mercoledì 7 marzo 2018

Allattamento materno

Non credo che si debba neppure stare molto a sottolineare, ma l’allattamento materno è il mezzo biologicamente normale attraverso il quale un essere vivente deve essere nutrito dalla propria madre. Noi esseri umani siamo stati nutriti per millenni dalle poppe della nostra mamma (a volte anche da quelle di altre donne se la mamma era impossibilitata o morta di parto: brutto sì, ma succede ancora e, spesso, non è evitabile) e nessuno ha mai messo in dubbio che una sana ciucciata di latte potesse essere la panacea per nutrirsi, calmarsi, dormire, guarire, sentirsi amati e molte altre cose ancora (la Terza figlia – abile ciucciatrice – suggerisce un semplicissimo:”Perché è buona!”). 
I neonati morivano veramente spesso, ma a volte mi piace sperare che almeno spirassero tra le braccia di mamma o nella fascia (i passeggini e le carrozzine non vendevano molto nell’età della pietra o nel Medioevo) tra le calde ciucce che, almeno, trasmettevano loro, essendo vicine al cuore, tutto l’amore possibile. Poi c’è stata la fase del ‘le donne devono lavorare lasciando i figli perché se l’utero è loro, figuriamoci le poppe!’ e prima che ce ne rendessimo conto, la calda, morbida, buona (come dice la Terza) e sana ciuccia è stata abilmente sostituita da brandelli di pseudogomma attaccati a bottiglie di vetro (che non bollite nutrivano plotoni di batteri e causavano enterocoliti necrotizzanti e infezioni intestinali che uccidevano e uccidono i neonati) contenenti polveri di ‘secrezione di ghiandole di vacca’ e acqua non molto pulita, che erano sicuramente un modo perché altri potessero far crescere di peso (‘nutrire’ è un concetto assai differente dal mero aumento ponderale) un neonato privato della propria nutrice (òps! La puerpera è anche chiamata a nutrire chi ha dato alla luce, concetto ovvio ma un tantino perso di vista, ultimamente), altrimenti detta “madre” (‘mamma’ deriva da ‘mammifero’ così pure ‘mammelle’: c’è bisogno di sottolinearlo?).
Quando alle donne fu detto che l’emancipazione includeva nel prezzo anche la cosiddetta pedagogia ‘a basso contatto’ (neonati costretti ad angosciosi pianti fino al sonno sconfortante – qui filmati esplicativi di chi ancor’oggi suggerisce tali metodi) : alcune generazioni di esseri umani crebbero bene ‘lo stesso’ e sapendosi ‘addormentare da soli’. Secondo tali prescrizioni, il neonato e il bambino dovevano crescere ben lontani dalla mamma e possibilmente essere indipendenti affettivamente da ella (intere generazioni di anaffettivi sguinzagliate per il mondo) e, ovviamente, l’allattamento materno, che è l’emblema dell’attaccamento e dell’unico modo di occuparsi del proprio bambino in modo sano e biologicamente corretto, fu abilmente sostituito dalla nutrizione artificiale. Occuparsi del proprio bambino divenne ‘viziarlo’, e renderlo fiducioso in se stesso ascoltandone i bisogni, divenne farlo essere ‘mammone’. Le donne delegarono splendidamente la loro fertilità a pillole e carriere professionali e fecero crescere i loro figli (pochissimi) da tate o nonne.
