giovedì 29 settembre 2022

Le nonne assassine e i bambini schiavizzanti

Tutto nasce dalla considerazione riguardante il racconto che Giovanna (nome di fantasia) mi fa di sua madre. Giovanna rimase gravida, in tempo di guerra, dopo una violenza di un soldato tedesco. Erano tempi brutali nei quali la pancia di una donna nubile - e Giovanna aveva diciassette anni: tutti, in paese, sapevano che non era sposata - poteva significare scandalo o pena. Quella di Giovanna riscosse pena. Questo perché la sua mamma, profondamente credente, era certa del fatto che quella creatura non avesse colpa alcuna dello schifo immane che un bastardo d'uomo aveva commesso anche sul proprio figlio. Accusare un bambino delle colpe dei genitori è orribile, così Giovanna se ne stette rintanata per benino in casa e la madre se ne prese cura. Le parlava per ore, raccontandole la dolce storia di un fanciullo che sarebbe venuto al mondo per voler bene alla sua mamma e ringraziarla dell'amore ch'ella avrebbe avuto nei suoi confronti per tutta la vita. Il pargoletto nacque e lo chiamarono Mario (nome di fantasia) come il nonno di Giovanna. Quel piccoletto fu la salvezza di Giovanna e della mamma, crebbe, e grazie alla generosità della Signora che prese a servizio Giovanna, divenne un medico cardiologo molto stimato. 

Le nonne hanno un'affinità enorme coi nipotini, quasi più che coi figli: le nonne coccolano, non preoccupandosi di educare i nipoti, perché quel compito è più dei genitori. Ecco perché la colpa dei nonni è sempre quella di "viziare" i piccini. 

Poi venne l'epoca del distacco fisico infantile (allattamento materno azzerato, emancipazione femminile lavorativa obbligatoria e totalizzante, allontanamento del bambino e delega altrui alla sua cura) e l'epoca della "coercizione genitale" in gioventù. Mi spiego in modo grossolano: se un bambino - "programmato" fisiologicamente per avere bisogno di contatto fisico, coccole, ascolto e cura - viene costretto a stare lontano fisicamente dalla fonte del suo amore - mamma e papà -, si rinchiuderà in se stesso (per approfondire l'argomento rimando alla nota ¹) e intraprenderà "relazioni genitali" (non "sessuali", poiché la sessualità è relazione, scambio, connessione) di bassissima qualità e assente ricchezza. La cosiddetta "liberazione sessuale" è stata solo un mezzo per diffondere sfruttamento del corpo (proprio e altrui), mezzi meccanici e farmaceutici per tentare di evitare malattie e gravidanze (queste stanno sul medesimo piano) e diversi modi per interrompere la gravidanza. In sostanza potremmo appunto definirla non tanto "libertà", ma "prigionia" nei confronti dell'istinto di accoppiamento alla ricerca costante di un appagamento orgasmico sostituto di un soddisfacimento affettivo infantile, mai realizzatosi. Tale fecondo periodo culturale, ha portato la donna e l'uomo a non vedersi più alleati per la costruzione di rapporti equilibrati e - diremmo oggi - paritari, ma del tutto disfunzionali, ovvero non funzionali alla fisiologia. 

Le donne e gli uomini, perciò, invece di migliorare, evolversi, maturare reciprocamente un modo di vivere la loro diversità e complementarietà in modo equilibrato, si sono imbestialiti, anteponendo il peggior modo di comportarsi con se stessi e il prossimo, alla ricerca di un progressivo miglioramento, proprio dell'essere umano razionale. Ecco che, se una storia come quella di Giovanna fosse accaduta oggigiorno, la mamma di Giovanna l'avrebbe assolutamente e in tutta fretta portata ad abortire, non perché chissà cosa avrebbero potuto dire i vicini guardoni, ma perché la povera Giovanna avrebbe potuto rovinarsi la vita (ovvero non fare quello che vuole) e rovinare la vita alla madre (ilnascituro non ha diritti). In modo subdolo (che ricorda molto il modo in cui agisce la "pedagogia nera" di Alice Miller dove chi detiene l'autorità convince sottilmente chi è sottoposto a questa, di essere lui a voler compiere delle scelte, volendone controllare comportamenti, pensiero ed emozioni) la cultura dove la povera Giovanna è cresciuta, infatti, istruisce le donne all'uso smodato e incontrollato dei loro genitali (sia per divertirsi - ovvero avere qualche orgasmo - sia per ricercare attenzione, affetto e cura negate durante l'infanzia) senza la dovuta preparazione educativa verso l'assunzione di responsabilità conseguenti alle proprie azioni o - nel caso della vera storia di Giovanna - verso chi, coinvolto in modo brutale nelle irresponsabilità altrui, subisce ingiustamente delle decisioni prendendosene quasi completamente la colpa: ovvero il concepito. 

