C'è un solo modo per sostenere la donna. Pare.
C'è un solo modo per essere pro-donna. Pare.
Immagini diffuse anche da pagine di ostetriche |
Lo pensavo anche io. L'ho pensato e sostenuto per diverso tempo, finché non ho toccato con mano. Ho scelto di fare l'ostetrica perché era mio preciso obiettivo sostenere le donne nella maternità (in primis) e la femminilità (in secundis). Ovvero, avrei tanto voluto stare al loro fianco, aiutarle, far scoprire loro il privilegio di essere donne. Quando mi sono laureata, dopo un percorso di studi costellato di cattiveria al femminile da "premio mondiale per la perfidia" soprattutto verso le donne (ricordo con chiarezza: un'ostetrica che promise alla specializzanda in ginecologia di effettuare episiotomie sulle partorienti di modo tale ch'ella potesse esercitarsi a ricucire i perinei; la giovane ginecologa che guardava schifata un bambino di cinque mesi appena abortito perché malformato; le ostetriche che dileggiavano la lingua e gli atteggiamenti della giovane coppia cinese che attendeva di partorire il proprio bambino morto; l'ostetrica e la ginecologa che, riferendosi alla donna di colore in travaglio, la definivano "la mignotta"), ho cominciato a fare i conti con la famosa e ultracitata solidarietà femminile o sorellanza.
Mi ci sono voluti anni di scontri e di pesanti vicende moralmente e psicologicamente pesanti per capire una cosa: tra donne non vi è un grammo di solidarietà. Ma non perché le donne sono perfide in modo particolare: il fatto è che si è voluto a tutti i costi dare alle donne un potere di bontà che non possiedono. Le donne non sono più buone degli uomini. Le donne, molto semplicemente, sono umane. E gli esseri umani sono cattivi se non mossi da Bontà. E che cos'è la Bontà? Pensavo di aver capito che essere 'buoni' con le donne significa ascoltarle senza giudicare, aiutarle a maturare le loro scelte, combattere per loro (ovvero per i loro 'diritti', termine che - l'ho capito col tempo - è usato malissimo e spesso fuori luogo *a). Sì, certo, dette così, queste sono le versioni più dolci e zuccherose. In realtà, tuttavia, quando un'ostetrica assistette a un parto in casa in un paesino vicino a casa mia, senza un grammo di sicurezza, e il bimbo morì dopo qualche giorno di agonia, capii che le ostetriche, come tutte le Grandi Madri (spiegherò dopo il significato di tale termine), non vogliono il bene della donna, ma il loro: desiderano la loro soddisfazione personale (ricordo che l'ostetrica non dice "Io faccio l'ostetrica", ma dice "Io sono ostetrica", che è una bella differenza). Venne infatti fuori che la donna aveva partorito a casa perché terrorizzata -dall'ostetrica e in modo oculato- nei confronti del parto in ospedale. Fu lì che io capii che c'era qualcosa che non andava.
La Bontà, quella vera, può solo essere quella mossa da un solo obiettivo, il Bene della persona umana. Per parlare di Bene e di Grande Madre, però, bisogna pazientare un po': debbo prima sviluppare altri concetti.
Certo, io sono stata CTP (consulente tecnico di parte) e ho portato in tribunale la cosiddetta terrificante "violenza ostetrica" (che descrive azioni consapevolmente ascentifiche agite sulla donna e sul figlio di lei durante il parto e il post parto), per cui non mi stupivo quando, a decine, mi arrivavano le cartelle cliniche di donne che durante la nascita dei loro figli avevano subìto trattamenti che definire aberranti è un complimento, ma quello che ho sempre cercato di fare, mantenendo quel po' di passione nei confronti della pedagogia e la mia innata modalità di tentare di vedere le cose sempre da diversi punti vista, è stato capire non solo come abbattere il fenomeno "violenza ostetrica" (che sembra essere un fenomeno senza radici se non il patriarcato), ma come educare le donne a non delegare la loro salute agli operatori sanitari. Sì perché è la temibile delega al medico (ginecologo prima, pediatra poi) che ha portato le donne a rinunciare di decidere sul loro corpo e, ovviamente, quando poi l'operatore - che non è Dio in terra - compie errori macro e microscopici, la denuncia o la citazione in giudizio sono scontati (e spesso una perdita di tempo poiché una nascita di un figlio non potrà ripetersi). Io ho sempre detto: «Ma diamine, donne, assumetevi la vostra responsabilità, non delegate, perché dopo denunciare non vi porta a quasi nulla!».
