Nell'ultimo numero di “Lucina” (1/2019),
la rivista dell'ostetrica, c'è un importante articolo inerente il Tavolo
tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell'allattamento materno
che ha organizzato la seconda conferenza Nazionale sulla Promozione
dell'Allattamento, che si è svolta a Roma il 23 gennaio passato. Nessuno più
felice di me nel leggere l'opuscolo che è stato diffuso dal
Ministero in occasione di tale evento (qui la pagina dedicata del
Ministero).
Ovviamente non mancano alcune disamine, da
parte mia, poiché penso che nell’introduzione alla pubblicazione - ad opera
della Ministra della Salute Grillo - porre ancora la domanda retorica che
chiede cosa ci sia di meglio, per un neonato, che nutrirsi del latte di mamma,
sia proposta un po' vecchiotta. Perché? Perché può essere tranquillamente strumentalizzata
- come si dice oggigiorno - da parte di chi vuol far apparire la formula
lattea come l'alimento normale, se dov'essimo immaginare
d'istituire una graduatoria nella quale bisognasse stabilire quale sia
l'alimentazione biologicamente corretta per un neonato.
Un qualsiasi interlocutore accurato nella scelta dei
termini, non avrebbe nessun problema ad ammettere che se il latte materno è
il migliore e superlativo mezzo di nutrizione che solo una bravissima mamma
può adottare per il suo fantastico bambino, una madre normale che vuole nutrire
il suo ordinario bambino, non potrà che usufruire di una normalissima formula
lattea… Per tale motivo, l’allattamento materno non è né superlativo, né
fantastico, né è il meglio: è il normale mezzo che la natura ha stabilito per
nutrire un neonato attraverso le mammelle. L’allattamento, inoltre, non è “al
seno”, l’allattamento è materno, ovvero prodotto solo dalla madre e fornito al bambino
tramite le mammelle. Sono sottigliezze, lo so, ma l’uso della parola “seno”
incoraggia un’immagine erotica molto recente, mentre la parola
“materno”/”madre” non possiede un’iconografia fraintendibile. La madre è
colei che, nella fisiologia della natura, mette al mondo il neonato e lo
attacca alle mammelle per nutrirlo. Un altro
piccolo spunto: viene specificato sempre come si parli di allattamento “al
seno” o “materno”: ne esiste forse un altro? No, perché “allattare” è
proprio il gesto che una nutrice compie facendo ciucciare un neonato (e un
bambino) alle proprie mammelle. Non si dice, infatti,
“allattamento artificiale”, ma “nutrizione” artificiale: nulla che sminuisca
tutta la cura e l’attenzione che qualsiasi madre può avere nei confronti del
proprio bambino, ma è per dovizia di precisione. Specificare costantemente che
l’allattamento è “materno” o “al seno”, è inutile e lascia aperte possibilità
d’interpretazione piuttosto ontologicamente erronee.
