Quando
mi arrivò il messaggio di Andrea nel quale c’era scritto: “Sangue”, io
capii immediatamente che non si stava scherzando. Gli dissi, senza mezzi
termini, di chiamare un’ambulanza e che c’era una grande possibilità
che ci fosse un distacco di placenta in atto.
Chiara si fece trasportare
dalla ambulanza ben cosciente che la vita di suo figlio Francesco era
in grave pericolo e che anche la propria poteva essere realmente a
rischio. Quando io arrivai all’ospedale, pochi minuti prima che
arrivasse l’ambulanza, il team l’aspettava già pronta per l’intervento
chirurgico d’emergenza. Il primario, già vestito di verde per entrare in
sala operatoria, parlò a Chiara senza mezzi termini, la prese per mano e
le disse: “Spero tu abbia capito che stiamo andando in sala operatoria.
Francesco nacque in pochi minuti e sembrava realmente morto: era tutto
blu, il suo corpo inanimato e non respirava. Era rimasto senza ossigeno
40 minuti e la speranza che sopravvivesse quest’esperienza, era
pochissima. Le colleghe della sala operatoria e i medici si mossero
rapidamente e Francesco pochi minuti dopo essere nato, ricominciò
l’attività cardiaca.
Per limitare i possibili danni cerebrali, si decise
per un trasferimento d’urgenza al Meyer di Firenze per sottoporlo
all’ipotermia. Chiara si svegliò e mi chiese a bruciapelo se Francesco
fosse morto. Le sorrisi e le dissi che stava abbastanza bene che
continuasse a pregare: lo avrebbe visto, tuttavia, dopo qualche giorno
poiché Francesco era già in partenza, nella culla, con l’ambulanza.
Solo chi ha provato il dolore addominale di un intervento chirurgico di
quel genere, sa quanto può far male anche solo starnutire, e i singhiozzi che fece Chiara sapendo che suo figlio era vivo le fecero
sentire un dolore molto profondo all’addome. Francesco visse 10 giorni
lontano dalla sua mamma e le infermiere mi dissero che se all’inizio
piangeva molto, piano piano il suo pianto cominciava a ridursi. Un
neonatologo con il quale parlai mi disse che aveva dato disposizione
alle infermiere di coccolarlo un poco di più perché notava che Francesco
aveva smesso di piangere anche solo quando aveva fame. E Chiara? Come
stava Chiara senza il suo bambino? Chiara visse le prime 24 ore sentendo
solo il suo terribile dolore alla pancia e neppure quando Andrea le
portò la loro bambina di 3 anni, Elisa, era in grado di sorridere. Le
chiedevo spesso come stesse e lei mi rispondeva che le pareva di vivere
una vita parallela e che avrebbe preferito morire se non avesse presto
visto il suo bambino. Le sue mammelle, preparatesi in gravidanza,
sgorgavano latte e lei mi disse che ogni parte del suo corpo stava
piangendo: il suo utero, i suoi occhi e il suo seno. Quei giorni
passavano lentamente e Chiara mi disse: “Sapere che mio figlio è vivo,
ma è tra altre braccia, è il dolore più grande che io possa provare.
Preferirei fosse morto, ma tra le mie braccia”.
Da
quando iniziai ad occuparmi di violenza ostetrica, sono state fondate
diverse associazioni che hanno fatto rete tra loro. Numerosissime, si
occupano di maternità, di cura del neonato e di evitare cesarei inutili
(un prestito linguistico del termine ‘innecesarean’). Da ogni parte,
anche su facebook, queste organizzazioni spesso internazionali, cercano
il più possibile di sensibilizzare sia le donne, sia gli operatori, al
fatto di contrastare il terribile fenomeno della violenza ostetrica. Ci
sono un sacco di pagine e di siti internet che, in modo più o meno
discutibile, provano a sollevare l’interesse sull’argomento. Mi
piacerebbe molto condividere ciò che ho letto sul web, prima di poter
parlare dell’oggetto del mio articolo odierno: voglio dare voce a tante
donne che credono davvero in quello in cui lavorano e che lo condividono
con ardore.