Mi ci sono voluti anni di scontri e di pesanti vicende moralmente e psicologicamente pesanti per capire una cosa: tra donne non vi è un grammo di solidarietà. Ma non perché le donne sono perfide in modo particolare: il fatto è che si è voluto a tutti i costi dare alle donne un potere di bontà che non possiedono. Le donne non sono più buone degli uomini. Le donne, molto semplicemente, sono umane. E gli esseri umani sono cattivi se non mossi da Bontà. E che cos'è la Bontà? Pensavo di aver capito che essere 'buoni' con le donne significa ascoltarle senza giudicare, aiutarle a maturare le loro scelte, combattere per loro (ovvero per i loro 'diritti', termine che - l'ho capito col tempo - è usato malissimo e spesso fuori luogo *a). Sì, certo, dette così, queste sono le versioni più dolci e zuccherose. In realtà, tuttavia, quando un'ostetrica assistette a un parto in casa in un paesino vicino a casa mia, senza un grammo di sicurezza, e il bimbo morì dopo qualche giorno di agonia, capii che le ostetriche, come tutte le Grandi Madri (spiegherò dopo il significato di tale termine), non vogliono il bene della donna, ma il loro: desiderano la loro soddisfazione personale (ricordo che l'ostetrica non dice "Io faccio l'ostetrica", ma dice "Io sono ostetrica", che è una bella differenza). Venne infatti fuori che la donna aveva partorito a casa perché terrorizzata -dall'ostetrica e in modo oculato- nei confronti del parto in ospedale. Fu lì che io capii che c'era qualcosa che non andava.
La Bontà, quella vera, può solo essere quella mossa da un solo obiettivo, il Bene della persona umana. Per parlare di Bene e di Grande Madre, però, bisogna pazientare un po': debbo prima sviluppare altri concetti.
Certo, io sono stata CTP (consulente tecnico di parte) e ho portato in tribunale la cosiddetta terrificante "violenza ostetrica" (che descrive azioni consapevolmente ascentifiche agite sulla donna e sul figlio di lei durante il parto e il post parto), per cui non mi stupivo quando, a decine, mi arrivavano le cartelle cliniche di donne che durante la nascita dei loro figli avevano subìto trattamenti che definire aberranti è un complimento, ma quello che ho sempre cercato di fare, mantenendo quel po' di passione nei confronti della pedagogia e la mia innata modalità di tentare di vedere le cose sempre da diversi punti vista, è stato capire non solo come abbattere il fenomeno "violenza ostetrica" (che sembra essere un fenomeno senza radici se non il patriarcato), ma come educare le donne a non delegare la loro salute agli operatori sanitari. Sì perché è la temibile delega al medico (ginecologo prima, pediatra poi) che ha portato le donne a rinunciare di decidere sul loro corpo e, ovviamente, quando poi l'operatore - che non è Dio in terra - compie errori macro e microscopici, la denuncia o la citazione in giudizio sono scontati (e spesso una perdita di tempo poiché una nascita di un figlio non potrà ripetersi). Io ho sempre detto: «Ma diamine, donne, assumetevi la vostra responsabilità, non delegate, perché dopo denunciare non vi porta a quasi nulla!».
Quando ho imparato questo concetto, ero ostetrica da più di otto anni e avevo avuto numerose prove del fatto che la stragrande maggioranza delle donne è volutamente ignorante (*b) e che moltissime ostetriche, se pur in modo talvolta inconsapevole e mosse da buoni sentimenti, le giostrano come marionette usando alcune armi mostruosamente diffuse. Una di queste armi, amata e sfruttata costantemente e in modo del tutto grossolano, è il non-giudizio, ovvero il fatto nessuna delle azioni compiute dalla donna, vada giudicata male (*c). Certo, nel mio essere certamente una cattolica lacunosa, so che il «Non giudicare» di Cristo è fondamentale, ma proprio perché sono cattolica, so bene quanto questa frase (Matteo 7, 1-5) venga strumentalizzata a dovere da chi, in realtà, vorrebbe che l'essere umano, fallace e ridotto spesso a essere privo di morale, fosse libero di agire come vuole senza assumersi neppure un grammo di responsabilità delle proprie azioni.
A riprova di ciò, varie operatrici (ginecologhe e ostetriche, ma anche consulenti - allattamento, portare in fascia per lo più - doule, assistenti alla madre eccetera) che ruotano intorno alla nascita e 'becchettano' dal mondo della maternità sia per lavoro, sia per passione (di maternità tutti parlano e tutti s'intendono, divulgando opinioni e modi di interpretarla senza un grammo di... giudizio), hanno inventato il fatto che ogni azione della donna non debba mai, mai, assolutamente mai essere giudicata e che la donna stessa, nel momento in cui magari venga coinvolta in discussioni che possono mettere a repentaglio la certezza di aver preso la decisione giusta (ovvero quella mossa da emozioni - paura, desiderio - spesso momentanee e fugaci, sostenute talvolta da ideologie), sia libera di difendersi attribuendo ad altre persone che portano avanti altre opinioni contrastanti le proprie, il proprio senso colpa. Se c'è una donna, per esempio, che ha smesso di allattare nonostante si sa che l'allattamento dipende moltissimo dalla consapevolezza e dalla propria intenzione, ella attribuisce al mal giudizio altrui verso di lei, il proprio senso di colpa (quando basterebbe ammettere - lo dico da donna che non ha allattato - che non ci si è voluti impegnare a reperire professionisti adeguati e fonti d'informazione aggiornate); la donna che ha abortito accusa di moralismo e cattiveria chi cerca di sensibilizzare contro la soppressione di essere umano (le ostetriche favorevoli al "diritto all'aborto" - che non esiste da nessuna parte - non è un caso che affermino sempre che chi è contro l'aborto è cattivo con le donne, dimostrando fortissima miopia).
