giovedì 21 aprile 2022

...è così che siamo diventati?

 

Se noi non siamo più capaci di urlare (o per lo meno alzarci in piedi) disprezzo verso una società che butta via i bambini come avveniva a Sparta (alla faccia del progresso), dovremo per lo meno tacere. 

Presso la scuola superiore di mio figlio, c'è un enorme manifesto con la famosa foto dei giudici Falcone e Borsellino che sorridono uno accanto all'altro, e c'è la scritta: 'Perché quel sorriso viva per sempre'. Dall'altra parte della strada, di fronte all'ingresso, ce n'è n altro molto lungo che riporta le immagini delle due stragi dove Falcone e Borsellino perirono, assieme ai nomi dei componenti delle scorte. Mio figlio minore, giusto ieri, mi ha chiesto chi fossero e perché delle persone cattive avessero voluto ucciderli. Attraverso le sue domande ho dovuto spiegare che colui che aveva materialmente orgaizzato le stragi, si era macchiato di enormi delitti tra i quali uccidere anche un bambino della sua età, colpevole solo di essere figlio di un altro mafioso. La sua domanda mi ha spiazzato: "Ma mamma, come si fa ad ammazzare un bambino?". Allora gli ho risposto, dopo averci riflettuto un po', che nessuno si fa problemi ad uccidere un bambino, oggigiorno. Lui si è ricordato il mio nervosismo quando a scuola hanno la famosa Giornata dei Calzini Spaiati o le varie altre giornate, dense di mielosità, che servono per dimostrare quanto siamo accoglienti nei confronti delle diversità. Sì sì, poi però non facciamo salire sul treno venticinque persone disabili. Poi rendiamo la EllaOne una pastiglietta innocua che anche le minorenni potranno serenamente acquistare perché siamo gli unici in Europa a non farlo (lo vuole l'agenda 2030). Poi garantiamo il fatto che non vengano fatti nascere neonati affetti da trisomie. E allora la mia risposta alla domanda del figlio decenne non ha potuto che essere: "Amore mio meraviglioso, il problema è che non c'è alcun problema ad ammazzare bambini. Perché se quel bambino è un ostacolo a qualsiasi cosa - specialmente alla propria felicità ovvero al fatto che mamma possa soffrire psicologicamente solo all'idea di mettere al mondo un figlio non corrispondente all'idea ch'ella s'era fatta del figlio medesimo - va cancellato. Soppresso. E purtroppo non riusciamo a rilevare, in questo, alcun allarme sociale". Il figlio, preso dal ragionamento, si oppone: "Ma mamma, sono esseri umani!". Proprio per tale motivo - gli rispondo - compiamo questi atti scellerati: siamo umani.