Dalla pagina Facebook “Osservatorio sulla violenza ostetrica – Italia”
si apprendono numerosi dati molto interessanti. Oltre che raccogliere
le moltissime esperienze di violenza ostetrica di tante donne, si evince
per esempio dell’esistenza del Comitato CoRDiN
(Comitato per il rispetto dei diritti del neonato) il quale ha come
obiettivo di promuovere il benessere, la salute e la dignità dei
neonati. Si legge infatti dal sito omonimo che “Il bambino e la sua
placenta formano un’unità funzionale in cui la placenta svolge un ruolo
cruciale per la salute del bambino sia dentro l’utero che dopo la
nascita. Nei tempi che seguono l’uscita del neonato dal canale del
parto, avviene una trasfusione placentare che apporta al neonato un
terzo del suo sangue. Questo sangue ricco di ossigeno, cellule staminali
e altre componenti di cui il bambino ha bisogno nell’immediato e per la
salute e benessere futuri. Il sangue contenuto del cordone appartiene
biologicamente al bambino, in quanto unità neonato-placenta, che ha il
diritto a riceverlo tramite la trasfusione placentare. La pratica del
taglio del cordone un intervento medico che interferisce sullo
svolgimento della nascita, pertanto va valutata con cautela anche
qualora venga a scopo di donazione”. Erano anni che non mi capitava di
leggere così tante informazioni su una singola pagina di una singola
associazione, e infatti, se si legge oltre, c’è scritto: “Riteniamo
che il neonato si è titolare dei diritti fondamentali come ogni altra
persona umana. Il neonato diritto alla salute, l’integrità fisica, la
dignità. Dopo la nascita, il neonato ha un legame biologico
fondamentale con la madre che fornisce nutrimento fisico e psichico,
indispensabile per raggiungere un elevato livello di salute. Noi
affermiamo che esiste un ulteriore diritto che appartiene al neonato –
vedere riconosciute tutelata l’unità madre-bambino. Compromettere o non
sostenere tale unità significa privare un neonato di un patrimonio di
salute benessere che gli spetta di diritto”. Chi come me vive pensando
che la prima persona che ha diritti e possiede i più importanti, ovvero
il bambino, quando legge queste parole non può far altro che
commuoversi.
Tuttavia…
Sempre viaggiando sul web, apprendo che a Strasburgo, il 19 ottobre scorso, c’è stato un convegno Internazionale sui Diritti Umani nella Nascita. Presenti numerosissime associazioni che si occupano della prevenzione della violenza ostetrica. Dalla Human rights in childbirth,sino alla El parto es nuestro, sia all’Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia.
Compulsando con attenzione il programma del convegno, debbo ammettere
che gli argomenti trattati debbono essere stati realmente interessanti.
Tuttavia…
Sempre
su facebook leggo da un gruppo che si occupa di
violenza ostetrica e che riporta la seguente frase di Michel Odent, uno dei sacri
padri dell’assistenza dolce nel mondo: “ …per cambiare il mondo bisogna
cambiare il modo di venire al mondo”. La firma e del collegio delle
ostetriche di Cosenza, di Reggio Calabria, dell’associazione
Acquamarina, dell’Associazione Human rights in childbirth, dell’associazione Ovo (acronimo di ‘osservatorio sulla violenza ostetrica’), dell’associazione Innecesareo e l’hashtag è #bastatacere.
Apprendo anche che l’associazione El parto es nuestro ha un report completo della violenza ostetrica in Spagna,
che è stato diffuso un documentario sulla violenza ostetrica in
Slovacchia il cui titolo è “Before I met you”, così come è stato fatto
in Argentina con il documentario “Parir”.
