venerdì 14 maggio 2021

Il godimento nel dilaniare gli affetti dei bambini

Non possiedo una formazione giurisprudenziale e prima di compiere tutta una serie di affermazioni, ritengo necessario chiarire che scrivo in quanto ostetrica. Specifico che il termine ‘fisiologico’, che riporterò diverse volte, riguarda la descrizione di un processo biologicamente normale che avviene spontaneamente nel corpo umano: la norma, in fisiologia, esiste, e rimane tale sino a che non interviene qualcosa di esterno o interno che ne modifica il decorso, che diviene così patologico. Fisiologico non è sinonimo di naturale, poiché alcuni eventi naturali non sono fisiologici (un infarto è naturale, ma è patologico).
L'esperimento di Harlow: una delle pietre miliari della 'Teoria dell'Attaccamento'

L’allattamento è una relazione fisiologica.

Definire il gesto di allattare solo mero nutrimento, è limitativo. Inoltre allattare è normale: è un gesto fisiologico che la madre compie da millenni. La donna accoglie la vita nel suo ventre. Sempre la donna, diventata madre, mette al mondo il figlio. La madre lo nutre, attraverso le mammelle, sia poiché raggiunga l’età in cui questi può mangiare altro, sia poiché raggiunga l’età nella quale lascia le braccia materne e inizia la perlustrazione del mondo che lo circonda. Questa esplorazione dura anni e il figlio deve poter avere, nei confronti della madre, un legame che lo possa far stare al sicuro: come il colonnato della Basilica di San Pietro accoglie i fedeli, le braccia della madre accolgono il figlio, proteggendolo. Il bambino ci mette anni ad abituarsi ai ritmi di sonno che qualunque fanciullo possiede: destarsi periodicamente dal sonno notturno, è necessario, per il bambino. L’istinto fisiologico del bambino è quello di temere la solitudine: il ruolo della madre è quello di mostrargli che egli non sarà mai solo. Il pianto del neonato mette in allarme la madre, che è spinta ad intervenire cosicché il figlio non tema la paura stessa.

Il padre: colui che protegge madre e figlio. Colui che deve nutrire la relazione madre-figlio, promuovendo la presenza della madre nella vita del figlio. Il padre può sostituire una madre? Un uomo può sostituire una donna? No, nella vita in relazione con un neonato o un bambino piccolo, nulla può sostituire le braccia, il respiro, il profumo della madre, della donna. In relazione al neonato, il padre si muove quasi più per “risolvere un problema” (istinto assolutamente maschile): aiutare la mamma, consentirle una pausa, occuparsi del resto della famiglia. Qualunque padre protegge istintivamente il nucleo familiare, sapendo che piuttosto che accada qualcosa di male alla madre dei suoi figli e ai figli stessi, il primo a sacrificarsi è lui. L’uomo è sacrificabile, per la fisiologia della maturazione del figlio. E il padre compie verso il figlio il gesto di farsi da parte, per il suo bene. Con l’andare del tempo, il bambino cresce, acquisisce sicurezza e nota il padre, che lo accompagna fuori dal nido, lo aiuta a trovare bello il mondo che circonda la famiglia. Il bambino deve poter crescere maturando la certezza che il padre lo sostenterà e la madre lo accoglierà. Due gesti diversi, due ruoli diversi, un solo obiettivo: la salute del figlio.

