Non credo che si debba neppure stare molto a sottolineare, ma
l’allattamento materno è il mezzo biologicamente normale attraverso il
quale un essere vivente deve essere nutrito dalla propria madre. Noi
esseri umani siamo stati nutriti per millenni dalle poppe della nostra
mamma (a volte anche da quelle di altre donne se la mamma era
impossibilitata o morta di parto: brutto sì, ma succede ancora e,
spesso, non è evitabile) e nessuno ha mai messo in dubbio che una sana
ciucciata di latte potesse essere la panacea per nutrirsi, calmarsi,
dormire, guarire, sentirsi amati e molte altre cose ancora (la Terza
figlia – abile ciucciatrice – suggerisce un semplicissimo:”Perché è
buona!”).
I neonati morivano veramente spesso, ma a volte mi piace
sperare che almeno spirassero tra le braccia di mamma o nella fascia (i
passeggini e le carrozzine non vendevano molto nell’età della pietra o
nel Medioevo) tra le calde ciucce che, almeno, trasmettevano loro,
essendo vicine al cuore, tutto l’amore possibile. Poi c’è stata la fase
del ‘le donne devono lavorare lasciando i figli perché se l’utero è
loro, figuriamoci le poppe!’ e prima che ce ne rendessimo conto, la
calda, morbida, buona (come dice la Terza) e sana ciuccia è stata
abilmente sostituita da brandelli di pseudogomma attaccati a bottiglie
di vetro (che non bollite nutrivano plotoni di batteri e causavano
enterocoliti necrotizzanti e infezioni intestinali che uccidevano e
uccidono i neonati) contenenti polveri di ‘secrezione di ghiandole di
vacca’ e acqua non molto pulita, che erano sicuramente un modo perché
altri potessero far crescere di peso (‘nutrire’ è un concetto assai
differente dal mero aumento ponderale) un neonato privato della propria
nutrice (òps! La puerpera è anche chiamata a nutrire chi ha dato alla
luce, concetto ovvio ma un tantino perso di vista, ultimamente),
altrimenti detta “madre” (‘mamma’ deriva da ‘mammifero’ così pure
‘mammelle’: c’è bisogno di sottolinearlo?).
Quando alle donne fu detto che l’emancipazione includeva nel prezzo
anche la cosiddetta pedagogia ‘a basso contatto’ (neonati costretti ad
angosciosi pianti fino al sonno sconfortante – qui filmati esplicativi
di chi ancor’oggi suggerisce tali metodi) : alcune generazioni di
esseri umani crebbero bene ‘lo stesso’ e sapendosi ‘addormentare da
soli’. Secondo tali prescrizioni, il neonato e il bambino dovevano
crescere ben lontani dalla mamma e possibilmente essere indipendenti
affettivamente da ella (intere generazioni di anaffettivi sguinzagliate
per il mondo) e, ovviamente, l’allattamento materno, che è l’emblema
dell’attaccamento e dell’unico modo di occuparsi del proprio bambino in
modo sano e biologicamente corretto, fu abilmente sostituito dalla
nutrizione artificiale. Occuparsi del proprio bambino divenne
‘viziarlo’, e renderlo fiducioso in se stesso ascoltandone i bisogni,
divenne farlo essere ‘mammone’. Le donne delegarono splendidamente la
loro fertilità a pillole e carriere professionali e fecero crescere i
loro figli (pochissimi) da tate o nonne.