Sempre sul web leggo che il Giudice del lavoro del Tribunale ordinario
di Busto Arsizio, ha accolto le richieste di un avvocato in merito a un ricorso contro la compagnia EasyJet nell’interesse
di una signora assistente di volo. A costei il Giudice ha riconosciuto
il “Diritto della madre ad allattare il proprio bambino per un tempo
demandabile solo una libera scelta della stessa, poiché rispondente un
diritto universalmente riconosciuto: il diritto alla salute di
entrambi”. Sentenza condivisibile e impugnabile da tutte le neomadri che
vedono potenzialmente violato il proprio diritto ad allattare e il
diritto del proprio bambino ad essere allattato.
Tuttavia…
Scorrendo anche gli articoli presenti sulla pagina Human rights in childbirth,
si leggono numerose osservazioni sulla violenza ostetrica
internazionale: un articolo che parla delle morti per parto collegate al
razzismo, uno che parla di giustizia durante la nascita e che
addirittura riporta la frase: “Dobbiamo essere disposti a vedere il
parto attraverso la lente dei diritti umani”… Insomma in tutto il mondo
nei confronti della violenza ostetrica c’è grande fermento.
Tuttavia…
In Italia?
L’Italia
ovviamente non rimane indietro e so che è stata presentata una proposta
di legge il cui titolo estremamente eloquente dice: “Norme
per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto
fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato”. Se andiamo a scorrere sia l’introduzione, sia brevemente gli articoli di questa proposta di legge, apprendiamo che:
“La
tutela della famiglia deve costituire una priorità nella consapevolezza
del ruolo fondamentale che la stessa riveste quale nucleo primario
fondante della società civile. Nella famiglia di eventi della maternità
della procreazione e quindi, l’esperienza della gravidanza del parto,
assumono un ruolo determinante, unitamente alla attento monitoraggio
delle metodiche di parte attualmente in essere in Italia. […] Il
benessere psicofisico della madre, il soddisfacimento dei suoi desideri,
non possono dunque essere ricercate disgiuntamente dal conseguimento
della massiva salvava salvaguardia dell’integrità fisica della gravità e
del neonato. […] Oggi umanizzare deve voler dire offrire attitudini
nel controllare eventi naturali per mezzo di una nuova cultura del
partorire del nascere che raccolga ed elabori conoscenze scientifiche,
coniugandole con comportamenti assistenziali rispettosi degli stati
emotivi e mirati al mantenimento del massimo benessere della partoriente
e del nascituro. […] tutti i sondaggi e le indagini statistiche
effettuati nell’ambito del part concordano nell’indicare una sorta di
insicurezza e di malessere nella gestante, la quale vorrebbe coniugare
sempre sicurezza, umanità e serenità in quel momento magico è
rappresentato dalla maternità e dalla nascita. […]”
Se
si scorrono gli articoli si possono leggere termini frasi come “1. La
presente legge persegue le seguenti finalità: a) promuovere
un’appropriata assistenza alla nascita; b) perseguire la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell’esperienza della genitorialità; c) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato, individuando i livelli dell’assistenza ospedaliera che ad essi devono essere garantiti; d) favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l’appropriatezza degli interventi.
1. Il presente capo ha le seguenti finalità: a) soddisfare
i bisogni di benessere fisico e psichico materno-infantile durante la
gravidanza, il parto, il puerperio, l’allattamento e il periodo
neonatale; […] f) assicurare al neonato, durante la degenza, l’instaurarsi
di un corretto rapporto relazionale e la continuità del rapporto
psico-affettivo con la madre, attraverso modelli organizzativi che
consentano la maggiore vicinanza del neonato alla madre, con particolare
riferimento alla promozione e al sostegno dell’allattamento al seno, e
la presenza del padre nonché fornire ai genitori l’informazione
necessaria sullo stato di salute del neonato e sui modi per garantirla.