Quando la mia figlia grande aveva otto mesi - ricordo che si reggeva in piedi sul lettino - io venivo da otto mesi di ogni tipo d'indicazione sbagliata, di suggerimento sbagliato, di idea sulla maternità sbagliata (è un limite, hai diritto ai tuoi tempi, non ti far schiavizzare da tua figlia eccetera). Quando lei piangeva, per me era un delirio. C'erano in ballo mille cose: il fatto di non averla cercata, il fatto di aver subito un taglio cesareo dolorosissimo, il fatto di essermi trovata dei parenti acquisiti pronti a mettere bocca costantemente su ogni cosa che facessi con lei (le critiche andavano dagli abiti al tipo di pappe, al fatto che avessi un cane che giocava con lei ad altre mille cose), al fatto che comunque avessi dovuto interrompere gli studi, al fatto che lei - secondo la vulgata - dovesse rispettarmi, al fatto che era fondamentale non farle acquisire cattive abitudini... insomma, che schifo i figli: questo avevo imparato. Ed essere madri? Una rottura di palle infinita. Insomma, me l'ero cercata. E lei, la figlia, un piccolo ammorbante essere umano urlante, mi era d'intralcio. Così entrai in camera sua. Ero una furia. Urlai. Urlai alla mia piccola bambina di 8 mesi che piangeva, terrorizzandola. Le urlai che io non la volevo. Le urlai che io la odavo. Le urlai che lei mi aveva distrutto la vita. Le chiesi cosa diavolo volesse da me.
Quante donne, piangendo, mi hanno raccontato, vergognandosene enormemente, che anche loro avevano ceduto a questi momenti, coi loro piccini. E magari erano figli stra-voluti, stra-amati, stra-desiderati... ma se la società ti dice che un figlio è uno sfracassamento di ogni tipo di progetto che chiunque ha sulla propria vita, la società ti sta dicendo - chiaramente - che quel figlio è legittimamente sopprimibile. Fisicamente ma anche psicologicamente. Fisicamente non c'è bisogno che andiamo a ravanare nelle cronache nere: le donne che uccidono figli ci sono e talvolta sono donne vittime di quella cultura del figlio visto come colui che distrugge gli intenti delle vite adulte. Psicologicamente è palese: la delega verso chi può occuparsi dei figli al posto di mamma e papà, per concedere il diritto alla carriera (lavorativa o familiare o di varie ed eventuali) alle madri non è difficile da reperire (ogni volta che si parla di denatalità o si fanno promesse elettorali, si tira fuori dal cappello a cilindro, il famoso "più asili nido"). Poi c'è la solitudine immensa delle donne, la sessualità libera da responsabilità che proietta le donne in situazioni drammatiche, la cancellazione di una morale che priva loro della capacità di comprendere la differenza che c'è tra cosa sia buono e cosa sia dannoso, la predilezione verso un giovanilismo irresponsabile e, soprattutto, una diffusione capillare di un modo di comportarsi edonista e misogino. Le donne, se pur attratte dalla maternità, mi hanno aperto il loro cuore, ammettendo di aver odiato l'amato figlioletto perché questi era colpevole di portare avanti le proprie istanze alle quali loro non erano state preparate in quanto educate a pensare solo a loro stesse e i loro personalissimi diritti (=desideri). 
Quando ebbi finito di urlare il mio disprezzo, l'afferrai, afferrai mia figlia. Lei aveva smesso di piangere e i suoi occhi erano atterriti. Ci guardammo. Occhi negli occhi. E l'amai. Le chiesi perdono mille volte. La cullai. L'abbracciai e da quel giorno che io benedico ogni volta che ci penso, la tenni stretta a me. Decisi che nulla mai mi avrebbe impedito di amarla: la solitudine, le indicazioni, i consigli, le critiche, l'università, i parenti, gli orari... Nulla di nulla ci avrebbe separato.
Cos'era successo quel giorno? 
Quel giorno mi svegliai, così mi hanno sempre raccontato le donne che si sono trovate a gestire le mie stesse emozioni. La percezione è quella di essere buttate giù dal letto degli infantilismi, delle adultescenze, degli egoismi. Ma che diamine abbiamo fatto alle donne, espropriandole della loro tenerezza? Le abbiamo ridotte a non essere capaci di prendersi cura del fragile, del piccino.
E la nostra società è lo specchio di questa situazione. Quante donne hanno gettato i loro figli nei cestini dei rifiuti, sostenute da chi dice che sopprimere un figlio è un diritto? Quante donne hanno vissuto la gravidanza (e anche il pre-concepimento) della vita dei loro figli come un mezzo di soddisfazione personale o come l'assoluta distruzione delle loro esistenze, a causa di chi non ha educato loro nel guardare ogni persona umana con il rispetto che si deve?

E che differenza c'è tra chi rapisce il figlio di un mafioso rivale, lo strangola e lo scioglie nell'acido e chi insegna alle donne che possono abortire un figlio in qualunque momento della gravidanza (magari sfruttando gli organi del medesimo figlioletto)? Che diversità intercorre tra chi fa saltare in aria delle persone con una bomba e chi non è scosso dal filmato nel quale si vede una giovane donna che getta il figlioletto neonato nel cassonetto della spazzatura? Quale discrepanza sussiste tra chi continua imperterrito a portare avanti l'ossessionante concetto di "diritti riproduttivi" coincidenti con l'identificare un embrione o un feto come qualcosa e non come qualcuno, e chi insegna nelle scuole che avere un figlio viene dopo la realizzazione delle proprie aspirazioni e diritti?

Inclusione, accoglienza, pace, apertura mentale, abbattimento dei pregiudizi, cancellazione degli stereotipi, parità di genere... belle parole buttate lì, che non servono a nulla se non a alimentare la convinzione che l'umanità abbisogni di razionalismi pieni di beneducazione (chi vorrebbe sentirsi qualificare come non inclusivo o non accogliente o guerrafondaio?), ma non di un unico grande insegnamento: ogni essere umano, indipendentemente dalla sua grandezza e dal suo stato, è degno di vivere, di essere rispettato, di essere amato e curato. Quando questo piccolo concetto sarà la base degli insegnamenti di ogni bambino, adolescente e adulto, vedere le immagini della strage di Capaci e vedere il filmato di una donna che getta il neonato nell'immondizia, ci scuoterà nell'animo.

Fino a quel momento, la corruzione dell'animo umano sarà completa.

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