La cultura della Giovanna 'attuale' ha istruito le madri di farsi carico di queste situazioni non  proteggendo il più innocente (il nipotino) e accollandosi la maturazione dei figli (femmina o maschio che sia non importa), ma banalmente consegnando la figlia o la "nuora" (la ragazza messa incinta dal figlio) nelle braccia della Medicina o della Farmacologia. Questo non certo per altruismo o bontà d'animo, ma prevedibilmente per evitare di impegnarsi, di farsi coinvolgere in una situazione che non era stata appianata, simbolo di un'era nella quale tutto deve rispettare un progetto. Certo, è tutto molto subdolo: la giovane donna e il giovane uomo (ricordo che chi abortisce è la donna, ma chi è abortito è anche maschio, quindi pure gli uomini hanno voce in capitolo) subiscono un candeggiamento cerebrale continuo (influencers, politicanti, lungometraggi, eccetera) che ha costruito l'era del "bambino perfido", quello che rovina la vita e la carriera dei genitori venendo a disturbare la loro esistenza fatta di piccole soddisfazioni espresse attraverso post su facebook o storie su instagram. In tal modo, di generazione in generazione, il bambino è oramai solo uno sfruttatore di libertà altrui (ricordiamoci dello spauracchio del babino viziato perché pretende di stare in braccio: qui vi è un'evoluzione negativa nel bambino che schiavizza): la giustizia sanitaria si fa carico di questi piccoli mocciosi di 6 millimetri, portando pulizia e ordine nella vita di madri e padri che, senza l'aiuto delle loro genitrici, non potrebbero vivere liberi. Le nonne, forti di questo compito, ne escono illese, mentre figli e figlie sopprimono il loro futuro. E la felicità, la speranza e il grande ottimismo della generazione nata dopo il 2000 è sotto gli occhi di tutti noi...

La realtà è che questa generazione di nonne o non-aspiranti tali, ha la mia età (sono del 1979) ed è ancora in piena adultescenza. In modo imbarazzante, infatti, le mie coetanee hanno educato i figli maschi a svuotare le gonadi nel primo orifizio disponibile, e darsela conseguentemente a gambe, se va bene. Se va male non hanno educato i figli a nulla, ficcando per benino la testa sotto la sabbia e continuando la loro vita (tanto ci pensano i ginecologi e le ostetriche su instagram a dire loro cosa si fa in certi casi). Le mamme di femmine, consapevoli del fatto che le giovinette - se fanno alcune cose poi ci rimangono fregate (ricordiamoci il film Grease dove Rizzo, che suppone la gravidanza, è descritta proprio come "rimasta fregata") - sono bravissime e rapidissime a prendere posto nei consultori, prendere le ferie dal lavoro, dedicarsi ad altro e magari portare dallo psicologo (che può convincere la figlioletta che il gesto compiuto è giusto e salutare per la sua vita di giovane donna con tanti diritti) le loro bambine. Anzi, uscite dai reparti di ginecologia dopo che le figliolette hanno risolto il problema, portano pure le ragazzine a far colazione al bar, come si fa con l'amica. 

Poi però accadono miracoli quando queste nonne assassine, che avrebbero voluto disfarsi del nipotino di 6 millimetri (se non di più, quando cercano di corrompere lo psichiatra perché effettui la richiesta di aborto oltre il 90° giorno), improvvisamente si fanno nonnine affezionate del nipotino. Questo accade quando la diagnosi di gravidanza è tardiva (quindi, se lo psichiatra e il ginecologo non sono delinquenti, non possono sopprimere la creatura) o quando il figlio - ribellandosi all'educazione ricevuta dalla famiglia - si assume la responsabilità della propria paternità e/o quando la figlia decide di voler tenere la creaturina. Quest'ultima, che fino a un certo punto è dipinta come potenziale incubo schiavizzante, improvvisamente diventa un cucciolino teneroso per il quale spendere migliaia di soldi in corredo. 