Veniamo da un periodo culturale nel quale si sta tentando di far abituare le persone al fatto che il maschile e il femminile siano la medesima via. Cancellando millenni di storia della medicina, scienza, ricerca e filosofia, andando a sostituire la parola “sesso” (che può essere solo femminile o maschile) con la parola “genere” (ce ne sono tantissimi), si sta tentando di mischiare maschile e femminile, paterno e materno. La sofferenza emotiva dovuta ad anni di “pedagogia del non-contatto” tra madre e figli (spiegherò dopo di cosa parlo), ha portato almeno a due generazioni di persone di donne e uomini, che non sanno nulla …di bambini. Se ci sono madri e padri di omosessuali (donne o uomini) che sostengono i figli nella scelta di privare i nipoti di una delle figure genitoriali per puro capriccio (i gay della madre e le lesbiche del padre), è evidente che quei nonni non hanno sperimentato su di loro una genitorialità che s’identifica in un materno e un paterno che rispetta sia gli archetipi insiti nel genoma umano, sia la fisiologia del bambino. In tutta questa confusione, si osa pensare che il bene del bambino abbia residenza nel benessere del genitore o dei genitori, e questo è disonesto: il bene del figlio è la famiglia dove le figure genitoriali siano di sesso opposto, dove egli può crescere stimolato da un maschile e un femminile che nelle bambine e nei bambini è fondamentale. Attualmente si possono vedere “ex-donne” che partoriscono e allattano con la barba, o “ex-uomini” che tentano di allattare: sia chiaro che tali genitori compiono una violenza (talvolta inconsapevole, pilotata ideologicamente) verso i propri figli che non sono strumenti attraverso i quali dimostrare che ogni idea partorita dalla mente umana è applicabile nella realtà.

Nel momento in cui la liberazione sessuale ha tolto agli uomini la responsabilità sulla paternità e ha rimosso nelle donne l’istinto di protezione nei confronti del figlio, la cura del bambino è stata rimandata a un dopo: dopo il sesso libero, dopo la decisione di tenere o meno il frutto di una notte di passione, dopo la scelta di lavorare, dopo la realizzazione, dopo la scelta di farsi una famiglia… Certo: l’emancipazione è stata d’obbligo, e la possibilità di studiare, di frequentare l’università, di elevarsi culturalmente, è stata fondamentale per la donna. Non dimentichiamoci, però, che la maternità è stata messa da parte come se non facesse parte della femminilità, bollando le donne che comunque s’identificavano come felici nel loro percorso familiare di dedicarsi alla cura della prole, come “frustrate”, “reiette”, “sottomesse”, “schiave del patriarcato” eccetera. Questa serie di offese la subisce costantemente chi opta serenamente (quindi senza costrizioni) per la strada di una femminilità che si esprime nella cura di casa e figli, soprattutto da parte di altre donne. Le prime suffragette, pilastri della rivoluzione al femminile, erano invece dell’avviso che femminilità dovesse andare a braccetto con maternità, semplicemente perché è biologicamente così e non è un caso che nella storia della emancipazione femminile, le associazioni che si sono battute per la libertà della donna di affrontare studi e condizioni lavorative dignitose, abbiano affrontato le cose da due punti di vista differenti: il primo è quello che ha separato completamente la femminilità dalla maternità, andando a ingrassare le ditte farmaceutiche di anticoncezionali e farmaci abortivi, cliniche e medici abortisti, psichiatri per depressioni, e che ha portato alla decimazione della popolazione mondiale e a una sofferenza enorme dell’animo umano moderno; il secondo è quello che ha insegnato alle donne che il loro valore è altissimo perché possono conoscere il loro ciclo e liberarsi di farmaci e medici, possono accogliere la loro fisiologica propensione all’accudimento in qualunque momento e modo e, soprattutto, hanno il diritto di vivere la loro maternità perché ogni figlio che nasce è un valore aggiunto alla cultura (per ulteriori informazioni leggere La lotta femminista può solo essere pro-vita, se la è la salute delle donne, quella che interessa e Le femministe militanti vere complici dello sfruttamento delle donne).

Quindi il femminismo si è sdoppiato: con la donna o contro la donna. Ovvero: con la maternità o contro la maternità. Quindi, per ultima istanza: con la fisiologia del bambino oppure inesorabilmente contro.