Al termine degli anni ’70 le ditte produttrici di formula lattea artificiale erano talmente espanse sul globo da arrivare in ogni parte del mondo, anche in quelle nelle quali i neonati senza poppa muoiono (e infatti ci si accorse che morivano proprio grazie alla non produzione di latte delle loro mamme convinte che la formula fosse meglio rispetto alle competenze del loro corpo) e i pediatri erano sui libri paga delle varie ‘Lattebimbograssottello’ (il che accade pure ora, ma fa un po’ scandalo ed è illegale), che molte donne cominciarono a battersi per ‘tornare’ alla fisiologia di gravidanza/parto e puerperio: l’epoca della femmina libera dal giogo della maternità e della genitorialità stava iniziando a stufare e numerosi movimenti scossero l’opinione pubblica in favore della naturalità della maternità. Si ricominciò a ri-conoscere quanto allattare è normale (non ‘è meglio’ perchè altrimenti non farlo ‘è normale’: in realtà non allattare ‘è peggio’) e tutti gli enormi vantaggi che farlo apporta alla salute della mamma – che deve fare la mamma perchè le poppe ce le ha lei – e al suo bambino. Fu redatto un Codice etico Internazionale che tenta di proteggere l’allattamento da tutto quello che può sostituirlo, ivi compreso il ciuccio (del quale, si sappia, non ha bisogno il bambino, ma casomai la mamma) e tutti i vari biberon pseudotecnologici e anti-singhiozzo, anti-colica e anti-unghieincarnite, sino allo smascheramento dei trucchi del marketing più agguerrito per svendere latti per prematuri, latti per bambini di 2 anni e per quelli in età da liceo (certe mamme, se potessero, somministrerebbero biberon fino a quell’età) e tisane che fanno aumentare la quantità di latte (che per inciso aumenta solo se la donna allatta perchè si tratta di una produzione di una ghiandola ormonale). Intere associazioni si mobilitarono e da quel momento sono attivissime per proteggere, sostenere e diffondere una cultura dell’allattamento biologico (che non vuol dire che usa latte di mucca bio – come vuole la moda – ma realmente si tratta di un alimento specie-specifico) che mira ad aiutare le donne in gravidanza a prepararsi ad allattare il più possibile (la poppa non scade), in modo sereno (allattare consente di far dormire tutta la famiglia) e senza spendere una fortuna in scaldabiberon eccetera eccetera (la poppa è gratis).
Ogni volontaria che aiuta una mamma a darsi per il proprio bambino compie un lavoro encomiabile: allattare purtroppo non è automatico (le nonne che non hanno allattato sono la rovina delle figlie e delle nuore che vorrebbero farlo) e la società rema un po’ contro (allattare in pubblico pare essere cosa un po’ scandalosa da quando le mammelle sono oggetto erotico e non nutritivo), per tale motivo ogni donna che matura la passione per aiutare le mamme ad allattare, combatte contro le politiche di alcune farmacie furbette (a meno che non siano delle FAAM: farmacie amiche dell’allattamento materno), denuncia neonatologi disinformati (“Signora Lei ha poco latte” quando il latte ovvio che non c’è: è colostro), organizza manifestazioni (flash mob e mostre fotografiche), promuove incontri informativi, diffonde la salute legata all’allattamento e via dicendo, ha la mia stima, il mio rispetto e la mia più profonda invidia per la competenza acquisita.
Nel mondo dell’allattamento si sono andate costellandosi, come spesso
accade, più figure disparate che trovano nella causa un nobile modo di
attivare la propria etica: vi sono le volontarie o peer-counselors
(altrimenti dette ‘mamma alla pari’) che avendo allattato e
appassionandosi alla cosa, studiano spesso con molto successo
l’allattamento, sino a poter aiutare ‘colleghe’ mamme che lo richiedono;
tra queste volontarie ci sono quelle di organizzazioni internazionali
accreditate presso enti scientifici che hanno pubblicazioni con
bibliografie e studi più che qualificanti, e associazioni internazionali
che si occupano non solo di allattamento, ma di tutta l’alimentazione
infantile compiendo ricerca, redigendo pubblicazioni e includendo
professionisti (spesso pediatri, neonatologi e altri) che svolgono
attività formative a livello nazionale e internazionale; sono sorte col
tempo tantissime piccole ma attive associazioni di mamme che sostengono e
fanno gruppi d’aiuto (come quella che ho a mio tempo fondato io con
altre due mamme); col tempo si sono andati creando operatori
formatissimi che vengono definiti ‘consulenti professionali’ (possono
essere un’evoluzione semi-professionale delle volontarie o sanitari con
titoli riconosciuti che hanno compiuto un percorso formativo tutt’altro
che semplice); ovviamente infine ci sono i professionisti (medici,
infermieri e ostetriche) che scelgono consapevolmente – purtroppo ci
vuole molta volontà per studiare la fisiologia dell’allattamento – di
avere una formazione adeguata nel campo. Non mancano battibecchi tra le
fazioni, come accade nelle migliori soap-opera umane: i professionisti laureati spesso sono preparatissimi, altre volte sono capre (quanti neonatologi non sanno un baffo di biological nurturing?
Quante infermiere consigliano paracapezzoli d’argento? Quanti pediatri
pesano una volta ogni 2 giorni al di là di ogni ragionevole linea guida?