Al termine degli anni ’70 le ditte produttrici di formula lattea artificiale erano talmente espanse sul globo da arrivare in ogni parte del mondo, anche in quelle nelle quali i neonati senza poppa muoiono (e infatti ci si accorse che morivano proprio grazie alla non produzione di latte delle loro mamme convinte che la formula fosse meglio rispetto alle competenze del loro corpo) e i pediatri erano sui libri paga delle varie ‘Lattebimbograssottello’ (il che accade pure ora, ma fa un po’ scandalo ed è illegale), che molte donne cominciarono a battersi per ‘tornare’ alla fisiologia di gravidanza/parto e puerperio: l’epoca della femmina libera dal giogo della maternità e della genitorialità stava iniziando a stufare e numerosi movimenti scossero l’opinione pubblica in favore della naturalità della maternità. Si ricominciò a ri-conoscere quanto allattare è normale (non ‘è meglio’ perchè altrimenti non farlo ‘è normale’: in realtà non allattare ‘è peggio’) e tutti gli enormi vantaggi che farlo apporta alla salute della mamma – che deve fare la mamma perchè le poppe ce le ha lei – e al suo bambino. Fu redatto un Codice etico Internazionale che tenta di proteggere l’allattamento da tutto quello che può sostituirlo, ivi compreso il ciuccio (del quale, si sappia, non ha bisogno il bambino, ma casomai la mamma) e tutti i vari biberon pseudotecnologici e anti-singhiozzo, anti-colica e anti-unghieincarnite, sino allo smascheramento dei trucchi del marketing più agguerrito per svendere latti per prematuri, latti per bambini di 2 anni e per quelli in età da liceo (certe mamme, se potessero, somministrerebbero biberon fino a quell’età) e tisane che fanno aumentare la quantità di latte (che per inciso aumenta solo se la donna allatta perchè si tratta di una produzione di una ghiandola ormonale). Intere associazioni si mobilitarono e da quel momento sono attivissime per proteggere, sostenere e diffondere una cultura dell’allattamento biologico (che non vuol dire che usa latte di mucca bio – come vuole la moda – ma realmente si tratta di un alimento specie-specifico) che mira ad aiutare le donne in gravidanza a prepararsi ad allattare il più possibile (la poppa non scade), in modo sereno (allattare consente di far dormire tutta la famiglia) e senza spendere una fortuna in scaldabiberon eccetera eccetera (la poppa è gratis).
Ogni volontaria che aiuta una mamma a darsi per il proprio bambino compie un lavoro encomiabile: allattare purtroppo non è automatico (le nonne che non hanno allattato sono la rovina delle figlie e delle nuore che vorrebbero farlo) e la società rema un po’ contro (allattare in pubblico pare essere cosa un po’ scandalosa da quando le mammelle sono oggetto erotico e non nutritivo), per tale motivo ogni donna che matura la passione per aiutare le mamme ad allattare, combatte contro le politiche di alcune farmacie furbette (a meno che non siano delle FAAM: farmacie amiche dell’allattamento materno), denuncia neonatologi disinformati (“Signora Lei ha poco latte” quando il latte ovvio che non c’è: è colostro), organizza manifestazioni (flash mob e mostre fotografiche), promuove incontri informativi, diffonde la salute legata all’allattamento e via dicendo, ha la mia stima, il mio rispetto e la mia più profonda invidia per la competenza acquisita.
Nel mondo dell’allattamento si sono andate costellandosi, come spesso accade, più figure disparate che trovano nella causa un nobile modo di attivare la propria etica: vi sono le volontarie o peer-counselors (altrimenti dette ‘mamma alla pari’) che avendo allattato e appassionandosi alla cosa, studiano spesso con molto successo l’allattamento, sino a poter aiutare ‘colleghe’ mamme che lo richiedono; tra queste volontarie ci sono quelle di organizzazioni internazionali accreditate presso enti scientifici che hanno pubblicazioni con bibliografie e studi più che qualificanti, e associazioni internazionali che si occupano non solo di allattamento, ma di tutta l’alimentazione infantile compiendo ricerca, redigendo pubblicazioni e includendo professionisti (spesso pediatri, neonatologi e altri) che svolgono attività formative a livello nazionale e internazionale; sono sorte col tempo tantissime piccole ma attive associazioni di mamme che sostengono e fanno gruppi d’aiuto (come quella che ho a mio tempo fondato io con altre due mamme); col tempo si sono andati creando operatori formatissimi che vengono definiti ‘consulenti professionali’ (possono essere un’evoluzione semi-professionale delle volontarie o sanitari con titoli riconosciuti che hanno compiuto un percorso formativo tutt’altro che semplice); ovviamente infine ci sono i professionisti (medici, infermieri e ostetriche) che scelgono consapevolmente – purtroppo ci vuole molta volontà per studiare la fisiologia dell’allattamento – di avere una formazione adeguata nel campo. Non mancano battibecchi tra le fazioni, come accade nelle migliori soap-opera umane: i professionisti laureati spesso sono preparatissimi, altre volte sono capre (quanti neonatologi non sanno un baffo di biological nurturing? Quante infermiere consigliano paracapezzoli d’argento? Quanti pediatri pesano una volta ogni 2 giorni al di là di ogni ragionevole linea guida? Quante ostetriche non sanno riconoscere un frenulo corto?) e questo fa infuriare le volontarie che, giustamente, mettono in atto incontri sempre più coinvolgenti delle mamme che a volte si fidano più della volontaria che del medico (il rischio sta nel fatto che la volontaria non ha assicurazioni o titoli riconosciuti); oppure a volte i sanitari professionisti sono più che formati e si trovano a dover avere a che fare con ‘consulenti professionali’ o volontarie un po’ eccessive che indicano alle mamme di allattare 18 volte al giorno “Altrimenti il latte va via” (la donna poi smette di farlo e acquista la prima betonera di formula lattea artificiale che passa); oppure ancora le ‘consulenti professionali’ lavorano bene sul territorio ma hanno a che fare con ospedali dove l’allattamento è un gesto del tutto sconosciuto… insomma: una gran confusione!