Essere contro la fisiologia del bambino, significa porgli di fronte la madre, come un’avversaria: il bambino passa dall’essere “un grumo di cellule”, all’essere un “viziato” che pretende attenzioni. Questo accade a causa di interi plotoni di ostetriche, ginecologi, pediatri, psicologi, neuropsichiatri e compagnia, che influenzano la cultura di un Paese, andando a inficiare tutti gli ambiti e facendo subìre alla coppia madre-bambino, delle torture indicibili. Parlo di torture perché abortire, per qualunque donna con un po’ di onestà, è un dolore: qualunque donna sa che sta sopprimendo un bambino. Infatti tutta la compagnia multidisciplinare di cui sopra, è terrorizzata dal fatto che venga istituito un servizio per la salute mentale della cura del post-aborto poiché, altrimenti, tutte le fandonie che vengono dette da più di cinquant’anni, crollerebbe (basta andare a vedere la pagina fb di ‘IVG ho abortito e sto benissimo’: una delle persone che risponde è una psicologa che non accetta di ammettere che ci sono donne che poi si ucciderebbero volentieri dopo aver abortito e, nel 2019, ben 18 lo hanno fatto entro 12 mesi dall’IVG (Primo Rapporto ItOSS, Sorveglianza della Mortalità Materna, 2019, pag. 52: in un Paese onesto intellettualmente, una pagina fb di quel genere verrebbe chiusa). Parlo di torture perché imporre a un neonato un allontanamento forzato dalla mamma (forzato anche da donne che non vogliono stare col figlio, messo al mondo, evidentemente, per puro sport) e costringerla a tornare al lavoro, abbandonando il proprio bambino, è un modo di vedere la relazione madre-figlio come opzionale: «Il bambino si adatta a ogni situazione - affermano i benpensanti - quindi stare con una madre o stare con una tata, è la medesima cosa». Di solito, dopo aver pronunciato questa frase, studiosi di Teoria dell’Attaccamento, si ribaltano nella tomba o muoiono là ove si trovano.

Contestualmente alla nascita di movimenti di emancipazione femminile, sono nati anche tutta una serie di indicazioni ginecologiche e pediatriche che potremo tranquillamente definire “senza contatto”, ovvero senza alcuna connessione umana e sensibile, in tutte le relazioni coinvolte. L’uomo ha perso la sua paternità (che se da una parte poteva essere ‘positivo’ in un contesto di autoritarismo eccessivo, dall’altra è stato negativo perché ha perduto autostima, autorevolezza, maturazione e responsabilità) e la donna la maternità (strappatagli con forza per asservirla alla produzione e al consumismo, la donna ha perso autostima, autorevolezza, maturazione e responsabilità) e tali figure si sono allontanate spiritualmente ed emotivamente, andando a perdere, insieme, i doveri dei propri ruoli: concentrandosi solo sui propri diritti che la cultura proponeva e dispone attualmente, la donna e l’uomo hanno perso di vista – sostenuti e aiutati da tutta quella compagnia di professionisti – la conoscenza, il rispetto e il dovere di dare ai figli una vita buona.

Cultura “senza contatto” è quella serie d’istruzioni lontanissime dalla fisiologia del nascituro e del bambino: sino a una manciata di anni fa, i bambini erano operati senza anestesia, non attribuendo loro la percezione del dolore che oggi come oggi, grazie alla scienza, si sa che provano ben prima del terzo mese di vita endouterina. Nutrire con il biberon non è come nutrire con il latte materno: e tutta una serie – ben radicata di adulti e anziani professionisti – negano ancora il fatto che esista una cospicua differenza tra questi due gesti. Parimenti ai genitori (soprattutto le madri) di omosessuali che, non avendo provato su di loro stessi cosa significa la fisiologia del bambino, protestano perché i figli abbiano la possibilità di ricorrere alla gestazione per altri (o utero in affitto o gestazione per altri solidale), gli esperti tuttologi addossano a un figlio - un bambino - la responsabilità di realizzare la genitorialità e il bisogno di amore, che alcuni adulti possiedono e vogliono imporre sulla realtà e la cultura. Nessuna diversità coi ginecologi che consentono tagli cesarei perché la donna possa dar via la propria creatura dopo averla vissuta per nove mesi (utero in affitto), nessuna differenza coi ginecologi che obbligano la donna in attesa di un bambino con alcune probabili patologie, a disfarsene durante la gravidanza estorcendole il consenso di partorire un figlio che morirà, sfruttando il senso di colpa di lei (aborto eugenetico), nessuna differenza con le psicologhe che convincono la donna che abortire è la cosa migliore e nessunissima differenza con tutti quei professionisti che attualmente – avendone l’autorità – dispongono allontanamenti dei figli piccoli dalle madri, sfruttando la loro assoluta ignoranza sull’argomento “fisiologia del bambino”.