Giustamente il medesimo opuscolo
riporta “Supportare le madre, assecondare, ovunque con ogni mezzo,
l'allattamento al seno è fondamentale in un periodo della vita della donna di
particolare sensibilità, come quello post-parto. Promozione, protezione e
sostegno dell'allattamento materno sono, dunque, una priorità per la
salvaguardia della salute pubblica e la collaborazione tra tutti gli attori del
sistema è fondamentale per riuscire a raggiungere questo importantissimo
obiettivo. La sfida è quella di informare tutti i soggetti interessati,
accompagnare le mamme verso una scelta consapevole, senza però creare un senso
di frustrazione e inadeguatezza nelle donne che per qualsiasi motivo, non
possono allattare al seno”. Non vorrei sembrare drammaticamente tagliente, ma
ci sono alcune considerazioni da compiere. La prima è che in tutta
l’introduzione, la parola “neonato” viene utilizzata una volta. Il giusto
supporto alla madre è un concetto corretto quanto quello di promuovere e
proteggere l’allattamento, ma il soggetto che deve ricevere attenzione nel
momento in cui è più fragile, è il bambino. La madre deve essere messa in
condizione di optare per l’allattamento, non (solo) perché è «pratico ed
economico, senza costi di preparazione, sempre disponibile e alla giusta
temperatura, genuino, sicuro, inimitabile ed ecosostenibile», ma perché è diritto del bambino quello di essere nutrito con il latte della
propria mamma: è suo diritto quello di leccare, annusare, toccare, ciucciare,
gustare le poppe della sua mamma, perché sono quelle della sua mamma, colei
che l’ha nutrito durante la gravidanza, colei che l’ha cullato, colei che gli
ha parlato e della quale conosce il ritmo del battito cardiaco. È sicuramente la
mamma quella che va sostenuta (specialmente dagli operatori sanitari, i mass
media e la famiglia), ma siccome l’allattamento materno non è una passeggiata
(ragadi, mastiti e altre piacevolezze), l’obiettivo della madre, quello che
deve stimolarla a pretendere di prepararsi durante la gravidanza, stringendo i
denti e insistendo pretendendo supporto adeguato, è quello di occuparsi del
proprio bambino. Certo, nessuno disapprova le donne che non riescono,
nonostante l’impegno, a portare avanti l’allattamento: la condanna va verso
tutte le istituzioni, le aziende sanitarie, i pediatri, le ostetriche che
affermano, a tutt’oggi, vere e proprie eresie in proposito. E ricordo che ogni
operatore coinvolto che è impreparato in tal senso, andrebbe segnalato al suo
Ordine. L’obiettivo dell’allattamento, quindi, è indirettamente la
formazione e il sostegno della madre, ma è direttamente la promozione della
salute a breve e lungo termine del bambino.
Come se l’opuscolo volesse confermare le
mie parole, le prime pagine offrono tutta una serie di spiegazioni per le quali
allattare, per una donna, è comodo e naturale, ecologico (parola magica,
oggidì) e risparmioso. Riconosco che molte spiegazioni fornite pongono
l’attenzione sul bambino: la creazione della relazione col bambino e la
prosecuzione del rapporto venutosi a creare con la gravidanza. Tuttavia si
legge anche che «Allattare è un diritto (per la mamma, ndr): diritto di
ricevere informazioni ed aiuto che ti permettano di allattare senza
interferenze e di superare eventuali difficoltà; diritto di allattare ovunque
ti trovi ed in qualsiasi momento; diritto a essere tutelata al rientro al
lavoro su come conciliare allattamento e lavoro.».
Innanzi tutto ribadiamo che l’allattamento è un diritto
primario del bambino. L’abbiamo già spiegato: se affermiamo che allattare è
un diritto solo della madre, chi - per passatempo o ideologia o mera
“preterintenzionale” disinformazione - non accetta che la donna che ha
portato avanti la gravidanza del bambino, possieda dei diritti sul medesimo,
non si interessa certo dei diritti della donna. Tuttavia se cominciassimo
ad affermare con certezza e inoppugnabilità che l’essere nutrito con le mammelle
di chi l’ha partorito, è diritto di ogni bambino, la visione adultocentrica
del diritto, sarebbe sostituita da quella bambino-centrica. Inoltre, se
proprio volessimo essere pedanti, nel momento in cui io affermo che la donna ha
diritto ad allattare, per la legge della compensazione la donna ha il dovere
di allattare, cosa che per me è accettabile se non comprensibile, ma non va
d’accordo con chi è dell’opinione che la donna deve essere lasciata libera di
non allattare. Trasformiamo in modo bambino-centrico l’elenco dei diritti:
il bambino ha diritto di essere allattato ovunque e in qualsiasi momento; il
bambino ha il diritto di essere allattato anche quando la madre è tornata al
lavoro.
Su questo punto è fondamentale mettere il bambino al centro: quale
datore di lavoro può avere il coraggio di scontrarsi con un sistema che gli
dice (o le dice) che se la sua dipendente è costretta a non allattare il
proprio bambino, è quest’ultimo colui che viene privato di diritti? E se un
datore/datrice di lavoro si mostra così scellerato/a da privare deliberatamente
della mamma un bambino, la pena non è di gran lunga maggiore, rispetto
al fatto che se fosse la madre a non poter allattare («Può non farlo, ci sono i
biberon!» sarebbe una frase da non ascoltare più)?