Quante ostetriche non sanno riconoscere un frenulo corto?) e questo fa
infuriare le volontarie che, giustamente, mettono in atto incontri
sempre più coinvolgenti delle mamme che a volte si fidano più della
volontaria che del medico (il rischio sta nel fatto che la volontaria
non ha assicurazioni o titoli riconosciuti); oppure a volte i sanitari
professionisti sono più che formati e si trovano a dover avere a che
fare con ‘consulenti professionali’ o volontarie un po’ eccessive che
indicano alle mamme di allattare 18 volte al giorno “Altrimenti il latte
va via” (la donna poi smette di farlo e acquista la prima betonera di
formula lattea artificiale che passa); oppure ancora le ‘consulenti
professionali’ lavorano bene sul territorio ma hanno a che fare con
ospedali dove l’allattamento è un gesto del tutto sconosciuto… insomma:
una gran confusione!Al termine degli anni ’70 le ditte produttrici di formula lattea artificiale erano talmente espanse sul globo da arrivare in ogni parte del mondo, anche in quelle nelle quali i neonati senza poppa muoiono (e infatti ci si accorse che morivano proprio grazie alla non produzione di latte delle loro mamme convinte che la formula fosse meglio rispetto alle competenze del loro corpo) e i pediatri erano sui libri paga delle varie ‘Lattebimbograssottello’ (il che accade pure ora, ma fa un po’ scandalo ed è illegale), che molte donne cominciarono a battersi per ‘tornare’ alla fisiologia di gravidanza/parto e puerperio: l’epoca della femmina libera dal giogo della maternità e della genitorialità stava iniziando a stufare e numerosi movimenti scossero l’opinione pubblica in favore della naturalità della maternità. Si ricominciò a ri-conoscere quanto allattare è normale (non ‘è meglio’ perchè altrimenti non farlo ‘è normale’: in realtà non allattare ‘è peggio’) e tutti gli enormi vantaggi che farlo apporta alla salute della mamma – che deve fare la mamma perchè le poppe ce le ha lei – e al suo bambino. Fu redatto un Codice etico Internazionale che tenta di proteggere l’allattamento da tutto quello che può sostituirlo, ivi compreso il ciuccio (del quale, si sappia, non ha bisogno il bambino, ma casomai la mamma) e tutti i vari biberon pseudotecnologici e anti-singhiozzo, anti-colica e anti-unghieincarnite, sino allo smascheramento dei trucchi del marketing più agguerrito per svendere latti per prematuri, latti per bambini di 2 anni e per quelli in età da liceo (certe mamme, se potessero, somministrerebbero biberon fino a quell’età) e tisane che fanno aumentare la quantità di latte (che per inciso aumenta solo se la donna allatta perchè si tratta di una produzione di una ghiandola ormonale). Intere associazioni si mobilitarono e da quel momento sono attivissime per proteggere, sostenere e diffondere una cultura dell’allattamento biologico (che non vuol dire che usa latte di mucca bio – come vuole la moda – ma realmente si tratta di un alimento specie-specifico) che mira ad aiutare le donne in gravidanza a prepararsi ad allattare il più possibile (la poppa non scade), in modo sereno (allattare consente di far dormire tutta la famiglia) e senza spendere una fortuna in scaldabiberon eccetera eccetera (la poppa è gratis).
Ogni volontaria che aiuta una mamma a darsi per il proprio bambino compie un lavoro encomiabile: allattare purtroppo non è automatico (le nonne che non hanno allattato sono la rovina delle figlie e delle nuore che vorrebbero farlo) e la società rema un po’ contro (allattare in pubblico pare essere cosa un po’ scandalosa da quando le mammelle sono oggetto erotico e non nutritivo), per tale motivo ogni donna che matura la passione per aiutare le mamme ad allattare, combatte contro le politiche di alcune farmacie furbette (a meno che non siano delle FAAM: farmacie amiche dell’allattamento materno), denuncia neonatologi disinformati (“Signora Lei ha poco latte” quando il latte ovvio che non c’è: è colostro), organizza manifestazioni (flash mob e mostre fotografiche), promuove incontri informativi, diffonde la salute legata all’allattamento e via dicendo, ha la mia stima, il mio rispetto e la mia più profonda invidia per la competenza acquisita.