"Senso di colpa": un termine molto interessante perché usato alla rinfusa e spesso in modo del tutto confusionario. La causa che si adduca ogni tipo di sofferenza il famigerato "senso di colpa" indotto da commenti o considerazioni altrui, è dettato talvolta dal fatto che ogni tipo di operatore sanitario, nello specifico spesso pure le ostetriche, si siano fatte psicologhe laddove non lo sono (nota a margine: in vent'anni che bazzico psicologi/psicologhe, posso affermare con certezza che la professionalità di costoro è rarissima: per tale motivo preferisco - se pur con cautela - suggerire psichiatri o team multidisciplinari). Accusare il mondo esterno di far sentire in colpa una persona, è un modo molto semplice e veloce per ridurre la persona a un essere senza intelligenza che può essere manipolato. È qui che nascono diversi slogan che hanno depauperato e svuotato il "vero" senso di colpa (quello diagnosticato da specialisti dopo anni di psicoterapia professionale) di significato: basta recarsi virtualmente su ogni tipo di social network o forum, per incappare in commenti di chi, a una vera sofferenza umana raccontata da qualcuno, adduce la situazione al famigerato senso di colpa indotto da giudizio (spesso morale, quindi cattolico). Va da sé che il "senso di colpa" sia un male da debellare, da rimuovere assieme al giudizio (ricordo una psicologa - che scrive in favore dei bisogni dei bambini, ma è a favore dell'aborto - che, alla frase di Papa Francesco sul fatto che abortire sia come affittare un sicario, commentò dicendo che un uomo, capo di una religione maschilista, non poteva permettersi di far sentire in colpa tante donne che soffrono perché hanno scelto di abortire (*d), giudicandole male).
A riprova di ciò, varie operatrici (ginecologhe e ostetriche, ma anche consulenti - allattamento, portare in fascia per lo più - doule, assistenti alla madre eccetera) che ruotano intorno alla nascita e 'becchettano' dal mondo della maternità sia per lavoro, sia per passione (di maternità tutti parlano e tutti s'intendono, divulgando opinioni e modi di interpretarla senza un grammo di... giudizio), hanno inventato il fatto che ogni azione della donna non debba mai, mai, assolutamente mai essere giudicata e che la donna stessa, nel momento in cui magari venga coinvolta in discussioni che possono mettere a repentaglio la certezza di aver preso la decisione giusta (ovvero quella mossa da emozioni - paura, desiderio - spesso momentanee e fugaci, sostenute talvolta da ideologie), sia libera di difendersi attribuendo ad altre persone che portano avanti altre opinioni contrastanti le proprie, il proprio senso colpa. Se c'è una donna, per esempio, che ha smesso di allattare nonostante si sa che l'allattamento dipende moltissimo dalla consapevolezza e dalla propria intenzione, ella attribuisce al mal giudizio altrui verso di lei, il proprio senso di colpa (quando basterebbe ammettere - lo dico da donna che non ha allattato - che non ci si è voluti impegnare a reperire professionisti adeguati e fonti d'informazione aggiornate); la donna che ha abortito accusa di moralismo e cattiveria chi cerca di sensibilizzare contro la soppressione di essere umano (le ostetriche favorevoli al "diritto all'aborto" - che non esiste da nessuna parte - non è un caso che affermino sempre che chi è contro l'aborto è cattivo con le donne, dimostrando fortissima miopia).
"Senso di colpa": un termine molto interessante perché usato alla rinfusa e spesso in modo del tutto confusionario. La causa che si adduca ogni tipo di sofferenza il famigerato "senso di colpa" indotto da commenti o considerazioni altrui, è dettato talvolta dal fatto che ogni tipo di operatore sanitario, nello specifico spesso pure le ostetriche, si siano fatte psicologhe laddove non lo sono (nota a margine: in vent'anni che bazzico psicologi/psicologhe, posso affermare con certezza che la professionalità di costoro è rarissima: per tale motivo preferisco - se pur con cautela - suggerire psichiatri o team multidisciplinari). Accusare il mondo esterno di far sentire in colpa una persona, è un modo molto semplice e veloce per ridurre la persona a un essere senza intelligenza che può essere manipolato. È qui che nascono diversi slogan che hanno depauperato e svuotato il "vero" senso di colpa (quello diagnosticato da specialisti dopo anni di psicoterapia professionale) di significato: basta recarsi virtualmente su ogni tipo di social network o forum, per incappare in commenti di chi, a una vera sofferenza umana raccontata da qualcuno, adduce la situazione al famigerato senso di colpa indotto da giudizio (spesso morale, quindi cattolico). Va da sé che il "senso di colpa" sia un male da debellare, da rimuovere assieme al giudizio (ricordo una psicologa - che scrive in favore dei bisogni dei bambini, ma è a favore dell'aborto - che, alla frase di Papa Francesco sul fatto che abortire sia come affittare un sicario, commentò dicendo che un uomo, capo di una religione maschilista, non poteva permettersi di far sentire in colpa tante donne che soffrono perché hanno scelto di abortire (*d), giudicandole male).