Il documento prosegue in modo piuttosto
lineare per cui continuiamo con la lettura dell’articolo di “Lucina”. Le
ostetriche, per mezzo della FNOPO hanno divulgato un comunicato stampa sull’argomento
che riguarda l’implementazione della figura dell’”Ostetrica di famiglia e
comunità”. Ora, nessuno più di me è felice quando la figura
dell’ostetrica non si limita all’assistenza al parto e all’immediato puerperio
ospedaliero, ma può abbracciare le tante fasi di vita della donna e della
comunità. E nessuno più di me è felice quando può sdradicare l’ostetrica da
impegni quali i corsi sul “piacere” e la “contraccezione” per la donna e le
vendite di sex-toys che sminuiscono la professionalità e la figura della
professione ostetrica. Tuttavia vorrei muovere una serie di concrete
osservazioni: le ostetriche, oltre che di allattamento, non sanno quasi
nulla di Metodi Naturali per la Conoscenza della Fertilità: non vorrei
risultare ridondante, ma se dobbiamo implementare un gesto naturale come
l’allattamento - che implica, l’opuscolo ministeriale lo sottolinea spesso,
l’informazione e la competenza della donna - , perché non implementare anche
il fatto che le donne non possano conoscere anche come funziona il loro corpo,
prima che questo sia gravido o abbia già sgravato? La conoscenza di come
funziona tutto il ciclo ovarico non può che abituare la donna al rispetto verso
sé stessa e alla pretesa che gli operatori - come dice l’opuscolo medesimo -
siano di sostegno alla sua competenza. Le ostetriche, a parte il suggerimento
di usare il preservativo e richiedere la prescrizione della pillola
anticoncezionale, non sanno dire altro, nei consultori. Sarebbe estremamente
più professionale, in concomitanza con l’insegnamento dei Metodi Naturali, che
la (giovane) donna sia informata che quando ella ha rapporti sessuali con una
persona, è come se avesse rapporti con tutte le persone con la quale quella
persona li ha avuti, il che non fa né bene alla salute fisica (trasmissione
di infezioni e malattie sessualmente trasmesse che spesso riducono
drasticamente la fertilità), né a quella mentale (sappiamo quanto sia
fondamentale la relazione che intercorre tra sessualità e affettività).
Un’ostetrica
“di famiglia e di comunità” deve saperlo. Le ostetriche devono applicare la
legge 194, specialmente quando si dice che l'aborto non è un mezzo di controllo
delle nascite e le donne bisogna aiutarle a non abortire: credo sia interesse
di tutti. Anche perchè non nascono più bambini, per cui se l'
"ostetrica di famiglia e di comunità" (vogliamo dire tutte le
ostetriche??), non collaborerà un po' di più per evitare almeno gli aborti
effettuati per leggerezza, ci saranno sempre meno famiglie da sostenere, quasi
nessuna mamma da assistere al parto, zero mamme che allatteranno al seno e
l'intera comunità crollerà (evito di spargere il panico affermando che la
comunità sta già crollando da un pezzo).
Continuiamo con l'articolo: l'agenda
2019-2022 del Tas (Tavolo
Tecnico Operativo Interdisciplinare per la Promozione dell’Allattamento al
Seno) prevede i seguenti punti. In corsivo le mie osservazioni:
1.Monitorare i tassi di allattamento
(proposta del TAS in attesa di trasmissione alla Conferenza Stato-Regioni).
Nessuno
è più certo di me che l'allattamento materno vada monitorato e implementato.