¹Sono stati stabiliti tre tipi di attaccamento nell’infanzia: 1) L’attaccamento “sicuro” che è quello che matura se il genitore è responsivo e sviluppa un “modello operativo interno” che forma un sé positivo e un’idea dell’altro ugualmente positiva, un livello di ansia basso e un basso evitamento nelle relazioni. 2) L’attaccamento è “ansioso-resistente”, se è dato da atteggiamenti genitoriali imprevedibili, con risposte confuse e contraddittorie, mancato soddisfacimento dei bisogni di protezione e conforto, fatto che impedisce al bambino di utilizzare i genitori come porto sicuro, interrompendo l’esplorazione del mondo circostante: in tal caso il bambino non si ‘sgancia’ dall’adulto, focalizzando l’attenzione sul genitore a discapito dell’acquisizione della capacità di regolare le emozioni, arrivando spesso a reagire in modo intenso ed esagerato. 3) L’attaccamento è “ansioso-evitante” quando si fa riferimento al fatto che i genitori siano emotivamente distanti, poco sensibili ai segnali di disagio e poco accoglienti anche sul piano fisico: il bambino sarà interessato al mondo esterno con un atteggiamento di autosufficienza, non farà riferimento al genitore quando spaventato o a disagio, tanto da rifiutare il contatto fisico e/o emotivo dell’adulto: non avendo sperimentato la ‘sintonizzazione emotiva’ il bambino non riconoscerà i suoi stati emotivi e minimizzerà ogni forma di manifestazione degli affetti, manifestando autosufficienza e mai bisogni, evitando di esplicitarli col contatto fisico. [...] Gli stili di attaccamento, dall’adolescenza in poi, sono diversi da quelli in età infantile. Quelli più importanti sono: 1) lo stile di attaccamento “sicuro” negli adolescenti si manifesta con: bassi livelli di erotofobia rispetto ai pari insicuri, e alti livelli di erotofilia; rapporti sessuali abbastanza frequenti; coinvolgimento in relazioni romantiche e di lunga durata, godendo di una sessualità equilibrata e sana; preferenza per relazioni che implichino affetto e i rapporti sessuali servono per promuovere il legame affettivo; i rapporti sessuali non sono subordinati al timore di essere abbandonati; non vi è sottomissione/obbligo ai desideri sessuali del partner; è improbabile che vengano messi in atto comportamenti sessuali rischiosi o indesiderati; è poco probabile che si cerchino relazioni sessuali casuali. Lo stile di attaccamento “sicuro” nell’adulto, invece, si manifesta con: ricerca della soddisfazione dei propri bisogni e desideri sessuali all’interno di una relazione intima impegnata; sentirsi a proprio agio con la propria sessualità e con l’intimità sessuale che contribuisce al mantenimento di una soddisfacente relazione romantica; meno probabili relazioni con partner sessuali casuali o promiscui, relazioni sessuali di una notte, o rapporti sessuali al di fuori della relazione primaria; sperimentare emozioni positive durante l’attività sessuale e corrispondere ai bisogni sessuali del partner senza compromettere le proprie preferenze; maggiore apertura all'esplorazione sessuale e al libero godimento (di una libertà non forzata o compulsiva) di una varietà di attività sessuali (specialmente con partner di lungo corso); maggiore percezione di essere attraenti. 2) Lo stile di attaccamento “ansioso” negli adolescenti si manifesta con: utilizzo del sesso al fine di soddisfare il proprio intenso bisogno di sicurezza e amore, tanto da finalizzare i rapporti sessuali a evitare il rifiuto del partner, e ottenere rassicurazione e ristabilire la connessione; concedersi ai desideri sessuali del partner giungendo a mettere in atto comportamenti sessuali indesiderati e rischiosi (come l'uso mancato del contraccettivo, il consumo di alcol e droghe, etc). Vale la pena segnalare che, tra le giovani donne, l’ansia nell’attaccamento è associata con una maggiore probabilità di avere rapporti sessuali durante l’adolescenza, un’età più giovane per il primo rapporto sessuale e un atteggiamento positivo verso i rapporti sessuali non impegnati, probabilmente a causa della deferenza alle preferenze sessuali maschili o al fine