Detto questo ho personalmente conosciuto sia direttamente, sia virtualmente di tutto e potrei raccontare episodi che coinvolgono positivamente o negativamente ogni tipo di persona elencata qui sopra (sicuramente avrò scordato qualcuno come le psicologhe che affermano che un figlio nel letto causa la separazione tra i genitori) e debbo ammettere che ho imparato moltissimo da pediatri, ‘consulenti professionali’ e volontarie.
Quando ancora vivevo nel web in maniera attiva (l’arrivo di Quarto e Quinto mi fecero desistere dalla prosecuzione di rapporti che non fossero vivi e reali perchè il mio tempo era davvero poco!), feci in tempo ad accorgermi di alcune caratteristiche molto comuni tra tali operatori: l’allattamento è per ogni persona interessata l’aspetto più importante nella vita del neonato/bambino, anche se mi sono soffermata più volte con attenzione a valutare che l’allattamento è fondamentale in quanto importante realizzazione per la madre, per la riuscita del suo ruolo, per la percezione positiva nei confronti di se stessa, ma spesso non un tassello fondamentale nella salute del neonato in quanto colui che ha (dovrebbe avere) diritti più importanti dell’adulto. Oppure lo è, ma non in quanto essere umano con diritti, ma in qunato la salute data dal latte materno è importante in quanto tale (l’epoca dell’ecomammaetica). Non metto bocca nel fatto che ogni donna realizza nell’allattamento una parte fondamentale del proprio essere madre, lo difendo e lo capisco, tuttavia la mia domanda è spesso nella ricerca di che peso reale tali donne diano all’allattamento: è un gesto che è utile al bambino o a loro? Sono dalla parte dell’allattamento perchè è un gesto che ha una serie di conseguenze tutte positive per la loro creatura solo nel momento in cui viene attuato, ma una volta cresciuto il bambino non ha più importanza il rapporto con esso? E infine la questione che mi sta più a cuore: allattare è un diritto della madre o essere allattato è un diritto del bambino?
Notai, ad esempio, che sono molte le donne che si occupano di allattamento, ma sono a favore dell’aborto che rimane, a loro dire, un diritto materno: allora mi chiedo il motivo che le spinge a difendere il gesto di allattare: se una donna non lo compie per il proprio bambino, lo fa solo per sé, come dicevo poc’anzi, per realizzarsi?
Non posso trovare plausibile il concetto che una donna possa passare la propria vita a sostenere e supportare le mamme parlando di naturalità della nascita (è abbastanza legata alla buona riuscita dell’allattamento) e del rispetto del nascituro, se la stessa è a favore dell’utero in affitto: come può concepirsi un parto in acqua dolcissimo e spesso doloroso, la fuoriuscita di un bambinello morbido e ‘accucciolante’ che trova conforto tra le mammelle di mamma (il battito che ha udito tutta la gravidanza è il medesimo) e nel primo attacco al seno con tanto di ciucciata vigorosa e spontanea, se poi il medesimo fantolino viene preso, asciugato, allontanato dalla madre (e su questo gesto so di interi reparti di ostetricia che hanno scioperato per consentire alle mamme di non avere neonati allontanati e lavati immediatamente dopo la nascita) per darlo a degli acquirenti?
Cara Consulente per l’Allattamento Materno, mi rivolgo a te che io stimo e ammiro: spesso compi il tuo lavoro e/o il tuo volontariato (lo so bene) a ore improbe e sostanzialemnte h24. Aiuti le donne a capire se allattare è quello che vogliono, intervieni risolvendo ragadi sanguinolente e dolorosissime, trasmetti il valore di ascoltare il pianto dei neonati per capire di cosa hanno bisogno, citi fonti bibliografiche mostruosamente ricche e aggiornate, frequenti convegni lontano da casa speso trascinando con te marito e figli (spesso alla poppa)…
Tuttavia ammetti che l’aborto sia un diritto. Ammetti che l’utero in affito sia l’espressione di un diritto di adulti viziati. Spesso lavori in consultorio e passi dai corsi di accompagnamento alla nascita insegnando alle mamme i cambiamenti del loro bambino dalla fase embionale a quella fetale e poi neonatale (citi le capacità uditive al 4° mese, ad esempio), allo sportello per il rilascio del certificato di IVG: ma scusa quell’embrione di cui parli al corso preparto è così diverso da quello nel grembo della donna che ti chiede di sopprimerlo? Pensi che sia davvero l’espressione di un diritto, soffrire per tutta la vita per aver ucciso un figlio? Hai mai parlato con le donne che soffrono di depressione post-aborto? Rispetto a quelle con depressione post-parto sono il doppio (per quanto riguarda la mia esperienza)!!!