Il fatto è che il "senso di colpa", in individui sani, sarebbe un bene da recuperare. In un bellissimo articolo del professor Cantelmi, leggiamo:
Ha ragione Massimo Recalcati. Senza un recupero del “senso di colpa” (già, proprio di quel senso di colpa, tanto vituperato e poi seppellito, negli ultimi decenni, con esasperato accanimento, dall’esaltazione narcisistica dell’autogiustificazione, dell’indulgenza estrema con se stessi, dell’autoassoluzione senza se e senza ma e della deresponsabilizzazione dei comportamenti), ebbene senza il senso di colpa non c’è “legge” che possa iscriversi nel cuore dell’uomo, non c’è argine all’oltraggio e non c’è contenimento all’attitudine predatoria nei rapporti umani.E invece, soprattutto nel mix pseudofemminista nel quale le ostetriche si sono consapevolmente fatte coinvolgere, il non giudizio è un atto di alleggerimento delle scelte spesso similconsapevoli delle donne (attenzione: ho scritto similconsapevoli poiché le donne credono di essere edotte, ma spesso sono 'vittime' delle ideologie delle operatrici): giudicare l'azione di una donna e farla sentire in colpa è, per tale motivo, perfidia umana. Un esempio per tutto sta nella frase, acclamata e 'piaciata' tantissimo - anche da psicologhe psicoterapeute - , che una ginecologa ha scritto su facebbok poco tempo fa (medesima ginecologa protagonista di questo dialogo virtuale nel quale è stata contrassegnata con XXX e dove mette in luce tutta una serie di opinioni che non possiedono basi scientifiche, ma solo ideologiche):
Oggi pagata pillola del giorno dopo a minore in difficoltà.....in cambio della promessa di non diventare adulte giudicanti e di ricordarsi che le adolescenti hanno bisogno di aiuto e sostegno non di giudizi...
Cosa ci dice, questa frase? Ma è chiaro: sorvolando sul fatto che la minore ha avuto rapporti sessuali in modo coscienzioso (ovvero con - ipotetica - coscienza) e che, quindi, sarebbe dovuta essere responsabile dell'esito di questi, la dottoressa solleva la ragazzina da ogni incombenza morale (che le servirebbe per maturare, accrescere il senso critico verso di sé e le proprie azioni, comprendere i propri limiti e diventare donna) e la proietta in un mondo fatto di zucchero filato dove le donne debbono essere private di ogni tipo di sofferenza e problematicità. La minore in difficoltà è, di fatto, lasciata in difficoltà, poiché darle la pillola del giorno dopo con il ricatto morale di non diventare adulte giudicanti (il che ha numerosi significati che, per una minore, vogliono per lo più dire che tutte le persone debbono essere lasciate libere di fare ciò che vogliono senza avere ripercussioni di ogni genere da parte del mondo adulto - spesso, ma purtroppo non sempre rappresentato dai genitori - ) e insegnandole (ovvero sia imprimendo nella sua mente, considerata tabula rasa e quindi facile da manipolare) che le adolescenti - come lei, attualmente, - hanno bisogno di aiuto, sostegno e non di giudizi, vuole dire che 'fornire aiuto' significa appoggiare incondizionatamente ogni scelta effettuata senza far riflettere la persona; 'sostenere' è un modo per creare un legame psicologico quasi di dipendenza con chi ha fornito aiuto; 'non fornire giudizi' dovrebbe essere una modalità utilizzata in modo professionale in un setting ad hoc tra professionista e paziente, e invece diviene un modo per far sì che la persona - la paziente - muova verso di sé "un'autogiustificazione e un'indulgenza estrema" - come scrive Cantelmi - libertario e presupponente ogni tipo di azione priva di coscienziosità. Il fatto di acquistare un farmaco per una minore, vuole dire che la dottoressa si è autoeletta genitrice sostitutiva della medesima (azione che luna buona parte di ostetriche compie più o meno consapevolmente in tantissime occasioni, inserendosi in relazioni madri-figlie (*e) e, di fatto, rompendole invece che favorirle) andando, di fatto, a guastare delicati equilibri che avrebbero necessità di essere aiutati e sostenuti in modo professionale e completo da chi, di mestiere, si occupa di questo.
Ecco la definizione che mi piace fornire di Grande Madre: per dirla utilizzando le parole di Franco Nembrini, la Grande Madre è colei che, sentendo la pericolosità del mondo che circonda i figli e tendendo a proteggerli, finisce per eccedere in questa iperprotezione e non aiuta i figli, di fatto, a diventare grandi. Questo avviene perché c'è poca paternità: il padre, il maschile dell'educazione, è quello che "lancia" i figli nel mondo e lascia costoro assumersi responsabilità, ma non essendoci più la figura del padre (non è un caso che ogni volta che si sente parlare di paternità da una certa parte di donne, si confonda l'autorità e l'autorevolezza del padre, con il paternalismo: Roberto Marchesini ne parla moltissimo), le Grandi Madri possono agire indisturbate. I figli, privati di responsabilità e ingabbiati nelle tele materne, rimangono piccoli anche perché temono sempre l'opinione materna, temono di confrontarsi con le frustrazioni, temono la fatica e il dolore, percependo il loro fallimento come loro colpa nei confronti della madre. A riprova di questo e della non professionalità di tante operatrici che sono a contatto con le donne, mi sono sempre resa conto di come le donne instaurino con costoro una sudditanza, un legame, una relazione di dipendenza che teme, di fatto, di deludere l'operatrice stessa (sono incappata anche io, come ostetrica, in questo meccanismo, fuggendolo sempre). La ginecologa che ricatta affettivamente la minorenne acquistandole la pillola del giorno dopo, ma esigendo una promessa, "blocca" la ragazzina nella sua libertà, ingabbiandola in quella relazione. Relazione che quella ginecologa (se si leggono i commenti nell'articolo nel quale si parla di lei come XXX) tende ad avere con tutte le donne, come affermano le ostetriche che la difendono a spada tratta. Relazione, per esempio, che non intraprende mai Flora Gualdani, che accoglie la donna (qualsiasi scelta ella abbia compiuto) ma con sincero moto di verità, non mente sull'errore compiuto dalla donna, dandole vero supporto materno e non matriarcale - per così dire - : in realtà la donna sa di aver sbagliato, ma se incontra chi la tratta come un'adolescente e le suggerisce di non sentirsi in colpa, si convince che chi giudica i suoi errori - non direttamente lei, ma il gesto compiuto - sia cattivo.