Detto questo ho personalmente conosciuto sia direttamente, sia
virtualmente di tutto e potrei raccontare episodi che coinvolgono
positivamente o negativamente ogni tipo di persona elencata qui sopra
(sicuramente avrò scordato qualcuno come le psicologhe che affermano che
un figlio nel letto causa la separazione tra i genitori) e debbo
ammettere che ho imparato moltissimo da pediatri, ‘consulenti
professionali’ e volontarie.
Quando ancora vivevo nel web in maniera attiva (l’arrivo
di Quarto e Quinto mi fecero desistere dalla prosecuzione di rapporti
che non fossero vivi e reali perchè il mio tempo era davvero poco!),
feci in tempo ad accorgermi di alcune caratteristiche molto comuni tra
tali operatori: l’allattamento è per ogni persona interessata l’aspetto
più importante nella vita del neonato/bambino, anche se mi sono
soffermata più volte con attenzione a valutare che l’allattamento è
fondamentale in quanto importante realizzazione per la madre, per la
riuscita del suo ruolo, per la percezione positiva nei confronti di se
stessa, ma spesso non un tassello fondamentale nella salute del neonato
in quanto colui che ha (dovrebbe avere) diritti più importanti
dell’adulto. Oppure lo è, ma non in quanto essere umano con diritti, ma
in qunato la salute data dal latte materno è importante in quanto tale
(l’epoca dell’ecomammaetica). Non metto bocca nel fatto che ogni donna
realizza nell’allattamento una parte fondamentale del proprio essere
madre, lo difendo e lo capisco, tuttavia la mia domanda è spesso nella
ricerca di che peso reale tali donne diano all’allattamento: è un gesto
che è utile al bambino o a loro? Sono dalla parte dell’allattamento
perchè è un gesto che ha una serie di conseguenze tutte positive per la
loro creatura solo nel momento in cui viene attuato, ma una volta
cresciuto il bambino non ha più importanza il rapporto con esso? E
infine la questione che mi sta più a cuore: allattare è un diritto della
madre o essere allattato è un diritto del bambino?
Notai, ad esempio, che sono molte le donne che si occupano di
allattamento, ma sono a favore dell’aborto che rimane, a loro dire, un
diritto materno: allora mi chiedo il motivo che le spinge a difendere il
gesto di allattare: se una donna non lo compie per il proprio bambino,
lo fa solo per sé, come dicevo poc’anzi, per realizzarsi?
Non posso trovare plausibile il concetto che una donna
possa passare la propria vita a sostenere e supportare le mamme parlando
di naturalità della nascita (è abbastanza legata alla buona riuscita
dell’allattamento) e del rispetto del nascituro, se la stessa è a favore
dell’utero in affitto: come può concepirsi un parto in acqua dolcissimo
e spesso doloroso, la fuoriuscita di un bambinello morbido e
‘accucciolante’ che trova conforto tra le mammelle di mamma (il battito
che ha udito tutta la gravidanza è il medesimo) e nel primo attacco al
seno con tanto di ciucciata vigorosa e spontanea, se poi il medesimo
fantolino viene preso, asciugato, allontanato dalla madre (e su questo
gesto so di interi reparti di ostetricia che hanno scioperato per
consentire alle mamme di non avere neonati allontanati e lavati
immediatamente dopo la nascita) per darlo a degli acquirenti?
Cara Consulente per l’Allattamento Materno, mi rivolgo a te che io
stimo e ammiro: spesso compi il tuo lavoro e/o il tuo volontariato (lo
so bene) a ore improbe e sostanzialemnte h24. Aiuti le donne a capire se
allattare è quello che vogliono, intervieni risolvendo ragadi
sanguinolente e dolorosissime, trasmetti il valore di ascoltare il
pianto dei neonati per capire di cosa hanno bisogno, citi fonti
bibliografiche mostruosamente ricche e aggiornate, frequenti convegni
lontano da casa speso trascinando con te marito e figli (spesso alla
poppa)…
Tuttavia ammetti che l’aborto sia un diritto. Ammetti che l’utero in
affito sia l’espressione di un diritto di adulti viziati. Spesso lavori
in consultorio e passi dai corsi di accompagnamento alla nascita
insegnando alle mamme i cambiamenti del loro bambino dalla fase
embionale a quella fetale e poi neonatale (citi le capacità uditive al
4° mese, ad esempio), allo sportello per il rilascio del certificato di
IVG: ma scusa quell’embrione di cui parli al corso preparto è così
diverso da quello nel grembo della donna che ti chiede di sopprimerlo?