Un bambino è figlio di una mamma e di un papà, e sono la prima ad affermare con assoluta certezza che la prima situazione che – come ho spiegato sopra a grandissime linee – non è adeguata, attualmente, è la relazione tra femminile e maschile. Conosco direttamente e indirettamente alcuni casi di donne che sono dovute scappare da una situazione familiare indecente e pericolosa, come conosco uomini distrutti per i medesimi motivi (Cosa c'è alla radice della violenza sulle donne?). La possibilità di mettere al mondo un figlio implicherebbe che la cultura e la società identificasse, nella generazione successiva, e – nello specifico nei bambini - , non una proiezione dei propri bisogni personali, non una realizzazione personale, non un’eventualità, ma un mezzo attraverso il quale maturare, nei propri doveri personali, per garantire, a chi succederà, un futuro più dignitoso e più corretto. Al contrario, i figli talvolta sono il mezzo che dimostra il far parte di una cultura, una pura appendice che realizza sogni e aspirazioni, un diritto quando non ci sono ancora, ma un peso quando poi esistono: invece di migliorarsi come persone, essere chiamati alla protezione del fragile, alla responsabilizzazione, il mondo delle relazioni adulte pare concentrarsi sempre su se stesso. Questo, tra l’altro, non è di oggi (ricordo l’esistenza della Rupe Tarpea, quindi non cerchiamo di mascherare il passato come buono), ma – appunto – sapendo che nel passato molti errori sono stati compiuti e che i risultati sono quelli delle generazioni attuali, per lo meno dovremo chiamati a possedere una visione in proiezione di un futuro migliore per i cittadini che ci saranno.

In tutto questo mondo malato della relazione tra femminile e maschile, come se non bastasse, sguazzano gli esperti. E siccome la conoscenza della fisiologia dell’allattamento coinvolge tutta una serie di competenze e di assoluta obiettività personale (è necessario compiere una profonda analisi personale sui propri vissuti di figli, per essere disponibili umilmente a ricredersi e rinnovarsi concretamente su temi che coinvolgono l’infanzia), tanti esperti – tra l’altro utilizzando sempre le medesime conoscenze errabonde – perpetrano la propria ignoranza spesso andando a rovinare relazioni fondamentali sia tra donne e uomini (mogli e mariti: ricordo che sono figlia di separati e che i mezzucci che psicologi e avvocati usano per convincere i figli a odiare uno o l’altro genitore, sono la dimostrazione della loro viscidezza umana), ma soprattutto tra madri – figli – padri. Così il maschile, protettivo e coraggioso, acquisendo ogni tipo di caratteristica tossica (violenza, aggressività, gelosia, insicurezza), con l’aiuto di esperti disonesti e ignoranti (non onorevoli e che non conoscono la materia), tenta – e talvolta ci riesce – di dilaniare la relazione tra madre e figlio, abdicando al suo ruolo di protettore della sacra relazione e godendone solo per il gusto di farlo. È oltremodo vero che anche le madri, sfruttando la medesima accozzaglia grossolana di azzeccagarbugli e strizzacervelli, manifestano il disprezzo verso la relazione padre-figlio, rinunciando a favorirla con l’idea che la figura paterna non possieda un valore e facendosi carico di una tossicità non differente da quella maschile, usando mezzi simili a quella dell’uomo (per saperne di più: di Cristina Tamburini Il maschio tossico. Esiste, e si chiama orco e Il bestiario della «femminilità tossica» nelle sue varianti, entrambi su International Family News). Il presupposto di queste situazioni è sempre il medesimo: uccidere l’animo altrui, privarlo della serenità, disintegrare i sentimenti dell’ex-coniuge attraverso l’uso del figlio, con il mero obiettivo di fare, del figlio, l’oggetto che desiderano. In tutto questo denuncio che la cultura dedita alla perfidia e alla violenza, è sfruttata abilmente da esperti che, invece di porsi a garanzia della salute oggettiva del bambino (per esempio sostenendo e aiutando i genitori a compiere al meglio il loro ruolo), se ne approfittano biecamente ideando sindromi, inventandosi ipotesi, attuando terapie senza giustificazione scientifica, ma soprattutto guadagnandoci parecchio in fama, bollando le madri come "simbiotiche" (quale madre non lo è, quando ha un figlio più piccolo dei tre anni) e schiaffando i bambini in case famiglia (sulle quali regna, a mio avviso, una nube molto negativa che andrebbe dissipata da parte delle Autorità istituzionali) spesso strappandoli tra loro - se sono fratelli - e con violenza inaudita (complici servizi sociali e forze dell'ordine).