Possediamo un'altra prova "pubblica" di tale presupposto, analizzando anche solo un minuscolo frammento di un dialogo virtuale tra donne, nel quale l'oggetto del contendere, per così dire, è l'aborto e il fatto che l'educazione sessuale, effettuata senza morale ma solo con pesanti tratti di genitalità, sia inutile e dannosa per alcune madri e invece sia necessaria, per l'operatrice. Chi mi ha fornito lo screenshot di tale dialogo, mi assicura che chi scrive è un'ostetrica:
Ecco la definizione che mi piace fornire di Grande Madre: per dirla utilizzando le parole di Franco Nembrini, la Grande Madre è colei che, sentendo la pericolosità del mondo che circonda i figli e tendendo a proteggerli, finisce per eccedere in questa iperprotezione e non aiuta i figli, di fatto, a diventare grandi. Questo avviene perché c'è poca paternità: il padre, il maschile dell'educazione, è quello che "lancia" i figli nel mondo e lascia costoro assumersi responsabilità, ma non essendoci più la figura del padre (non è un caso che ogni volta che si sente parlare di paternità da una certa parte di donne, si confonda l'autorità e l'autorevolezza del padre, con il paternalismo: Roberto Marchesini ne parla moltissimo), le Grandi Madri possono agire indisturbate. I figli, privati di responsabilità e ingabbiati nelle tele materne, rimangono piccoli anche perché temono sempre l'opinione materna, temono di confrontarsi con le frustrazioni, temono la fatica e il dolore, percependo il loro fallimento come loro colpa nei confronti della madre. A riprova di questo e della non professionalità di tante operatrici che sono a contatto con le donne, mi sono sempre resa conto di come le donne instaurino con costoro una sudditanza, un legame, una relazione di dipendenza che teme, di fatto, di deludere l'operatrice stessa (sono incappata anche io, come ostetrica, in questo meccanismo, fuggendolo sempre). La ginecologa che ricatta affettivamente la minorenne acquistandole la pillola del giorno dopo, ma esigendo una promessa, "blocca" la ragazzina nella sua libertà, ingabbiandola in quella relazione. Relazione che quella ginecologa (se si leggono i commenti nell'articolo nel quale si parla di lei come XXX) tende ad avere con tutte le donne, come affermano le ostetriche che la difendono a spada tratta. Relazione, per esempio, che non intraprende mai Flora Gualdani, che accoglie la donna (qualsiasi scelta ella abbia compiuto) ma con sincero moto di verità, non mente sull'errore compiuto dalla donna, dandole vero supporto materno e non matriarcale - per così dire - : in realtà la donna sa di aver sbagliato, ma se incontra chi la tratta come un'adolescente e le suggerisce di non sentirsi in colpa, si convince che chi giudica i suoi errori - non direttamente lei, ma il gesto compiuto - sia cattivo.
Possediamo un'altra prova "pubblica" di tale presupposto, analizzando anche solo un minuscolo frammento di un dialogo virtuale tra donne, nel quale l'oggetto del contendere, per così dire, è l'aborto e il fatto che l'educazione sessuale, effettuata senza morale ma solo con pesanti tratti di genitalità, sia inutile e dannosa per alcune madri e invece sia necessaria, per l'operatrice. Chi mi ha fornito lo screenshot di tale dialogo, mi assicura che chi scrive è un'ostetrica:
Mentre voi fate propaganda (contro la "Cultura dello scarto", ndr), noi aiutiamo le vostre figlie minorenni ad abortire con provvedimento del giudice, in orario scolastico.