Ricordo che una donna che riceve empowerment durante la gravidanza (e non tutte
le ostetriche sanno costruire un empowerment di successo, per una donna),
tuttavia, non riesce completamente a metterlo in pratica se non è sua abitudine
informarsi per diventare autonoma e libera di compiere scelte informate
corrette per sé e la propria famiglia: viceversa, una donna giovane che sin
dalle scuole (punto 4) è informata del fatto che l'allattamento sia un
proseguimento naturale della gravidanza, che conosce il proprio ciclo uterino e
che è spinta a comprendere le meravigliose differenze tra maschile e femminile
(gli uomini non mestruano né allattano, quindi la natura esclude una "parità" di genere
se per "parità" intendiamo "uguaglianza" e
"azzeramento delle differenze") e il rispetto che si deve a tutte le
fasi di vita di una donna (pubertà, adolescenza, maturità, gravidanza,
puerperio, maternità, menopausa), sarà portata spontaeamente non solo a
conoscere se stessa e a rispettarsi, ma pure a rispettare il proprio bambino
(credo che questo punto valga la pena approfondirlo per chiarire subito un
concetto: chi decide del corpo della donna e della dimensione della sua
sessualità, possiede un potere enorme che spesso è sfruttato malamente da parte
di chi auspica che la libertà della donna sia solo l'aborto e non la maternità).
2.Dare enfasi e peso a livello nazionale e regionale
alle attività di promozione dell’allattamento nell’ambito del Percorso Nascita
(rappresentante TAS nel CPN) mediante:
-
inserimento di un rappresentante del TAS nel Comitato percorso Nascita
nazionale (CPNn);
- inserimento a livello delle singole Regioni
del referente regionale per l'allattamento nei Comitati regionali del Percorso
Nascita.
Non occorre nessun rappresentante del TAS: occorre che
tutte le donne che partoriscono siano dimesse solo quando l'allattamento è
avviato e ogni problema superato (talvolta bastano cinque giorni al posto di
due) e che poi siano monitorate a casa da un operatore con formazione IBCLC. Occorre che ogni ostetrica e pediatra che
disinforma le donne venga segnalato attraverso una specifica monitorizzazione
delle percentuali di donne che allattano alla dimissione e durante i primi sei
mesi di vita del bambino. Gli operatori/ospedali/consultori che risultassero
non possedere una percentuale decente di allattamenti al sesto mese di vita,
verrebbero formati da personale qualificato.
3.Individuare a livello degli Assessorati regionali
specifici obiettivi sull'allattamento per i policy makers, in
particolare per i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie.
L'allattamento fa risparmiare le Aziende Sanitarie:
promuovere con apposite modalità locali il naturale gesto, fornire un
abulatorio dedicato h24 in ogni Comune, basterebbe ad aumentare drasticamente
le percentuali di allattamento.
4.Promuovere un’educazione scolastica, che includa la
lattazione umana.
Quando mi sono trovata di fronte alle scolaresche di
ogni età per parlare di sessualità e affettività, ho incluso anatomia e
fisiologia della donna con anche le mammelle e l'allattamento: i risultati sono
stati strepitosi. La stragrande maggioranza delle ragazzine/ragazze e molti
maschi, hanno riconosciuto (anche per ricordarselo di quando lo facevano
loro o di averlo visto fare ai fratelli) quanto l'allattamento sia
fondamentale per il bambino e quanto, per questo, la donna sia da rispettare.
Non occorrono tanti giri di parole. Se il pene porta la vita e l'utero accoglie
la vita, le mammelle nutrono la vita. Ѐ tutto più semplice di quello che
sembra. Con l'aggiunta di qualche nozione sugli ormoni con un occhio di favore
all'ossitocina (rilascio durante l'amore tra due persone e tra mamma e
bambino), un paio d'indicazioni al muco vaginale e alla bellezza del rispetto
delle differenze, il gioco è fatto. Ovviamente andrebbe eliminata la
pornografia e punito ogni atto di bullismo e cyber bullismo.
Tasto dolente. La formazione è fondamentale, ma tutti
gli operatori che possiedono più di quindici anni di professione, non sanno
nulla sull'allattamento e non sono stati obbligati ad aggiornarsi. Una ricerca
territoriale sulle percentuali di donne che allattano e un'obbligata formazione
aggiuntiva, dovrebbe essere riservata ai medici del passato, oltre che ai nuovi
medici. Se dipendesse da me, tutti gli operatori dovrebbero dimostrare una
formazione come IBCLC e certificarla ogni due anni.