Torniamo all’allattamento poiché è fondamentale riprendere da lì: leggendo qua e là le opinioni di esperti in psicologia (se privi di una formazione adeguata sulla fisiologia infantile, sono delle mine-antibambino vaganti), ce ne sono alcune raccapriccianti che, oltretutto, si allontanano dall’obiettività della scienza e si avvicinano di più alle dicerie da comari di paese. Nulla contro quest’ultime, sia ben chiaro, ma è necessario comprendere che un sedicente esperto che dovrebbe conoscere l’infanzia, non può possedere la medesima formazione di un fruttivendolo o di un geometra, sull’argomento “fisiologia del bambino”, per il semplice motivo che da quelle sue ristrette, grossolane e vieppiù pressapochistiche opinioni, ne va della serenità di tre persone (se i bambini sono uno solo, altrimenti aumentano): una madre, un padre e un figlio. Quest’ultimo è colui che dovrebbe essere realmente preservato da tutto il dolore che si consuma anche solamente dietro al fatto che mamma e papà non si amano e – forse – non l’hanno mai fatto, o di fronte al fatto che papà picchia mamma, mamma odia papà o – peggio di tutte le altre – è stato abusato fisicamente. Al netto del fatto che i neonati/bambini sono gli stessi a prescindere da latitudine, longitudine e colore della pelle, il fatto che questi esperti non sappiano nulla dei bisogni fisiologici, è oltremodo un danno nel confronto del quale i bambini stessi dovrebbero chiedere Giustizia. Sì perché essere allontanato da una madre adducendo motivazioni imprecise che cancellano decenni di studi, è un danno personale. Qualche esempio: i neonati/bambini allattati o abituati al sonno condiviso (cosleeping: condivisione degli spazi; bedsharing: condivisione della superficie dove si dorme) possono essere privati delle loro abitudini, per vedere il padre? In realtà non dovrebbe essere possibile neppure pensarlo e qualsiasi padre non dovrebbe neppure osare pretenderlo. I papà, da sempre, dall’epoca delle caverne, non allattano. Le mammelle si chiamano così poiché la parola è collegata a “mamma” e se un bambino è abituato a ciucciare la poppa di mamma, un vero uomo, un vero padre, dovrebbe difendere il bisogno del figlio di essere sereno durante la notte. Non dovrebbe, un padre, essere supportato (a suon di dobloni) da espertucoli di varia estrazione, nella propria pretesa di togliere a un figlio, la sua mamma. Un padre possiede tutti i diritti (se è persona degna di questo nome) di stare con il figlio, ma se questo è allattato da mamma, la notte non lo deve riguardare. Anche perché togliere la poppa a un figlio che la notte è abituato a ciucciare, significa – di fatto – non dormire. E allora cos’è, se non creare un dolore al figlio che, piangente, vuole ciucciare?