Tuttavia…
Tuttavia
sono abbastanza sconvolta dal fatto che una donna, chissà da che parte
del mondo, è stata sforzata (Mancanza di soldi? Mancanza di
informazioni? Mancanza di aiuto?) da cure ormonali mostruose (chi si è
sottoposta a inseminazione artificiale lo sa bene) a produrre ovociti da
prelevare per essere fecondati da sperma frutto di masturbazione – tra
l’altro da parte di una persona che non ha interesse a fecondare una
donna con un atto d’amore, ma solo tramite un atto di mercato – per
poter dar vita (sì si tratta di una vita) a una serie di embrioni dei
quali uno o poco di più, viene fatto annidare da una donna che lo
nutrirà di ormoni, neuro-ormoni (che trasmettono emozioni), nutrienti e
anaboliti, sino al momento in cui, tramite taglio cesareo (che è un
rischio per donna e per neonato: capito amiche di OVO e di Human Rights in Childbirth?), le verrà strappato (recidendo subito il cordone ombelicale: capito amici del comitato CoRDiN?) per essere dato a qualcun altro.
Il nocciolo della questione è che centinaia di migliaia di donne nel mondo, oltre che essere abusate sessualmente; oltre che essere sottoposte a traumi mostruosi durante la nascita dei loro figli;
oltre che essere sottoposte a torture genitali; vengono sottoposte a
prelievo di ovociti (che mantengono ben il 50% del DNA e quindi del
patrimonio genetico di quella donna!) – e che nessuno mi parli di
donazione perché non è un regalo, donare se stesse – e sono costrette a
farsi strappare i loro bambini dal grembo. E magari debbono dare il loro
bambino (si è nutrito di loro, è loro) mentre dalle loro mammelle
sgorga del latte fatto apposta per quel bambino, per darlo anche a persone
estranee che, magari, non forniranno a quel bambino, una crescita sana
poiché mancherà uno o l’altro sesso.
Ora
io vorrei rivolgermi a tutte le donne che fanno parte di tutte le
associazioni che operano nel campo della violenza ostetrica: è dato
di sapere il motivo per il quale quelle donne (quelle costrette a farsi
aspirare gli ovociti e quelle ai quali vengono strappati i neonati) che
subiscono tutte le mancanze la cui eliminazione sono nelle finalità
della proposta di legge sulla violenza ostetrica sovracitata, non
vengono neppure citate?
Ed è dato di sapere tutti i professionisti coinvolti nel convegno sui “Protezione dei diritti della Partoriente e del nascituro”
non hanno citato l’abominio dell’utero in affitto come una violazione
la pratica dell’utero in affitto? Ci sono madri di serie A e madri di
serie B? O per voi le donne che sono costrette a vendere i loro gameti
ed affittare il loro utero lo fanno perché non sanno come impiegare il
loro tempo?
Cara
Federazione delle Ostetriche: l’utero in affitto è violenza ostetrica e
il fatto che in Italia venga accettata (indirettamente, per cui in modo
infingardo) una tale pratica (accettare che due uomini o due donne
abbiano riconosciuta patria potestà nei confronti di uno o più bambini
che sono stati messi al mondo così, è un silenzo-assenso) anche da parte di chi si smuove per l’allattamento (due donne che non hanno partorito difficilmente allattano, figuriamoci due uomini) è aberrante.
Mi
aspetto fiumi di parole da tutte le associazioni che si occupano di
violenza ostetrica, mi aspetto una presa di posizione da parte di coloro
smuovono mari e monti per spiegare alle donne che in Italia si fanno troppi cesarei
(avete visto come nascono i bambini cresciuti con l’utero in affitto?) e
da parte di chi persevera sul rispetto da parte della comunità medica.
Mi aspetto che TUTTE le donne siano difese dalla VIOLENZA OSTETRICA. TUTTE.
Troppo ovvio?
PS:
per chi fosse preoccupato: il piccolo Francesco sta bene, ha appena
compiuto 4 anni e ciuccia ancora il latte della sua mamma. No: non è un
vizio.
Dal sito lacortedeiliberi.it
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