittivo-  a percorrere strade differenti e che sovente sono interpretate come le migliori perché di più 'elevata' posizione sociale. La casalinga, l'operaia, la barista, la donna delle pulizie: desiderano tutte che le proprie figlie abbiano un futuro di più alto livello rispetto al proprio. Questo ha un retaggio nel passato recente nel quale la donna era solo destinata al ripercorrere le strade della madre e delle nonne a causa del "paternalistico" (usiamolo un po' anche noi a sproposito, questo termine) obbligo di stare in casa presso il focolare oppure in fabbrica, o ancora, nei campi. Se vogliamo, infatti, questa aspirazione del desiderare il meglio per i figli, è fisiologica.
Pur tuttavia i pregiudizi verso la condizione di casalinga (contadina, allevatrice, operaia) sono moltissimi e contribuiscono costantemente alla svalutazione del mestiere di madre. Sì perché il maggiore peso, in negativo, lo riceve la figura della mamma. Se una donna si dedica alla famiglia è, in questa visione, una povera mentecatta. La situazione delle donne che, al contrario, hanno un alto livello formativo, spingono spesso le figlie a ripercorrerlo senza dubitare un solo minuto che le figlie possano desiderare altro. Anche in questo caso, la figura della donna che si vuol semplicemente dedicare alla famiglia, magari attendendo di trovare un mestiere che possa appagarla e che non la allontani da casa, non è accettabile.Comunque la si veda, la donna non deve farsi una famiglia. La donna deve programmare la gravidanza dopo aver fatto i propri studi. La donna deve fare la casalinga solo se è costretta. La donna che si dedica alla famiglia vive certamente una posizione sottomessa.

Ovviamente entrambe le tipologie di madri (quella 'umile' e quella di livello culturale 'superiore') si prendono la libertà di inondare d'ideologia anti-familiare la figlia femmina. Le metodologie sono tutte quelle sopra elencate. In più si aggiunge il fatto che, dalla promulgazione della legge sul divorzio e sull'aborto, le donne si sono sentite molto più libere e hanno voluto assolutamente trasmettere questa libertà alle figlie. Libertà che, però, non è al contrario: se la figlia, ad esempio, ha un'opinione differente da questa, la si deve assolutamente tarpare. Quindi le figlie della generazione che ha salutato l'alba delle libertà di accoppiarsi senza incorrere in gravidanze o rischiare malattie (preservativo e pillola), di andare a lavorare abbandonando i figli alla cura degli altri (pedagogia a 'zero contatto': no allattamento, no coccole, no contatto), di rimandare il più possibile la costruzione di una famiglia per farsi una 'posizione sociale' (studiare, fare carriera, arrivare alla 'sicurezza economica'), di disfare un legame affettivo il più rapidamente possibile (separazione e divorzio speedy), di fare scelte di vita familiare differenti dal matrimonio (convivenza), di pretendere di diventare madre quando si è pronte (aborto e, per contro, procreazione assistita) e di - in sostanza - fare tutto quello che si sente giusto per sé senza riflettere a lungo sulle conseguenze, sono obbligate a realizzare tutti questi ambiti per far sì che le loro madri siano, molto semplicemente, felici. Le figlie debbono realizzare le madri. E, spesso, le figlie che lo fanno (magari ricalcando le tappe di vita della propria madre) sono quelle che difendono quelle 'conquiste' di cui sopra, in modo ancora più violento e sgraziato (penso agli attacchi fisici/verbali/scritti delle quali sono capaci le femministe che ora hanno circa 45 anni) rispetto alle madri, anche se magari hanno subìto loro stesse delle decisioni materne: pensiamo a quante separate, figlie di separate, sanno cosa significhi per un figlio patire l'allontanamento tra i genitori, ma lo attuano lo stesso spesso giustificandosi del fatto che le conseguenze poi non sono state così negative, su di loro stesse. Pensiamo a quante donne hanno convinto le altre donne ad abortire, battendo loro stesse e dicendo a destra e a manca che "Abortire non ha conseguenze!". L'ideologia, infatti, piega la mente per convincerla che ciò che esprime e corretto al di là della verità che, per esempio nella separazione genitoriale, è una sola: per un bambino, vedere la propria famiglia sgretolarsi, è terribile. Certo: l'ideologia non manca di fornire la soluzione. Quante donne che si separano (ad esclusione di quelle che lo fanno in caso di accesi maltrattamenti psicologici e fisici che debbono scappare a gambe levate consegnando il partner violento alla giustizia) si giustificano dicendo che, per un figlio, vedere la propria madre che sta meglio da quando si è separata, è molto meglio che vederla soffrire all'interno di un matrimonio/convivenza triste? E quante figlie cresciute con tale convinzione la ripetono nella loro vita dimenticando le sofferenze di figlie e magari si giustificano dicendo che "è meglio così"? Quante donne abortiscono perché un figlio, in quel momento della loro vita non sarebbe stato possibile, e hanno figlie che compiono lo stesso percorso? 

Sta alle mie figlie capovolgere questa strada. Sta alle figlie che ora hanno 15 anni, riprendersi un po' la vita in mano e studiare se hanno voglia, altrimenti fare le mamme. Oppure fare le mamme e poi studiare. Sta a loro riprendersi la vita femminile in mano non cedendo a pressioni che le vogliono ormonalmente schiave di medicine che curano la fisiologia e mentalità che le vogliono schiave della felicità fisica. Sta a loro ritrovare la bellezza delle tappe di crescita limitanti e limitative, vera libertà in una cultura che ingabbia nella costante aspirazione narcisistica. Sta a loro gioire dell'acquisizione di passaggi di crescita che le facciano davvero sentire donne. Sta a loro liberarsi dal giogo culturale che le vuole solo legate alla loro potenzialità economica e non a quella affettiva. Sta a loro combattere per avere i figli al più presto senza cadere in tranelli ideologici. Sta a loro pretendere che lo Stato sappia sostenere chi sceglie, oltre che di studiare e lavorare, di fare famiglia. Sta a loro dire: "Ho scelto di crescere, maturare: mi prendo la responsabilità delle mie scelte e accolgo il figlio che ho concepito".

Largo alle giovani donne.

Articolo in evidenza

Allattare è un DIRITTO (?)

Lo spiegavo già tempo fa: l'allattamento è un gesto politico . Un paio di concetti di fisiologia, giusto per essere chiari. Solo le donn...