Diversa situazione è il diurno: un bambino che, se pur allattato, è abituato (con estrema calma e gradualità) all’alimentazione semisolida o solida (lo svezzamento è un periodo ampissimo), può stare con papà. Si pensi a quanti bambini allattati hanno mamme che lavorano. Ovviamente qui sale di nuovo il problema dell’esperto: se questi è un mancamentato che non ha la minima consapevolezza non dico sull’allattamento, ma almeno sulla Teoria dell’Attaccamento (e su quanto questa possieda ricadute sulla futura vita affettiva del figlio), sorge un drammatico problema che tutte le consulenti sull’allattamento hanno: le invenzioni e i pregiudizi. Le prime sono quasi buffe (la pagina fb della dottoressa Antonella Sagone è una miniera, di queste): vanno dal fatto che la madre che beve acqua gassata spillerà latte gassato, a quella che la bambina di tre anni che ciuccia da mamma, diventerà lesbica; mentre i secondi sono pericolosi: dire, ad esempio, che un bambino di un anno (ricordo che a un anno è appena terminata l’esogestazione) che ha bisogno di poppare per addormentarsi (sia la sera, sia la notte, ovviamente: non sto a fare lezioni sul sonno e sulle fasi REM-Non REM che gli esperti dovrebbero conoscere), significa «Allattare il figlio a oltranza» oppure «L’assenza del seno materno non è certo un trauma» è mentire sapendo di farlo, rimanendo comodi nella propria ignoranza: milioni di studi sulla fisiologia buttati all’aria da chi, evidentemente, non solo non è assolutamente esperto di nulla, ma è pure in malafede. Oppure dire che «(oltre i sei mesi) non esiste alcuna necessità dell’allattamento materno» adducendo la motivazione al fatto che quando l’esperto era ragazzino nessuna madre allattava poiché era considerata una pratica quasi primitiva, ma concludendo che tanto i figli crescevano bene lo stesso, è il pregiudizio negativo più duro a morire: la generazione che oggi ha dai 50 ai 70 anni è proprio quella che non è stata allattata, cresciuta con la lontananza di mamma e che, guarda caso, è “cresciuta bene lo stesso”. È ovvio: anche in orfanotrofio si cresce lo stesso, pure nelle favelas, tuttavia non mi pare che il risultato sia buono. Se poi questi sono degli adulti "esperti" che dovrebbero conoscere la fisiologia dei bambini e, soprattutto, il loro benessere, quando leggo/ascolto queste frasi, mi viene da pensare a questi poveri ormai vecchi esperti (che però han fatto danni come la grandine), non abbiano mai goduto della bellezza di una poppata con mamma, perché costei – figlia della sua generazione – era dedita al tornare al lavoro essendo stata benedetta dal motto: “Non è importante la quantità del tempo che si sta coi figli, ma la qualità”. Stessa generazione delle nonne che si battono perché i figli possano essere legittimati a sfruttare l’utero in affitto per il diritto di farsi una famiglia (occhio che a me non stanno neppure bene le coppie di lesbiche, tuttavia ammetto che il bambino, almeno, non è strappato dalla madre): la generazione che mette in risalto il fatto che, ipoteticamente, un figlio non ha bisogno di poppare perché il latte materno è uguale alla formula lattea, mi pare evidente manchi d’informazione (che diverse donne oneste che non hanno potuto allattare condividono). Poi ci sono le perle: «(Se c’è una separazione fra due genitori che hanno un figlio piccolissimo ancora allattato) è meglio rinunciare all’allattamento perché si tratta di un’evidenza ideologico-culturale (come tanti esperti hanno potuto constatare)» peccato che sia una convinzione opinabile che, invece, si scontra con la biologia e con le linee guida internazionali più aggiornate. Partendo col presupposto che un bambino deve stare un po’ con papà, costui sarà aiutato a tenerlo in fascia o nel marsupio, ma non potrà privare il figlio della madre. E, mi spiace per tutti gli esperti che hanno constatato il contrario (vorrei vederli raccontare la loro infanzia), ma evidentemente si tratta di adulti che godono (sì, godono) nel vedere bambini che urlano disperati se separati da mamma in momenti nei quali sono abituati a poppare o a essere cullati da lei.

La mancanza d’amore e di ascolto delle emozioni che tanti bambini hanno vissuto sulla loro pelle, non solo ha svuotato della capacità di amare qualcun altro quando toccava loro farlo – da adulti -, ma ha rovinato un’intera generazione che sta sgretolando le relazioni tra genitori e figli anche attualmente. La conseguenza di questo è di fronte a noi: la violenza inaudita tra uomo e donna, tra donna e bambino, tra bambino e uomo, sta facendo sì che i giovani non abbiano voglia di vivere.