Eccolo qua, di nuovo, il taglio violento che costei si sente autorizzata a effettuare tra madri e figlie, come se lavorare a fianco alle donne ("Donne per le Donne" si autodefiniscono le ostetriche) significhi essere al di sopra e al di là di ogni ragionevole dubbio, qualcuno che può inserirsi nelle relazioni e agire indisturbato su donne anche minorenni. Eh sì, sorvolando sul fatto che l'argomento aborto sia usato in molti modi per portare avanti un'ideologia che sorvola con molta cura gli effetti e la vera radice del problema, la mentalità di chi si sente autorizzato a muoversi nel mondo femminile come qualcuno che, poiché in possesso di un riconoscimento ufficiale (laurea o corso per divenire figura con un ruolo) può agire indisturbato sulle donne e, per autoaffermazione, per le donne, è spesso quella di chi sente di essere dalla parte del giusto, del corretto, del bene. Si faccia caso, ad esempio, alle pagine facebook di tantissime giovani ostetriche che, dicono in modo consapevole ma in realtà causato dalle pochissime nascite e quindi dalla mancanza di posti di lavoro negli ospedali, hanno intrapreso la libera professione. Di solito sono tutte simili: esperte di allattamento e, di fatto, di pedagogia infantile (parlare di allattamento, di sonno infantile e di 'portare in fascia' significa usare un titolo di studio - quello di Ostetrica - in modo piuttosto ampio e del tutto spesso fuori da ogni profilo professionale), appassionate di perineo (con un occhio positivo alla masturbazione e all'uso di sex toys) e dell'uso della coppetta mestruale (che può portare a shock tossico come gli assorbenti interni, ma è ecologica) e spessissimo sessuologhe esperte anche in metodi anticoncezionali. In linea di massima sono quasi tutte apertamente a favore del diritto all'aborto: non è un caso che entrambi il leaflet le cui immagini ho proposto all'inizio, siano diffusissimi e sintomo di modernità e grande lungimiranza. Infatti, a tal proposito, si leggano due post di una giovane ostetrica:
Pillola del giorno dopo: NON OCCORRE ANDARE IN OSPEDALE! per ottenere una pillola del giorno basta essere maggiorenni e recarsi in farmacia per acquistarla. Ma questo succede da sempre! A maggior ragione non vi recate in ospedale per farvela prescrivere ora che siamo sotto covid. Se vi fanno storie, ditecelo.
Nei commenti, sempre a sostegno dello smercio del farmaco, sostengono - le ostetriche - sempre di essere in favore della donna che mai deve essere giudicata e che ha il diritto ad autodeterminarsi. Non è un caso che il giorno seguente, la medesima scriva:
Non capisco lo scalpore per un post sulla pillola del giorno dopo. La volete sapere la verità? Sono stara contattata da una donna che ha subito violenza e non sapeva come fare per reperire una pdg (pillola del giorno dopo, ndr).
Cerchiamo di guardare oltre il nostro naso.
Ho stentato molto a credere ai miei occhi: la violenza sessuale è un reato mostruoso che lascia un segno indelebile nell'animo della donna. Macchiarsi di un reato simile è aberrante e la pena dovrebbe essere altissima. Usare un episodio di questo genere per avvalorare la propria opinione, è pari solo a quella di usare lo stupro per giustificare l'aborto di un bambino indesiderato. Come si possa, con estrema leggerezza e senza mai far parlare le donne che hanno vissuto direttamente tali esperienze, strumentalizzare un evento terribile come lo stupro, è per me impensabile (per chi desidera capire di cosa si tratta effettivamente, è disponibile l'intervista ad una donna violentata e rimasta incinta).
Allora veniamo alla conclusione di questo post sulla Giornata Internazionale delle Ostetriche: essere donne per le donne è qualcosa di delicato che non è per niente da dare per scontato. Innanzi tutto non significa essere per le donne, a senso unico. Pare che sia normale, per l'ostetrica, promuovere anticoncezionali e aborto, denunciando (la pagina 'Obiezione Respinta' chiede che siano resi noti i nomi dei medici e dei farmacisti obiettori) chi opta liberamente per essere, oltre che "per le donne" a favore della vita del bambino. In sostanza si promuove il fatto che l'ostetrica possieda una sola opinione, verso la vita del bambino: ovvero che venga contrapposta a quella della donna, come se una fosse più importante dell'altra, come se la donna debba essere agevolata per compiere una scelta obbligata verso il suo bene. Che poi non è il suo vero bene, ma il bene dell'ideologia.
Il vero e assoluto Bene, sappiamo essere un altro. Il Bene della donna è quello di farla essere consapevole di se stessa, su se stessa, per se stessa, senza intromissioni di opinionismi di chi possiede un pensiero pregresso e monodimensionale sulle possibili scelte ch'ella può compiere (ovvero possedendo pregiudizi molto forti). Fornire a una minorenne una pillola del giorno dopo con ricatto affettivo; minacciare - quantunque virtualmente (quindi se lo si fa apertamente nel mondo virtuale, lo si attua pure in quello reale) - di far abortire delle minorenni di nascosto dalle madri; promuovere una genitalità senza responsabilità alcuna affermando di essere a favore della salute delle donne, è - nel modo più assoluto - sfregiare una professione onorevole e pulita, andando a deturparla, rovinando la donna. La dignità di una professione include le varie dimensioni di questa: purtroppo notai tempo fa che in alcune pagine ufficiali delle associazioni ostetriche, si manifesta apertamente abortismo e "contraccezionalismo" come fosse ovvio che TUTTE le ostetriche siano d'accordo su questi temi. In realtà non è così: più avanti vado, più mi confronto con ostetriche che non approvano questa mentalità, ma vengono soffocate chiaramente. Se la pluralità del pensiero ostetrico fosse accettata, sarebbero organizzati convegni sugli effetti psicologici dell'aborto, per esempio, oppure sulla nefandezza dell'utero in affitto verso il quale io continuo a dire che nessuno ufficialmente prende posizione.