Promuovi ogni sorta di evento in favore dell’allattamento, ma non hai dubbi: se una donna vi chiede di abortire (alcune di voi sono ostetriche degli ambulatori appositi), non ti viene in mente che quella donna, in quel momento, ha solo paura e sta rinunciando a compiere il gesto che tu riteni il più bello che una madre possa compiere…
Organizzi o partecipi a convegni con tanto di accreditamento da parte di enti internazionali, ministeri e chi ne ha più ne metta (rifiutando sponsorizzazioni da ditte produttrici anche solo di tisane al finocchio – gustamente – ), sulla fisiologia del sonno infantile e su quanto questo sia in stretto contatto con la fisiologia dell’allattamento (mamma vicina = bambino dormiente e ciucciante), ma non ti si contorcono le budella al pensiero di un neonato che ulula tentato di essere zittito con ciucci, biberon, latte materno munto da sua madre, ma somministrato da altre persone che quel neonato l’hanno pagato?
Sbandieri i diritti di una madre di seppellire il proprio fetino morto a 6-9-12-18 eccetera settimane di gestazione (specialmente tra di voi chi è psicologa), affermando che è inumano che venga raschiato via e gettato nell’immondizia (se non peggio: i feti malformati sono palestre per anatomo-patologi universitari) e proclamando il giusto riconoscimento al fatto ch’ella pianga il suo bambino, ma poi non ti si accappona la pelle a sentir parlare di embrioni congelati e sfruttati per esperimenti?
Amica mia ti rendi conto di quanto la politica abortista ti faccia concedere di essere instabile e discontinua?
Ma per te l’allattamento è un gesto naturale, un dovere di ogni madre (chiedo scusa a chi non è riuscita nel compito – come me – ma nutrire bene il proprio figlio è un dovere), una prosecuzione della gestazione (altrimenti detta esogestazione), un accogliere in modo semplice i bisogni del neonato/bambino, o è solo un ‘qualcosa’ che realizza la donna?
Se fosse così, si spiegherebbero alcune campagne di sensibilizzazione dai titoli equivocabili (ad esempio per me), in effetti. Dire che allattare è “Ovunque lo desideri” (nulla di più vero) è una frase rivolta dalla madre al proprio bambino, come dire: “Quando hai fame/sonno/cacca/noia, hai il diritto di chiedermi la ciuccia”, o – come mi è sembrato spesso – , un “Se voglio tirarmi fuori la tetta per allattare, posso farlo ovunque”? Come dire: “Ho diritto di occuparmi di mio figlio” oppure “Ho diritto di tirar fuori le tette dove mi pare” (che assomiglia al monito femminista “Se voglio girare per le strade alle 3 di notte in minigonna ho il diritto di farlo”).
Se davvero sei a favore dell’allattamento e una donna che è in attesa di un bambino con la Sindrome di Down ti chiede aiuto per farlo nel miglior modo possibile, lo fai o le dici, anche in maniera delicata, che sarebbe stato meglio ‘optare per altro’ (frase udita dalle mie orecchie)? Perchè se fosse così, se ti ritieni davvero a favore dell’allattamento, sappi che non sei a favore dei bambini.
Compagna di sventura e cara collega, fidati che io ho capito finalmente e in modo sofferto che essere a favore dell’allattamento (e di tutto ciò che include questo gesto) non può sussistere nelle persone che affrontano una madre che ha un figlio handicappato grave e lo ama avendo scelto di farlo al di là di facili egoismi, e le dicono che andrebbe sottoposto a eutanasia: medesime persone che redigono articoli sull’attaccamento e sui bisogni dei bambini, che si scagliano a favore delle leggi che tutelano l’allattamento o che semplicemente ‘divorano’ coloro che affermano le loro opinioni a favore di sostituti del latte materno…
Se sei a favore dell’allattamento chiediti con serenità e onestà: “Ma io, da che parte sto?”

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