Il godimento di molti esperti e opinionisti, diciamolo chiaramente, sta nell’aver minato il femminile e il maschile, sta a tutt’oggi nel battersi contro le madri o contro i padri, sta nell’accogliere teorie che allontanano dalla fisiologia, sta nel credere che contro il maschile ci sia una guerra errabonda, quando c’è anche contro il femminile, sta nel portare avanti il credere che le femmine siano tutte buone o tutte cattive, o che quelli solo cattivi o buoni siano gli uomini. Nulla di questo è vero, perché basterebbe onestà pura e semplice per riconoscere che materno e paterno sono sfruttati da chi gode nella divisione, nella dicotomia tra i due sessi, e che sfrutta i bambini per il proprio portafoglio. Sia ben chiaro che personalmente trovo fuori luogo qualsiasi opinione di chi, trovandosi da una parte o dall’altra, spara a zero senza essere al di sopra delle parti, poiché vi è una cattiveria implicita, in questo atteggiamento, che porta solo male ai bambini e alle generazioni future.

Un guaio enorme, a mio modestissimo avviso, lo ha anche fatto l’identità di genere: complice la medicina (psicologia, neuropsichiatria eccetera) che pur di vendersi ha fatto carte false. Infatti ci sono padri come Rob Hoogland che vanno in carcere perché si oppongono al fatto che i figli (la figlia, in questo caso) subiscano “terapie” che li facciano diventare trans; sacerdoti come John Sherwood che vengono malmenati perché parlano di San Paolo; gruppi come Non Una di Meno che non parla di donne, ma di «persone assegnate femmina alla nascita» e altre pregevolezze. In tutto questo marasma, gli uomini si sono visti rovinare la virilità perché non sanno più cosa significa immolarsi al bene supremo dei figli, le donne si sono viste strappare il Materno perché i figli «crescono bene lo stesso» e gli unici che godono sono i cultori di una teoria gender che lo Stato potrebbe imporre ai nostri figli, se passasse la Zan.

Sia ben chiaro che gli uomini e le donne devono aver onestà nel riconoscere la loro responsabilità affettiva, che racchiude tutta una serie di conseguenze molto importanti sui figli: l’affetto del quale, come ho spiegato all’inizio, ha necessità un figlio, è irrinunciabile. Un figlio non ha bisogno dell’intenzionalità dell’amore e basta, ma ha bisogno di essere rispettato nella sua fisiologia. E se questa non la si conosce, bisogna chinare umilmente il capo e fidarsi del bambino, ricordandosi che il bene del bambino è fondamentale e che nulla –NULLA – di quello che sono i diritti di qualsiasi adulto, può venire prima. Un suggerimento agli esperti: studiate.

NB: in tutto il testo uso il maschile per definire la prole e gli esperti: va da sé che non posso specificare costantemente anche il femminile, ma che “bambino” equivale a parlare delle bambine e che “esperto” (con qualsiasi declinazione professionale) è anche donna.

Qualche spunto:

Allattare, un gesto d’amore, di T. Catanzani, P. Negri,

Un dono per tutta la vita, C. Gonzalez

Besame Mucho, C. Gonzalez

Allattare e lavorare si può, G. Cozza

Scusate se allatto, G. Cozza

L’arte dell’allattamento materno, La Leche League

Di notte con tuo figlio, J. McKenna

Sogni d’oro, La Leche League

Crescerli con amore, La Leche League

I cuccioli non dormono da soli, A. Bortolotti

Nascere e accudire con dolcezza, J. Buckley

Genitori e figli, l’importanza del dialogo, S. Kitzinger

Genitori di giorno e di notte, W. Sears

L’allattamento spiegato ai papà, A. Volta, C. Capuano

Articolo in evidenza

Allattare è un DIRITTO (?)

Lo spiegavo già tempo fa: l'allattamento è un gesto politico . Un paio di concetti di fisiologia, giusto per essere chiari. Solo le donn...