Le ostetriche sono donne per le donne se il presupposto volge al Bene, all'amore verso la Persona-Donna, se la fa innalzare da quel fango melmoso nel quale la società l'ha gettata privandola, di fatto, del suo essere un archetipo con una realtà ontologica inoppugnabile, che la fa essere sfruttata da ideologie (come quella abortista e 'contraccettivista'), da teorie (come quella del gender, che la fa essere fluida e liquida, di fatto modellabile), da diritti altrui (come l'ideologia transgenderista), da diritti di altre donne (come la tecnorapina degli ovociti e lo sfruttamento dell'utero da parte di uomini, ma anche e soprattutto da parte di altre donne), da mezzi per attuare un completo disempowerment (come l'orgasmolatria dei uno pseudofemminismo volgarotto di bassa lega). Le ostetriche possono realmente essere pro-donna se, guardandosi dentro, comprendessero che la monocromatica visione che possiedono della loro professione, acquistasse un valore morale che portasse la donna verso il Bene, verso l'Alto, verso il Meglio. Non desidero convincere nessuna ostetrica a essere contro l'aborto se nella sua coscienza questo non è concepibile, ma è necessario che le ostetriche che, invece, sono contro l'aborto, possano esprimersi venendo rispettate anche dagli organi ufficiali.
Buona festa dell'Ostetrica, ma solo di colei che rispetta ed eleva la donna e le conferisce dignità. Buona festa dell'Ostetrica per chi sa bene che essere a fianco di qualcuno, significa sacrificare se stesso, dando la vita per quel qualcuno, ovvero fare un passo indietro perché quel qualcuno sia sano, stia bene. Buona festa dell'Ostetrica per tutte le ostetriche che sanno bene che fare l'ostetrica è una missione.
*a: prendiamo il 'diritto di allattare': se pur potrebbe risultare comprensibile e moralmente appoggiabile, esprimere un 'diritto' adulto sopra un diritto infantile, significa, di fatto, eliminare quello infantile. Parimenti al 'diritto' d'interrompere una gravidanza, il 'diritto' ad allattare, significa che la donna ha pure il 'diritto' a non-allattare (il che è comprensibile nella società moderna, ma non del tutto accettabile in virtù della salute fisica e psicologica infantile). Colui che ha il diritto di essere allattato, è il bambino in quanto persona. Compio un altro semplice esempio, qui.
*b: potrebbe sembrare cattiveria, affermare che le donne sono volutamente ignoranti, ma non lo è: la stragrande maggioranza delle donne che ha subìto 'violenza ostetrica' rimane consapevole del fatto di essersi fidata senza essere consapevole.
*c: prendiamo la PMA e tutte le varie possibilità che le donne possiedono a tutt'oggi per possedere dei figli: nessuno che dica loro con chiarezza che ciò che pretendono è il mettere al mondo una persona per puro soddisfacimento personale. Non è un caso che accedere alla PMA da parte di donne sole, donne eterosessuali omoerotiche, donne di età avanzata ecc, sia visto come un ennesimo 'diritto'. Cosa che, ovviamente, non è.
*d: è molto strano: le donne che abortiscono viene detto che stiano benissimo, ma contemporaneamente però è necessario affermare che le donne che abortiscono lo fanno con estrema sofferenza, il che è un po' confusionario.
*e: questo modo d'inserirsi nelle relazioni - che sovente sono madre-figlia, ma spesso sono moglie-marito - è tipico di chi è in contatto con adolescenti (mia figlia ha subìto questo tipo di pressioni da parte di operatrici consultoriali, mio figlio a scuola da parte di psicologhe esterne: essendo figli miei, mi hanno riferito in modo critico cosa è stato loro detto) e di chi è in contatto con donne gravide o che stanno allattando: le ostetriche entrano nei rapporti tra familiari e talvolta insinuano piccole discussioni sulla scelta del parto o del tipo di educazione dare al figlio. Nei e nelle adolescenti è anche più semplice perché essendoci il segreto professionale e potendo arrivare ai giovani facilmente, il confine tra il supporto a chi è in difficoltà realmente e chi è possibile manipolare, è spesso superato dall'operatrice sanitaria che si sente autorizzata a stringere relazioni non professionali con i giovani (si veda la frase dell'ostetrica).
Allora veniamo alla conclusione di questo post sulla Giornata Internazionale delle Ostetriche: essere donne per le donne è qualcosa di delicato che non è per niente da dare per scontato. Innanzi tutto non significa essere per le donne, a senso unico. Pare che sia normale, per l'ostetrica, promuovere anticoncezionali e aborto, denunciando (la pagina 'Obiezione Respinta' chiede che siano resi noti i nomi dei medici e dei farmacisti obiettori) chi opta liberamente per essere, oltre che "per le donne" a favore della vita del bambino. In sostanza si promuove il fatto che l'ostetrica possieda una sola opinione, verso la vita del bambino: ovvero che venga contrapposta a quella della donna, come se una fosse più importante dell'altra, come se la donna debba essere agevolata per compiere una scelta obbligata verso il suo bene. Che poi non è il suo vero bene, ma il bene dell'ideologia.