di ottenere approvazione e affetto. Lo stile di attaccamento “ansioso” nell’adulto presenta: ossessione, desiderio di reciprocità e di unione, alti e bassi emotivi, una fortissima attrazione sessuale e sentimenti di gelosia; un’auto-valutazione più bassa dell’abilità di negoziare gli incontri sessuali, maggiori preoccupazioni circa la performance sessuale e più preoccupazioni circa il perdere il partner; il raggiungimento di funzioni tipiche dell’attaccamento (riduzione dello stress, aumento dell’autostima e, in particolare, rassicurazione e intimità emotiva); il timore di fallire nelle performance sessuali deludendo il partner; il tentativo di compiacere il partner durante il rapporto sessuale, allo stesso tempo inibendo l’espressione dei propri desideri, spesso sottomettendosi a proposte sessuali indesiderate; la ricerca di un potere nei confronti del partner o il tentativo di obbligarlo a mettere in atto attività indesiderate, al fine di avere la conferma della sua disponibilità e amore; in particolare nelle donne, l’ansia è associata a relazioni sessuali precoci, elevato numero di partner sessuali ed infedeltà. Gli uomini ansiosi, invece, avrebbero meno relazioni sessuali di quelli sicuri ed “evitanti”. 3) lo stile di attaccamento “evitante” negli adolescenti: desiderio significativamente inferiore (comparato ai “sicuri” e agli “ansiosi”) per le relazioni sessuali che implichino affetto e senso di frustazione dell’intimità implicata nel sesso; quando ancora vergini, riferiscono alti livelli di erotofobia e meno comportamenti sessuali non collegati al coito rispetto ai loro pari vergini non-“evitanti”; quando iniziano ad avere rapporti sessuali, lo fanno ad età più avanzate, meno frequentemente e per ragioni collegate al prestigio e al proprio benessere (sentendosi sollevati o felici per aver perso la verginità), piuttosto che finalizzate alla promozione dell’intimità; si masturbano più frequentemente (l’intimità è un impegno); è meno probabile che godano dell’esperienza sessuale e tendono a bere o usare droghe prima di mettere in atto il comportamento sessuale; a seguito del loro disinteresse verso l’intimità, sono più attenti ai comportamenti che possono minacciare la loro salute, come ad esempio l’uso dei preservativi; sono più interessati al sesso senza emozioni, è meno probabile che siano coinvolti in relazioni sessuali esclusive, ed è più probabile che abbiano rapporti sessuali con degli estranei e mettano in atto rapporti sessuali di una notte. Lo stile di attaccamento “evitante” negli adulti si manifesta con il desiderio per l’auto-affermazione che può essere soddisfatto tramite le attività sessuali libere dal desiderio di intimità, incoraggiando quindi la promiscuità e il sesso senza impegno; tendono ad avere atteggiamenti più positivi verso il sesso casuale e sono più interessati alle relazioni sessuali a breve termine; spesso si masturbano piuttosto che avere frequenti rapporti sessuali con il partner; quando devono avere rapporti col partner, si focalizzano sui propri bisogni sessuali ed è meno probabile che esprimano affetto fisicamente; è poco probabile che siano soddisfatti della loro vita sessuale perché tendono a sperimentare sentimenti avversi di estraniamento e alienazione durante le interazioni sessuali, così come anche pensieri intrusivi; tipicamente evitano motivazioni sessuali associate alla promozione dell’intimità emotiva e, invece, perseguono finalità opportunistiche, obiettivi personali come affermare il proprio valore, gestire emozioni negative e impressionare i loro pari; tendono a utilizzare il comportamento sessuale per manipolare il partner o esercitare un controllo su di lui; con più frequenza hanno rapporti sessuali al di fuori della relazione primaria.
Tratto da Come olio di nardo, Il valore della famiglia nel mondo contemporaneo. A cura di Giorgia Brambilla, Roma. IF Press ; Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, 2022. Capitolo Genitorialità rimossa di Rachele M. Sagramoso, note 78 e 83, pagg. 398-402

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