6.Ottimizzare le risorse pubbliche per la formazione
degli operatori sanitari
Si veda il mio commento precedente.
7.Riconoscere a livello istituzionale lo status di
Amico del Bambino (UNICEF)
Sono poco propensa al riconoscimento dei titoli
dell'UNICEF dato che questo implementa pianificazioni familiari dediti
all'aborto e alla contraccezione. Trovo che sia ingannevole che un ente
come l'UNICEF riconosca o meno come lavora un'Azienda sanitaria perchè tutte le
aziende sanitarie non interessate al fatto di essere riconosciute come
"Amiche dei bambini", potrebbero infischiarsene della formazione e
dell'implementazione dell'allattamento. Ci vogliono degli standard di base: se
le donne subiscono troppi tagli cesarei, non hanno parti naturali (parti
vaginali senza farmaci) in percentuale decente, non allattano bene i propri
bambini fino al sesto mese di vita, un reparto di ostetricia deve chiudere sino
a che i suoi standard non vengono riformati. Le statistiche sulle percentuali
precedenti si recuperano facilmente, se un'azienda non vuole chiudere,
aggiornerà i propri dipendenti.
8.Informare la popolazione sull’allattamento
attraverso i mass media con modalità prive di ambiguità e di retorica,
condizionate il meno possibile dai conflitti di interesse e dall’esperienza
personale, incoraggianti l’allattamento nei luoghi pubblici (pubblici esercizi,
musei, ecc...) e incoraggianti l’allattamento di lunga durata (negli asili
nido, ecc...).
Si vietano le pubblicità dei sostituti del latte
materno. Le farmacie non mostrano biberon, tettarelle, ciucci, formule lattee,
omogenizzati sotto il 6° mese di vita. Si fanno pubblicità progresso sia mezzo
stampa, sia televisive. Si promuove l'allattamento con ogni mezzo da parte di
persone normali e famose. E si dedicano appositi spazi per allattare in ogni
esercizio pubblico (basta la possibilità di stare in disparte e in
tranquillità). Faccio notare che promuovere l'allattamento significa
inesorabilmente promuovere la maternità e la paternità (la famiglia). Chi
studia marketing conosce bene come si potrebbero unire le due cose con spot non
capziosi o ridondanti.
L'allattamento va implementato aumentando sino ai 18
mesi il congedo per maternità e formando le educatrici in tal senso.
Ricordo che tutti coloro che sono nati prima degli
anni '90, spesso non sono stati allattati e, per tale motivo, non sono
pronti a comprenderne il significato fondamentale per la salute infantile.
Anche le educatrici spesso non hanno allattato o non hanno mai visto allattare,
quindi non sanno nulla sull'argomento. La loro formazione dovrebbe essere al
pari di quella delle IBCLC.
9.Ridurre l’impatto della comunicazione commerciale
sull’allattamento in ambito sociale ed economico, contrastando informazioni,
atteggiamenti e pratiche che possano scoraggiarlo e/o contrastarlo.
Aggiugo che sarebbe per tutti meglio diffidare di
tutti quegli operatori sanitari (spesso psicologi e altro) che antepongono il
diritto della donna su quello del bambino e su quello del padre (figura spesso
assente da ogni tipo di discussione). Sia per quanto riguarda
l'allattamento e le scelte della donna può compiere nell'allevamento dei propri
figli, sia per quanto riguarda il concepimento del bambino.