Pensi che sia davvero l’espressione di un diritto, soffrire per tutta la
vita per aver ucciso un figlio? Hai mai parlato con le donne che
soffrono di depressione post-aborto? Rispetto a quelle con depressione
post-parto sono il doppio (per quanto riguarda la mia esperienza)!!!Promuovi ogni sorta di evento in favore dell’allattamento, ma non hai dubbi: se una donna vi chiede di abortire (alcune di voi sono ostetriche degli ambulatori appositi), non ti viene in mente che quella donna, in quel momento, ha solo paura e sta rinunciando a compiere il gesto che tu riteni il più bello che una madre possa compiere…
Organizzi o partecipi a convegni con tanto di
accreditamento da parte di enti internazionali, ministeri e chi ne ha
più ne metta (rifiutando sponsorizzazioni da ditte produttrici anche
solo di tisane al finocchio – gustamente – ), sulla fisiologia del sonno
infantile e su quanto questo sia in stretto contatto con la fisiologia
dell’allattamento (mamma vicina = bambino dormiente e ciucciante), ma
non ti si contorcono le budella al pensiero di un neonato che ulula
tentato di essere zittito con ciucci, biberon, latte materno munto da
sua madre, ma somministrato da altre persone che quel neonato l’hanno
pagato?
Sbandieri i diritti di una madre di seppellire il
proprio fetino morto a 6-9-12-18 eccetera settimane di gestazione
(specialmente tra di voi chi è psicologa), affermando che è inumano che
venga raschiato via e gettato nell’immondizia (se non peggio: i feti
malformati sono palestre per anatomo-patologi universitari) e
proclamando il giusto riconoscimento al fatto ch’ella pianga il suo
bambino, ma poi non ti si accappona la pelle a sentir parlare di
embrioni congelati e sfruttati per esperimenti?
Amica mia ti rendi conto di quanto la politica abortista ti faccia concedere di essere instabile e discontinua?
Amica mia ti rendi conto di quanto la politica abortista ti faccia concedere di essere instabile e discontinua?
Ma per te l’allattamento è un gesto naturale, un dovere di ogni
madre (chiedo scusa a chi non è riuscita nel compito – come me – ma
nutrire bene il proprio figlio è un dovere), una prosecuzione della
gestazione (altrimenti detta esogestazione), un accogliere in modo
semplice i bisogni del neonato/bambino, o è solo un ‘qualcosa’ che
realizza la donna?
Se fosse così, si spiegherebbero alcune campagne di
sensibilizzazione dai titoli equivocabili (ad esempio per me), in
effetti. Dire che allattare è “Ovunque lo desideri” (nulla di più vero) è
una frase rivolta dalla madre al proprio bambino, come dire: “Quando
hai fame/sonno/cacca/noia, hai il diritto di chiedermi la ciuccia”, o –
come mi è sembrato spesso – , un “Se voglio tirarmi fuori la tetta per
allattare, posso farlo ovunque”? Come dire: “Ho diritto di occuparmi di
mio figlio” oppure “Ho diritto di tirar fuori le tette dove mi pare”
(che assomiglia al monito femminista “Se voglio girare per le strade
alle 3 di notte in minigonna ho il diritto di farlo”).
Se davvero sei a favore dell’allattamento e una donna che è in
attesa di un bambino con la Sindrome di Down ti chiede aiuto per farlo
nel miglior modo possibile, lo fai o le dici, anche in maniera delicata,
che sarebbe stato meglio ‘optare per altro’ (frase udita dalle mie
orecchie)? Perchè se fosse così, se ti ritieni davvero a favore
dell’allattamento, sappi che non sei a favore dei bambini.
Compagna di sventura e cara collega, fidati che io ho capito
finalmente e in modo sofferto che essere a favore dell’allattamento (e
di tutto ciò che include questo gesto) non può sussistere nelle persone
che affrontano una madre che ha un figlio handicappato grave e lo ama
avendo scelto di farlo al di là di facili egoismi, e le dicono che
andrebbe sottoposto a eutanasia: medesime persone che redigono articoli
sull’attaccamento e sui bisogni dei bambini, che si scagliano a favore
delle leggi che tutelano l’allattamento o che semplicemente ‘divorano’
coloro che affermano le loro opinioni a favore di sostituti del latte
materno…
Se sei a favore dell’allattamento chiediti con serenità e onestà: “Ma io, da che parte sto?”
Dal sito lacortedeiliberi.it