Il vero e assoluto Bene, sappiamo essere un altro. Il Bene della donna è quello di farla essere consapevole di se stessa, su se stessa, per se stessa, senza intromissioni di opinionismi di chi possiede un pensiero pregresso e monodimensionale sulle possibili scelte ch'ella può compiere (ovvero possedendo pregiudizi molto forti). Fornire a una minorenne una pillola del giorno dopo con ricatto affettivo; minacciare - quantunque virtualmente (quindi se lo si fa apertamente nel mondo virtuale, lo si attua pure in quello reale) - di far abortire delle minorenni di nascosto dalle madri; promuovere una genitalità senza responsabilità alcuna affermando di essere a favore della salute delle donne, è - nel modo più assoluto - sfregiare una professione onorevole e pulita, andando a deturparla, rovinando la donna. La dignità di una professione include le varie dimensioni di questa: purtroppo notai tempo fa che in alcune pagine ufficiali delle associazioni ostetriche, si manifesta apertamente abortismo e "contraccezionalismo" come fosse ovvio che TUTTE le ostetriche siano d'accordo su questi temi. In realtà non è così: più avanti vado, più mi confronto con ostetriche che non approvano questa mentalità, ma vengono soffocate chiaramente. Se la pluralità del pensiero ostetrico fosse accettata, sarebbero organizzati convegni sugli effetti psicologici dell'aborto, per esempio, oppure sulla nefandezza dell'utero in affitto verso il quale io continuo a dire che nessuno ufficialmente prende posizione.
Le ostetriche sono donne per le donne se il presupposto volge al Bene, all'amore verso la Persona-Donna, se la fa innalzare da quel fango melmoso nel quale la società l'ha gettata privandola, di fatto, del suo essere un archetipo con una realtà ontologica inoppugnabile, che la fa essere sfruttata da ideologie (come quella abortista e 'contraccettivista'), da teorie (come quella del gender, che la fa essere fluida e liquida, di fatto modellabile), da diritti altrui (come l'ideologia transgenderista), da diritti di altre donne (come la tecnorapina degli ovociti e lo sfruttamento dell'utero da parte di uomini, ma anche e soprattutto da parte di altre donne), da mezzi per attuare un completo disempowerment (come l'orgasmolatria dei uno pseudofemminismo volgarotto di bassa lega). Le ostetriche possono realmente essere pro-donna se, guardandosi dentro, comprendessero che la monocromatica visione che possiedono della loro professione, acquistasse un valore morale che portasse la donna verso il Bene, verso l'Alto, verso il Meglio. Non desidero convincere nessuna ostetrica a essere contro l'aborto se nella sua coscienza questo non è concepibile, ma è necessario che le ostetriche che, invece, sono contro l'aborto, possano esprimersi venendo rispettate anche dagli organi ufficiali.
Buona festa dell'Ostetrica, ma solo di colei che rispetta ed eleva la donna e le conferisce dignità. Buona festa dell'Ostetrica per chi sa bene che essere a fianco di qualcuno, significa sacrificare se stesso, dando la vita per quel qualcuno, ovvero fare un passo indietro perché quel qualcuno sia sano, stia bene. Buona festa dell'Ostetrica per tutte le ostetriche che sanno bene che fare l'ostetrica è una missione.
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*a: prendiamo il 'diritto di allattare': se pur potrebbe risultare comprensibile e moralmente appoggiabile, esprimere un 'diritto' adulto sopra un diritto infantile, significa, di fatto, eliminare quello infantile. Parimenti al 'diritto' d'interrompere una gravidanza, il 'diritto' ad allattare, significa che la donna ha pure il 'diritto' a non-allattare (il che è comprensibile nella società moderna, ma non del tutto accettabile in virtù della salute fisica e psicologica infantile). Colui che ha il diritto di essere allattato, è il bambino in quanto persona. Compio un altro semplice esempio, qui.
*b: potrebbe sembrare cattiveria, affermare che le donne sono volutamente ignoranti, ma non lo è: la stragrande maggioranza delle donne che ha subìto 'violenza ostetrica' rimane consapevole del fatto di essersi fidata senza essere consapevole.
*c: prendiamo la PMA e tutte le varie possibilità che le donne possiedono a tutt'oggi per possedere dei figli: nessuno che dica loro con chiarezza che ciò che pretendono è il mettere al mondo una persona per puro soddisfacimento personale. Non è un caso che accedere alla PMA da parte di donne sole, donne eterosessuali omoerotiche, donne di età avanzata ecc, sia visto come un ennesimo 'diritto'. Cosa che, ovviamente, non è.
*d: è molto strano: le donne che abortiscono viene detto che stiano benissimo, ma contemporaneamente però è necessario affermare che le donne che abortiscono lo fanno con estrema sofferenza, il che è un po' confusionario.
*e: questo modo d'inserirsi nelle relazioni - che sovente sono madre-figlia, ma spesso sono moglie-marito - è tipico di chi è in contatto con adolescenti (mia figlia ha subìto questo tipo di pressioni da parte di operatrici consultoriali, mio figlio a scuola da parte di psicologhe esterne: essendo figli miei, mi hanno riferito in modo critico cosa è stato loro detto) e di chi è in contatto con donne gravide o che stanno allattando: le ostetriche entrano nei rapporti tra familiari e talvolta insinuano piccole discussioni sulla scelta del parto o del tipo di educazione dare al figlio. Nei e nelle adolescenti è anche più semplice perché essendoci il segreto professionale e potendo arrivare ai giovani facilmente, il confine tra il supporto a chi è in difficoltà realmente e chi è possibile manipolare, è spesso superato dall'operatrice sanitaria che si sente autorizzata a stringere relazioni non professionali con i giovani (si veda la frase dell'ostetrica).