La donna e l'uomo sono compartecipi entrambi del
concepimento del loro figlio: aver espropriato l'uomo della facoltà essere
responsabile del concepimento del figlio attraverso solo la pubblicizzazione
dell'uso del preservativo, lo ha fatto diventare un eterno irresponsabile. Irresponsabilità
che è terrificante quando è causa di una gravidanza non desiderata
(evidentemente sono molti gli uomini che pensano che le cicogne portino i
bambini e che basti sparare a queste, per evitarsi problemi inutili) e
soprattutto quando tale irresponsabilità diviene imposizione diretta o
indiretta all'aborto (che è il peggior atto di misoginia che si possa
immaginare con le mutilazioni genitali femminili e lo stupro). Rendere
compartecipe l'uomo della procreazione e responsabilizzarlo verso il
concepimento (attraverso i metodi naturali, ad esempio), porterebbe la parte
maschile della società a ineteressarsi in modo più acuto anche nei confronti
del bambino.
La donna, parimenti responsabile del concepimento,
della gravidanza e della crescita del bambino, dev'essere aiutata a comprendere
che la propria libertà non può invadere quella del bambino in qulsiasi momento. Il diritto del bambino ad essere
allattato è inviolabile.
L'articolo di Lucina termina qui.
Io però vorrei chiosare con una nota di estrema
chiarezza.
Affermare che l'allattamento è un diritto del bambino
e non della madre, porta, come ho già spiegato, a riconciliare la cultura al bambino. Viviamo in una società adultocentrica dove gli
adulti decidono sui tutti e dove i bambini sono in funzione della felicità del
mondo adulto.
Mettere al centro il bambino significa strappare quel
velo di ipocrisia che aleggia in tanti comunicati a favore dei bambini, che poi
invece risultano essere estremamente adulto-centrici. Come afferma lo slogan
"love is love" che giustifica ogni gesto che l'essere umano può
compiere nei confronti del prossimo con la scusa dell'amore, il bambino ha solo
bisogno di essere amato. Peccato che non sia così. L'amore non è un
sentimento che basta per giustificare scelte e gesti. C'è anche chi uccide,
per amore. E affermare che allattare è un gesto d'amore, se una volta era una
verità ontologica, adesso lo è parzialmente. Perchè l'amore pare sempre
andare nel verso della felicità dell'adulto, ma poco verso quella del bambino.
Anche se il bambino è psicologicamente duttile. Anche se il bambino è felice. Poi cresce, e
con l'adolescenza si fanno i conti. E per tanti adolescenti l'essere stati
amati non basta. Anzi, non interessa proprio (come sanno i genitori di bambini
adottati anche fin da piccolissimi).
I bambini devono essere rispettati. Possiedono dei
diritti. E uno di questi, il più importante, è la vita. Se sono stati concepiti hanno il
diritto di essere messi al mondo. Se vengono al mondo, hanno il diritto di
essere allattati e di stare con la mamma: colei che li ha nutrito durante la
gestazione, li ha messi al mondo e li ha toccati dopo che sono nati.
Chi promuove l'allattamento, inoltre, ha l'onere di
affermare che l'utero in affitto è un abominio, uno sfruttamento, una
compravendita di persone per la felicità altrui. Chi promuove l'allattamento
deve mettere al centro il bambino. Chi mette al centro il bambino, esclude che
possa essere venduto.
Sbrighiamoci a mettere al centro il bambino.
Presto sarà tardi.
Aggiornamento del 24 luglio 2019: articolo raccapricciante ci avverte che promuore l'allattamento non è etico per varie e ideologiche ragioni.. Attenzione, lo ribadisco: il bambino al centro. Questo il testo del mio post su fb:
Aggiornamento del 24 luglio 2019: articolo raccapricciante ci avverte che promuore l'allattamento non è etico per varie e ideologiche ragioni.. Attenzione, lo ribadisco: il bambino al centro. Questo il testo del mio post su fb:
Rischiamo di essere puniti se promuoviamo l'allattamento? Probabilmente sì.
“Associare la natura alla maternità - si legge - può inavvertitamente sostenere argomentazioni biologicamente deterministiche sul ruolo degli uomini e delle donne nella famiglia (per esempio, che dovrebbero essere principalmente le donne a prendersi cura dei bambini)".“Fare riferimento al ‘naturale’ nella promozione dell’allattamento al seno può inavvertitamente sostenere una serie di valori sulla vita familiare e sui ruoli di genere, che sarebbero inappropriati"
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